Presentato a Cannes 2021 è ora disponibile nelle sale italiane Parigi 13 Arr. ultimo film di Jacques Audiard, che è un adattamento di tre storie tratte dalla graphic novel Killing and Dying (in Italia distribuita come Morire in piedi) di Adrian Tomine, fumettista americano noto per le sue illustrazioni per il New Yorker.
Parigi 13 Arr., un ritratto sfuggente della contemporaneità
Il film non è altro che uno spaccato di vita di tre neo trentenni alla prese con le relazioni, l’amore, il sesso, il lavoro. Tutti sono alla ricerca di qualcosa, nel frattempo la vita scorre e le cose accadono. Parigi 13 Arr. ha l’apparenza di un film indipendente, il bianco e nero, la durata non eccessiva, la presenza di attori non famosissimi, la fotografia ricercata, la sceneggiatura che esiste ma non sembra primaria.
È un modello che ricorre spesso nel cinema contemporaneo recuperato dalla tradizione quasi sempre per tracciare ritratti sfuggenti della contemporaneità osservando le vite di giovani quasi adulti alle prese con le difficoltà quotidiane, le relazioni affettive, i problemi lavorativi.
Parigi 13 Arr. inizia al suono di una musica elettronica mostrando immagini in bianco e nero dell’architettura del quartiere Olympiades, luogo in cui è ambientato il film. Ritorneranno spesso queste immagini architettoniche, un’eco di quel modo di fare fotografia che inquadra qualcosa di tangibile, pesante, immobile come un edificio in una maniera metafisica, leggera, astratta quasi. È una maniera di osservare la periferia in modo da astrarsi da essa, un trattamento che continuerà a vario modo anche nel resto del film.
La storia si svolge nel 13 arrondissement ma potrebbe svolgersi in qualsiasi altra periferia di qualsiasi altra città. Il modo di trattare queste architetture snatura le stesse, opera un processo di astrazione tale che pur essendo estremamente riconoscibili e caratteristiche perdano questa riconoscibilità per diventare quasi anonime.
È interessante questo lavoro svolto sull’architettura perché ci permette di interpretare meglio e comprendere quello svolto sui personaggi. I protagonisti della storia sono tre, ma attraverso di loro Audiard, insieme a Céline Sciamma e a Léa Mysius che collaborano alla sceneggiatura, in realtà ci racconta la storia di molti altri trentenni, o quasi, non solo di Parigi ma di molti altri posti.
Émilie, Camille e Nora (Lucie Zhang, Makita Samba, Noémie Merlant) sono i protagonisti di questa storia, anzi di queste storie che si intrecciano, tre neo trentenni precari, instabili, insicuri dalle vite incerte e mutevoli. I tre sono emblema della loro generazione, di questa odierna e contemporanea generazione di trentenni che per primi vivono un mondo incerto, subendo gli sbagli della generazione precedente e l’avanzamento di quella successiva.
Audiard, Sciamma e Mysius raccontano un microcosmo sociale eterogeneo in cui ogni sorta di differenza cade, non importa l’etnia, non importa da dove vieni, che lavori fai, cosa cerchi. Ognuno dei protagonisti, così come i loro coetanei, ha introiettato il precariato che caratterizza la loro società e in diversi modi cerca di sopravvivere a esso, aspirando a un futuro migliore, a un cambiamento lavorativo, allontanandosi da una situazione tossica, o, come Émilie, affrontando la vita senza illusioni, vivendo il presente senza preoccuparsi del domani.
Émilie, di origine asiatica, laureata in scienze politiche, lavora prima in un call center e poi come cameriera, il lavoro è solo qualcosa che le permette di guadagnare quello che serve per vivere, non è un elemento appagante che completa la sua esistenza. Al contrario Camille e Nora cercano di migliorare la loro situazione lavorativa inseguendo un desiderio, ma per farlo devono cimentarsi in lavori che non gli interessano ma che gli permettono di dedicarsi a ciò che più vogliono. Tanti sono i compromessi nelle vite di questi protagonisti, come tanti sono i problemi relativi agli affetti, compagni, compagne e famiglia.
Amore, sesso e difficoltà relazionali
Sono solo accennate le relazioni famigliari di Émilie, Camille e Nora, ma questi pochi accenni bastano per capire quanto ogni situazione implichi delle problematiche, la maggior parte a causa di difficoltà relazionali e comunicative degli stessi protagonisti. La famiglia appare in Parigi 13 Arr. un nucleo affettivo che trattiene a sé, da cui i protagonisti sono sia attratti che respinti. Cercano di allontanarsi, prendere le distanze, emanciparsi, ma infine tornano sempre anche se quell’amore è difficile da spiegare, da provare.
Il sesso occupa un posto centrale nel film come nelle vite dei protagonisti, quasi un surrogato degli incontri, delle relazioni. Questi protagonisti non sanno relazionarsi se non col sesso, che è inteso di volta in volta come arma, difesa, mezzo. È arma che ferisce, ferisce Émilie che si innamora di Camille che invece se ne va, è arma che ferisce Nora derisa dai sui compagni e insultata in vari modi. È difesa a cui ricorre Camille, un modo per avere una relazione senza instaurare nessun vero legame. È un mezzo usato da ognuno di loro per cercare qualcosa. È la ricerca di un piacere, la ricerca di un’intimità, di un legame, di una qualsiasi emozione.
La ricerca, molto spesso inconsapevole, di un amore. Per questi personaggi disillusi da una vita che non è come se l’aspettavano, in cui ormai hanno accettato di faticare e forse non riuscire a praticare il lavoro dei sogni, costretti a condividere case, l’amore è ancora l’unica cosa che conta. Lo sa Émilie che si innamora subito di Camille, lo capirà Camille che lo griderà nel citofono a Émilie, lo sa Nora che lo troverà nel posto più inaspettato.
Parigi 13 Arr., è un altro cambio di rotta per Jacques Audiard che sperimenta ancora una volta un genere a lui nuovo e la presenza in sceneggiatura di Céline Sciamma e Léa Mysius si sente molto forte ed è un bene. Il film è leggero pur restituendo un quadro contemporaneo non sempre roseo, resterà forse una parentesi minore nella carriera del regista, ma come spesso accade a film di questo genere acquisterà valore nel tempo, rimanendo un’istantanea in bianco e nero di un’epoca, quella del precariato non solo lavorativo ma anche sentimentale.
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