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«Parla con lei», il melodramma vivo di Almodóvar

5 minuti di lettura

Pedro Almodóvar, nel nuovo millennio, è ormai al massimo delle sue capacità. Dopo gli esordi con le commedie dal gusto kitsch , ha raggiunto una maturità registica che si declina nel melodramma. Un percorso già avviato con il successo precedente di Tutto su mia madre, e che continua nel 2002 con questo vibrante melodramma, Parla con lei.

Il film ha risonanza planetaria, tanto da aggiudicarsi l’Oscar come Miglior sceneggiatura originale, oltre che altri svariati premi, tra cui il Golden Globe come miglior film straniero. Curioso che invece nei Premi Goya (gli Oscar spagnoli) a fronte di 7 nomination, porti a casa solo la vittoria per la miglior colonna sonora.

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«Parla con lei», trama

Parla con lei

La storia ha due canali paralleli destinati a incrociarsi. Benigno (Javier Cámara) è un giovane e sensibile infermiere che assiste Alicia (Leonor Watling), in coma da quattro anni. Marco (Dario Grandinetti), invece, si prende cura della sua sua fidanzata, la torera Lydia (Rosario Flores), ridotta a uno stato vegetativo dopo il suo tentato suicidio nell’arena. I protagonisti si troveranno nello stesso ospedale.

Gli amori non corrisposti

Parla con lei

Il centro focale del film è l’amore. Ma non quello vissuto intensamente, senza freni e in aperta armonia con il mondo. Qui si tratta di una forma tragica: l’amore non ricambiato. Da un lato, Benigno segue in maniera spasmodica la vita di Alicia, senza alcuna possibilità però di ottenere la sua attenzione. Soltanto il coma permetterà di avvicinarsi alla tanto agognata fanciulla.

Marco invece, la storia con Lydia la vive anche. E tuttavia è una relazione che nasce dalle lacrime di lei, e che tiene come sostrato l’amore che lei nutre per il suo ex, anch’egli torero. Il tentato suicidio e il coma, porteranno Marco ad allontanarsi progressivamente dalla torera.

In questi sentimenti occlusi, due solitudini che si incontrano. Nasce tra Marco e Benigno un’amicizia, tra le più struggenti che la storia del cinema ricordi. Due anime che si ritrovano e condividono la propria chiusura esistenziale. E condividono il segreto, l’amore che si fa vita, che porterà Benigno a percorrere la strada del proprio destino tragico. Con Marco che invece cercherà di onorare e proseguire la rotta della vita dell’amico.

Melodramma vivo e intenso

Parla con lei

L’opera si apre e si chiude con la rappresentazione, a teatro, della Mazorca Fogo di Pina Bausch. L’impianto teatrale del film si evidenzia con questo andamento circolare, come se il la vita vivesse solo nello spazio tra l’apertura e chiusura delle tende rosse. Anche la passione per il ballo. I protagonisti danzano, come i ballerini di Pina Bausch, sull’orlo dell’abisso.

Il melodramma passa attraverso l’amore che più si fa disperato, più diventa struggente e coinvolgente per lo spettatore. Il melodramma si fissa simbolicamente nella scena in cui, nella villa del regista si assiste alla reinterpretazione di Caetano Veloso della famosa canzone Cucurrucucú paloma. L’esito si commenta da sè.

Il regista dimostra ancora una volta di sapere scavare nelle più recondite grotte dell’animo umano. Questa volta portando sullo schermo la melanconia maschile, non declinata in un orientamento sessuale o in una certa mascolinità.

Il melodramma che ha il sapore della tragedia antica, quando il destino fatale degli eroi era già segnato, e non si poteva che accompagnare, non senza empatia, il protagonista verso la fine della sua corsa. Anche Almodóvar ci permette questo viaggio, con il miracolo che però s’appresta dietro l’angolo.


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Amo le storie. Che siano una partita di calcio, un romanzo, un film o la biografia di qualcuno. Mi piace seguire il lento dispiegarsi di una trama, che sia imprevedibile; le memorie di una vita, o di un giorno. Preferisco il passato al presente, il bianco e nero al colore, ma non disdegno il Technicolor. Bulimico di generi cinematografici, purché pongano domande e dubbi nello spettatore.

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