Nel catalogo di Netflix c’è un film che non avete notato. Si intitola Orion e il Buio (in originale: Orion and the Dark) ed è un film d’animazione per bambini tratto dall’omonimo libro illustrato di Emma Yarlett. Una pellicola passata in sordina, che spunta timidamente nella top 10 di Netflix a pochi giorni dal suo debutto. Strano, perché la scenaggiatura l’ha scritta Charlie Kaufman, che torna all’animazione a 10 anni di distanza dallo struggente quanto straniante Anomalisa. Non di meno, la voce narrante è Werner Herzog.
Orion e il Buio segna il debutto al lungometraggio di Sean Charmatz, già autore di cortometraggi e scenografo per noti film d’animazione (Dragon Trainer 3, per citarne uno).
Orion, un bambino Kaufmaniano
Orion, il cui nome ricorda non per caso una costellazione, è un bambino di 11 anni che vorrebbe una vita normale e allegra ma è frenato in continuazione dalle sue paure. Kaufman trova pane per i suoi denti e trasforma Orion nella reincarnazione bambina di Caden Cotard (il personaggio di Philip Seymour Hoffman in Synecdoche, New York). Non sei un personaggio di Kaufman se non hai una patologia più o meno riconosciuta: se Cotard era un ipocondriaco e Michel Stone (Anomalisa) uno schizofrenico affetto dalla malattia di Fregoli, Orion è un panofobico fatto e finito.
Nonostante sia poco più che un bambino, l’ansia lo logora e lo inibisce: sbaglierà la risposta da dare alla maestra (meglio tacere), allagherà la scuola tirando l’acqua in bagno (dita incrociate e cuore in gola: speriamo che non succeda), morirà in un incidente stradale sul bus che porta al planetario (di andare in gita là non se ne parla proprio). Al netto dell’intera storia, Orion è un ottimo personaggio per affrontare il tema dell’importanza di offrire sostegno psicologico anche ai più piccoli.
Una fobia ancestrale: la paura del Buio
Mentre Orion è una costellazione tra le più luminose, Buio (doppiato in italiano da Edoardo Stoppacciaro) è, senza troppi giri di parole, semplicemente il buio, suo esatto opposto. Viaggia nella notte per portare l’oscurità sulla Terra, accompagnato da una bizzarra combriccola di amici: Sonno, Dolci Sogni, Quiete, Insonnia, Rumori Misteriosi, cinque creature che ricalcano, nell’aspetto, il modello delle emozioni personificate in Inside Out o degli elementi naturali resi umani in Elemental. Buio è una sorta di James Sullivan (Monsters & Co.), un gigante buono relegato al ruolo di mostro. Vive un complesso d’inferiorità nei confronti di Luce, più amato perché brillante, caldo e portatore del giorno e della vita.
Nonostante le insicurezze, Buio si impone di vivere con gioia la sua esistenza e vuole davvero essere apprezzato, tanto da decidere di portare con sé Orion, per farlo innamorare della bellezza della notte e dell’oscurità, per provargli che la sua paura è irrazionale e può essere superata con la conoscenza (dopotutto, si teme sempre l’ignoto).
Orion e il Buio, una metanarrazione onirica
La scrittura di Orion e il Buio è stratificata e risulta insolita agli occhi di chi non è abituato alla penna di Kaufman, qui giustamente affievolita dalla natura e dal target del film, che non si può permettere di scaturire nel cervellotico come accade in Sto pensando di finirla qui o nell’estremo surrealismo che ha reso iconico Essere John Malkovich. Qui il presente si somma al piano fantastico della narrazione, alterandolo e arricchendolo. La trama si fa interessante quando lo spettatore capisce che dietro alla voce narrante c’è un padre (Orion adulto) che si inventa sul momento una favola per la figlia, anche lei terrorizzata dal buio.
Così Orion e il Buio inizia ad articolarsi in una matrioska di storie della buonanotte che collegano tre generazioni, ognuna delle quali aggiunge un tassello alla narrazione che ascolta. I bambini che ascoltano l’avventura di Orion e il Buio liberano la fantasia e danno sfogo alla creatività: stravolgono la storia mettendoci del loro, si inseriscono addirittura come personaggi attivi nel racconto.
L’incredibile viaggio di Orion e il Buio cammina sul confine tra sogno e realtà, avvolto in un manto onirico caratteristico delle atmosfere preferite di Charlie Kaufman. Forse un’animazione più originale dell’ultimamente abusato 3D sarebbe stata ancora più convincente e meglio si sarebbe sposata con la linea narrativa e con le tonalità spesso crepuscolari del film.
In questo mondo fantastico, i personaggi, però, sono sempre verissimi; sfatiamo il mito che un bambino come Orion non possa essere crudele se spinto da un obiettivo (e mosso dalla paura): pur di restare ancorato alla propria paura e vivere unicamente nella luce, il protagonista volta le spalle al nuovo amico Buio, parlando alla sua fedele compagnia di quanto sia migliore il giorno rispetto alla notte. La categoria dei bambini, protetta dall’aura angelica che le si vuole forzatamente cucire addosso, fa uno scatto insolito e tutto Kaufmaniano.
Orion e il Buio, vederlo sì o no?
Orion e il Buio riesce nell’intento di raccontare la sua storia, senza la pretesa di essere un capolavoro dell’animazione o un trattato di psicanalisi per bambini. Lo stile d’animazione resta di alto livello ma sa di già visto e non impatta quanto la sceneggiatura, che è sicuramente il punto forte del film.
Imperdibile la visione se avete un figlio o una figlia che non può dormire senza la luce accesa e la porta aperta! Ma, come spesso accade per i film destinati a un pubblico di bambini, Orion e il Buio parla agli adulti della contemporaneità, all’uomo del nostro tempo, terrorizzato, ansioso, instabile. Dice che le paure, dell’infanzia o meno, restano con noi per sempre, ma che impariamo pian piano a tenerle a bada. Basta avere il supporto di qualcuno che che ti ricordi quanto i tuoi angoscianti timori siano irrazionali. E che l’esistenza di ogni essere vivente prevede l’alternarsi del giorno con la notte, complementari e necessari, perché senza il buio apprezzeremmo meno la luce.
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