Molte pellicole necessitano di una fase preparatoria: quella di noi semplici spettatori ad Oppenheimer ha avuto inizio quando del progetto esistevano solo voci, e che il film sia arrivato in Italia con un mese di ritardo rispetto al resto del mondo non ha certo aiutato a placare la nostra ansia. Male, considerato che la pellicola già da sola ha promesso di renderci inquieti fin dal rilascio del teaser trailer. Continuando ad alzare il tiro, infatti, rispetto a Dunkirk, Oppenheimer maneggia un fatto di importanza monumentale a cui non ci si può approcciare navigando nell’ignoranza, una realtà talmente assurda che non ci si crede, addirittura innominabile per alcuni animi delicati.
Christopher Nolan questa oscura realtà ha promesso di farcela toccare con un dito, e tutti sappiamo che si tratta di un uomo di parola. Ecco quindi alcuni consigli cinefili utili a fare un refresh di storia e contemporaneamente riscaldare la propria psiche, escludendo grandi classici come Il Dottor Stranamore in favore di un focus sulla finestra temporale che ci riguarda. Ciò nella speranza di arrivare in sala capaci di contestualizzare al meglio e pronti ad immergerci in una delle esperienze cinematografiche definita tra le più devastanti (e inebrianti insieme) degli ultimi anni.
La visione d’insieme: L’Ombra di Mille Soli (1989)
Diretto da Roland Joffè (regista di Mission) questo resoconto storico del progetto Manhattan ne riassume le mille sfaccettature spaziando dalla scienza alla politica e alla morale, volutamente decentrando e mescolando i diversi settori. Un cast stellare capitanato da Dwight Schultz (Reginald Barcley di Star Trek: The Next Generation) come Oppenheimer affiancato dai giovani John Cusack e Laura Dern è un punto a favore; ma il sole più brillante della pellicola, tra i mille del titolo, è un Paul Newman in forma nei panni di Leslie R. Groves, responsabile militare del progetto e suo zelatore.
Il mondo è diverso. Non è solo quello che credevamo che fosse… non è solo quello.
Robert Oppenheimer, L’Ombra di Mille Soli
Non è impeccabile né mozzafiato, né di quelli che vale la pena guardare più volte; di contro, questo film è un valevole sostituto della classica lezione frontale per liceali, abile nel raccontare un fatto storico osservandolo da molteplici angolazioni e tutte che varrebbe la pena esplorare a fondo. E proprio in virtù di questo suo essere approssimativo, L’Ombra di Mille Soli è il film ideale per acquisire una conoscenza basilare e di alto livello, una sintesi in frame del concetto di guerra e dei meccanismi che la governano sottobanco; tappa imprescindibile, in poche parole, se si vuole evitare di affaticare gli occhi leggendo da Wikipedia o guardando documentari.
Scavare tra le macerie: Hiroshima, Mon Amour (1952)
Nasce da una produzione franco-giapponese e dalla sceneggiatura di Marguerite Duras, candidata all’Oscar, questa grigia storia di un lui, una lei (Eiji Okada e Emmanuelle Riva) e della loro passione consumata nella Hiroshima post bomba atomica: una città polverizzata e popolata da spettri, satura di un dolore collettivo che fa da cassa di risonanza a quello già vivo e ardente nei due amanti.
Non avremo più nient’altro da fare, più niente, che piangere il giorno che muore. Passerà del tempo, tempo solamente, e poi un giorno non oseremo più nominare ciò che ci unisce. Il nome si cancellerà poco a poco nella nostra memoria, poi sparirà del tutto.
Lei, Hiroshima, Mon Amour
Si può amare in un contesto svuotato di storia e calore, appesantito da un passato di cui è impossibile liberarsi? La vicenda protagonista di questo film, così breve e opprimente, risponde alla domanda con un fermo diniego: l’amore in questione è carico di un’impossibilità che lo rende speciale ma di dramma e di morte in egual misura, e destinato all’annientamento come la città che l’ha visto sbocciare. Per la sua penetrante malinconia, Hiroshima, Mon Amour è la scelta perfetta di chi desidera scavare nel dolore dei sopravvissuti, partendo dalla semplice storia di un lui e una lei fino a toccare il tormento di un’intera comunità.
Un’esperienza diretta: Le Campane di Nagasaki (1950)
Si tratta della biografia di Takashi Paolo Nagai (Masao Wakahara), radiologo giapponese convertitosi al cattolicesimo e sopravvissuto al bombardamento di Nagasaki: un uomo dalla moralità esemplare che prima, durante e dopo la guerra (a suo rischio e pericolo) visse ponendo al servizio del prossimo tutto se stesso e la sua professione tanto da guadagnarsi l’appellativo di Santo di Urakami.
Gli uomini sono in balia del destino e periscono, non sappiamo quello che succederà a noi domani. La vita non conta. Possibile che non esista altro che disperazione?
Takashi Paolo Nagai, Le Campane di Nagasaki
Non poteva certo mancare in questa watchlist uno spezzone di esperienza diretta, a ricordarci come ogni popolo non sia altro che un agglomerato di storie, piccole e grandi, tutte caratterizzate da un inizio e uno svolgimento ma molte accomunate da un’indegna tragica fine, o se non altro da un tragico prosieguo e un futuro oscuro. Un’altra pellicola non troppo onerosa e nemmeno emotivamente troppo carica, ma che facilita il processo di associazione di un numero a un volto, e di riflesso a una delle identità tra le innumerevoli che l’atomica ha spento, rubato, o ridotto all’inconsistenza.
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