Diretto da Alexandre Berman e Olivier Pollet, Ophir è un documentario che racconta la situazione contemporanea di Bougainville, regione della Papua Nuova Guinea che comprende l’Isola di Bougainville e alcune altre più piccole, alla luce degli eventi del passato e la lotta dei nativi del luogo per ottenere l’agognata indipendenza.
Ophir è stato presentato lo scorso 6 ottobre nell’ambito della quindicesima edizione del Terra di Tutti Film Festival (quest’anno dal 4 al 10 ottobre, sia online che dal vivo), rassegna di cinema sociale nata nel 2007 a Bologna durante la quale vengono proiettati documentari (e qualche opera di finzione) incentrati su questioni come la disparità di genere, l’emergenza ambientale, l’immigrazione e la lotta per i diritti umani.
Il TTFF è promosso da COSPE, associazione che da circa quarant’anni si occupa di pace e giustizia tra i popoli, diritti umani e sviluppo equo e sostenibile, e WeWorld, organizzazione italiana che si batte per i diritti di donne e bambini in 27 Paesi del mondo. La direzione è di Jonathan Ferramola, giornalista, autore radiofonico, producer e copywriter bolognese. Alle proiezioni si affiancano anche dibattiti, performance, seminari e mostre fotografiche.
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L’oppressione secolare dei nativi di Bougainville
Esplorata per la prima volta dagli europei all’inizio del Seicento, la regione di Bougainville è stata occupata a partire dalla fine dell’Ottocento prima dalla Germania, poi dall’Australia, successivamente dal Giappone e dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale e infine nuovamente dall’Australia. Nel 1949 è stata incorporata nel Territorio della Papua e della Nuova Guinea, allora sempre sotto il controllo dell’Australia e indipendente dal 1975, anno da cui ha preso il nome di Papua Nuova Guinea.
Nel 1968, la Rio Tinto (allora Conzinc Riotinto of Australia, CRA), che possiede la compagnia mineraria Bougainville Copper Limited (BCL), ha inviato l’antropologo americano Douglas Oliver a Bougainville con l’obiettivo di osservare l’ambiente e la popolazione e suggerire quali politiche adottare in quel territorio. Ne è seguito un rapporto segreto illuminante e profetico di cui vengono citati diversi estratti nel corso di Ophir.
Nel 1969, la BCL ha aperto la miniera di Panguna per poter sfruttare le risorse minerarie di Bougainville (principalmente oro e rame). Le proteste non hanno tardato ad arrivare e si è giunti a un conflitto acceso, temporaneamente sedato dalla Papua Nuova Guinea. Non era però di certo la fine del risentimento degli isolani: nel 1989, a seguito del rifiuto persistente della BCL di negoziare, Francis Ona ha guidato una violenta rivoluzione per l’indipendenza della regione.
La miniera di Panguna è stata chiusa e le truppe della PNG ritirate, ma è stato imposto su Bougainville un blocco navale di quasi dieci anni, che impediva persino l’accesso ai medicinali. Si trattava di una vera e propria guerra psicologica, illegale e letale, di cui è responsabile anche l’Australia poiché, sebbene non controlli più la Papua Nuova Guinea, è comunque la sua principale donatrice.
Nel 2001 si è giunti a un accordo di pace che prevedeva il disarmo, un governo autonomo e un referendum per l’indipendenza dell’isola a seguito di un periodo di autonomia. Nel 2005 Joseph Kabui è diventato il primo presidente di Bougainville. Dal 2010 il titolo è di John Momis.
In Ophir l’immotivato dolore del colonialismo
Terra promessa, isola del tesoro del re Salomone, Bougainville è abitata da individui fortemente religiosi, molto legati alla natura e poco ai beni materiali, che credono nell’empatia e non nella punizione — culturalmente vige l’accettazione verso chi commette degli errori e non sono approvate le prigioni, nonostante il governo ne stia aprendo sempre di più.
Questo clima armonico è stato inquinato nel corso dei secoli, prima dal colonialismo europeo e poi da quello australiano. Come ha scritto Oliver, l’invasione della regione ha avuto e ha ancora conseguenze gravissime sugli isolani: la mancanza di rispetto subita e il paternalismo dell’uomo bianco sono stati tali che gli stessi nativi hanno iniziato a trasformare la percezione di se stessi.
Influenzati dall’“uomo nuovo colonizzatore”, hanno iniziato a prenderlo a modello, mentre quello distruggeva l’ambiente, distribuiva in maniera non equa la ricchezza e praticava violenza sessuale sulle donne del posto.
Con un approccio poetico ma decisamente non edulcorato, in Ophir viene mostrato il fervore politico che permea ogni incontro, rito e commemorazione della regione di Bougainville. Spesso troviamo un sola persona in primo piano, microfono tra le mani, che intona un canto, recita una poesia o racconta una storia. Pesanti come macigni, le sue parole scuotono l’animo dello spettatore, mettendolo di fronte alla cruda realtà di una popolazione privata di tutto: della propria libertà, della propria terra, della propria cultura e quindi della propria identità, ma anche dei propri cari, morti nella guerra per l’indipendenza.
Nella sequenza d’apertura di Ophir un uomo afferma che le armi sono un mezzo per negoziare la libertà. La rivolta si rivela necessaria quando non si viene ascoltati ma calpestati; è un modo di rivendicare la sovranità di riconoscersi nel proprio territorio. Quello della colonizzazione è giustamente definito un dolore immotivato, tanto risparmiabile quanto lacerante.
L’importanza della resistenza “insolubile”
Nel dicembre del 2019 si è votato al referendum consultivo per l’indipendenza di Bougainville e il sì ha vinto con uno schiacciante 98%. Nonostante la durissima e incessante oppressione subita, gli abitanti non si sono arresi e reclamano ancora a gran voce l’indipendenza.
Ophir valorizza appieno lo spirito rivoluzionario dei nativi. Sovvertendo gli stereotipi razzisti e dando loro spazio per esprimersi, Ophir offre un importantissimo cambio di prospettiva e riconferma l’orrore del colonialismo servendosi di vecchi filmati di interviste, video aziendali, gli stessi documenti di Oliver (che prendono una piega molto più fredda, calcolatrice e capitalista dopo un primo momento critico) e le dichiarazioni di Momis.
Ora a Bougainville non resta che aspettare, senza mai perdere la speranza di un futuro migliore e la voglia di lottare. Del resto, Oliver aveva predetto la resistenza duratura degli abitanti ma, dato che era secondo lui un problema insolubile, non era degno di essere affrontato. In fondo, forse, su qualcosa si era sbagliato.
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