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Oppenheimer, con il padre dell’atomica Nolan torna nell’Olimpo

8 minuti di lettura

Arriva in sala il 23 agosto, attesissimo, l’ultimo film di Christopher Nolan. Con il ritratto di Robert Oppenheimer, padre della bomba atomica, il regista torna alla gloria degli esordi. E la supera. 

L’Oppenheimer Day è dunque finalmente qui. L’ultimo film di Christopher Nolan (Interstellar, Inception) viaggia in acque internazionali dal 21 luglio ma vede la luce nelle sale italiane a partire da oggi, 23 agosto, distribuito da Universal Pictures. Una congiuntura sfavorevole – la scelta di posticiparne l’uscita – che ha impedito alla folla italiana di segnare una spunta sotto la voce “eventi imperdibili del ventunesimo secolo”: negli Usa, infatti, la data di rilascio ha coinciso con quella di Barbie di Greta Gerwig, una sincronia che ha dato il via libera al fenomeno collettivo del Barbienheimer tra t-shirt stampate, poster invertiti e hashtag bollenti.

La pellicola, basata sulla biografia di Kai Bird e Martin J. Sherwin “Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato (American Prometheus)” e girata in IMAX, ha richiesto al regista oltre due anni di lavoro, sempre affiancato dalla moglie Emma Thomas, co-produttrice dei suoi film.

La sceneggiatura di Nolan è sì verbosa, ma sostanziale, millimetrica. Nasconde, trattiene e rilascia al momento giusto tutto il magma che dal primo frame si estende e si scioglie nell’epilogo. Oppenheimer funzionerebbe anche senza dialoghi: con i suoi 180 minuti si alimenta e cresce nei suoni, nelle immagini e nella sonorità che sprigionano le stesse immagini parlanti. Si rimane senza fiato di fronte ai primi piani assordanti che alternano sontuosi il colore al bianco e nero. Sono sequenze privilegiate, magnetiche, magniloquenti che restituiscono una voce particolareggiata ai volti enigmatici di ciascun personaggio. Merito, senza dubbio, della soundtrack di Ludwig Göransson, già compositore per Tenet (2020), che accompagna con misura ascesa e declino emotivo del padre dell’atomica e del cast stellare coinvolto nel progetto: Cillian Murphy è J. Robert Oppenheimer, affiancato da Emily Blunt (sua moglie Kitty), Florence Pugh (l’amante Jean Tatlock), Matt Damon (il generale Leslie Groves), Robert Downey Jr. (Lewis Strauss) e Gary Oldman nei panni del Presidente Harry S. Truman.

Oppenheimer, la scienza è un discorso politico

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Il fisico statunitense J. Robert Oppenheimer (Cillian Murphy) dirige il laboratorio di Los Alamos durante il Progetto Manhattan, denominazione in codice per un progetto di ricerca e sviluppo militare durante la Seconda Guerra Mondiale. Finanziato dagli Stati Uniti con il sostegno di Regno Unito e Canada, il progetto gode inizialmente di risorse limitate ma quando la direzione scientifica viene affidata al fisico e il coordinamento al generale Leslie Groves (Matt Damon) il laboratorio diventa la culla della prima bomba atomica.

Il 16 luglio 1945, poco prima dell’alba, nel deserto del Nuovo Messico la bomba esplose generando un’onda d’urto percepita a centinaia di chilometri. La nube a forma di fungo raggiunse un’altezza di 12 km. Il successo del test portò, un mese dopo, allo sgancio delle atomiche su Hiroshima e Nagasaki che segnò di fatto la resa del Giappone e l’epilogo della Seconda Guerra Mondiale.

Oppenheimer non è un biopic classico: è un saggio estetico e semantico che ripercorre le turbolenze etiche e sentimentali di un uomo consapevole della sua intuizione e delle sue conseguenze. La scelta di destinare il bianco e nero a particolari sequenze riflette la volontà del regista di giocare con i piani temporali con una chiarezza, stavolta, ostinata: il percorso della memoria di un uomo, imputato e testimone del suo stesso processo, tormentato dalla portata della sua arma di distruzione di massa. “L’uso della CGI avrebbe trasmesso un eccessivo senso di sicurezza” – ha raccontato Christopher Nolan nell’intervista a National Geographic“Nel film il Trinity test doveva apparire terrificante, ed essere testimonianza di ciò che Oppenheimer aveva dato al mondo. Doveva apparire letale. Doveva essere bello e suscitare meraviglia ma al tempo stesso spavento”.

Il tempo di Oppenheimer non è più intorno, ma dentro

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C’è una differenza abissale tra il conoscere e il sentire.

È come un rintocco, sordissimo all’inizio, che cresce e finisce per violentare anche il pensiero più umano, più fragile. Un’ossessione, una scelta, un virus che divora e scava dall’interno nelle visioni di un uomo che dopo il bagliore accecante sente il rumore: sono piedi che battono a terra, le rotaie di un treno di collegamento, la polvere negli occhi di una città creata per distruggere, le unghie che affondano nella carne, la cenere e gli scheletri.

Oppenheimer di Christopher Nolan è assordante, c’è misura in ogni silenzio dilatato che concede di respirare un attimo prima che finisca il mondo. Così, come sintesi dei sensi, di visione e suono, l’esplosione è solo l’immagine prima e primordiale: è il fuoco di J. Robert Oppenheimer e di Prometeo, prima di lui e come lui. La nube rossa è solo l’attimo prima, non ha ontologia. È tutto nel rumore che cresce e batte, costantemente.

Oppenheimer fa paura, è terrificante. È inquieto, morboso. Il tempo di Nolan, questa volta, è trasparente: abbiamo tutto sotto gli occhi, sin dall’inizio. Ogni personaggio, ogni parola hanno un peso preciso, una densità. Ogni secondo è un indizio che batte in direzione della verità, allo scadere del tempo. Quando non c’è più tempo per tornare indietro. 

Nolan cede, come per osmosi, le crepe del tempo scomposto, rimestato, mescolato della poetica precedente al primo uomo; scompone il cervello di un genio, separa e unisce le traiettorie delle sue visioni, le riscrive con un tempo e un ritmo diversi: a spezzarsi è Robert J. Oppenheimer, la sua memoria, i dettagli del tempo che ha vissuto prima di creare un buio prima inesistente.  

È una storia che conoscevamo ma che non avevamo mai sentito. E questo è il miracolo, è questa l’esplosione.


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25, Roma | Scrittrice, giornalista, cinefila. Social media manager per Cinesociety.it dal 2019, da settembre 2020 collaboro con Cinematographe per la stesura di articoli, recensioni, editoriali, interviste e junket internazionali.
Dottoressa Magistrale in Giornalismo, caposervizio nella sezione Revisioni per NPC Magazine, il mio anno ruota attorno a due eventi: la notte degli Oscar e il Festival di Venezia.

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