“Origin è stato un viaggio stupendo e complicato che ha cambiato il mio modo di pensare al lavoro e alla vita” ha detto Ava DuVernay, regista di Origin, film in concorso nell’80ma edizione della Mostra di Venezia.
Raccontare la vita privata e l’opera del Premio Pulitzer Isabel Wilkerson è stato un regalo indescrivibile per la regista, che ha trovato in Aunjanue Ellis-Taylor un’attrice talentuosa e appassionata, capace di rendere giustizia a un personaggio che riesce a trasformare il trauma in un trionfo.
Aunjanue Ellis-Taylor interpreta Isabel Wilkerson
Isabel Wilkerson (Aunjanue Ellis-Taylor), prima donna afroamericana a vincere il Premio Pulitzer per il giornalismo, si dedica a un’intensa ricerca per affrontare la perdita della madre e del marito. Un viaggio che la porterà alla stesura del suo saggio Caste: The Origin of Our Discontent. Proprio il taglio innovativo dell’opera della Wilkerson ha spinto la regista a volerne ricavare il film Origin, mossa anche dal suggerimento di diversi amici e colleghi.
Nel suo saggio, la giornalista riflette sul tema del razzismo, contrapponendo a questa verità, collettivamente condivisa, un termine diverso e più coerente, quello della casta: un’unità fissa, insindacabile, riproposta come schema di controllo gerarchico. La storia della sua vita si lega inscindibilmente al viaggio di scoperta attraverso cui la protagonista viene a conoscenza di storie che il mondo merita di conoscere.
Origin: l’oppressione non è una questione di razzismo
“Talvolta la bellezza non sta nell’aspetto esteriore. Talvolta la bellezza è una verità rivelata, una lezione appresa”, ha dichiarato la regista nel presentare Origin. Sono servite più di due settimane per leggere integralmente l’opera della Wilkerson: la DuVernay voleva essere sicura che le persone conoscessero ciò che Isabel aveva studiato e condiviso. “Non è stato facile adattare un libro che connette secoli di ingiustizie, dalla schiavitù americana alle Leggi Jim Crow, dall’Olocausto all’oppressione dalit in India”, continua la regista.
Attraverso le pagine della Wilkerson si dispiegano temi sociologici, filosofici, storici raccontati dalla voce di una donna distrutta dal dolore eppure capace di mantenere la sua natura esploratrice attraverso il mondo. Per controllarci, le società hanno diviso l’umanità in minuscole unità fisse, le caste, gerarchie insindacabili che hanno asservito “gli inferiori” ai bisogni dei “superiori”: in America gli afroamericani, in India i dalit, in Germania gli ebrei.
La sensazione, di fronte all’imponente racconto adattato per lo schermo dalla DuVernay, è che si tratti di un documentario più che di un film, un’epopea verbosa che mira a legare (con un po’ di strategia) storia e persona, senza mai riuscirci fino in fondo.
Seguici su Instagram, Tik Tok, Twitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!