In uscita nelle sale italiane dal 17 agosto, Passages è il nuovo film di Ira Sachs.
Con protagonisti Franz Rogowski, Ben Whishaw e Adèle Exarchopoulos, Passages è un film delicato dall’impronta fortemente realista, presentato al Sundance e proiettato all’ultima edizione della Berlinale nella sezione Panorama.
La trama di Passages
Tomas (Franz Rogowski) è un giovane regista tedesco. Vive a Parigi con il marito britannico Martin (Ben Whishaw) ed è piuttosto apprezzato per i suoi lavori. Il rapporto col marito subisce però una svolta quando egli conosce Agathe (Adèle Exarchopoulos), un’emancipata insegnante parigina. Impulsiva e soprattutto fisica, la relazione tra Tomas e Agathe comporta una naturale serie di sviluppi: innanzitutto, Tomas e Martin si lasciano, poi quest’ultimo comincia a frequentare Ahmad (Erwan Kepoa Falé), un giovane scrittore. Costantemente indeciso tra la passionale Agathe e il compagno di una vita Martin, Tomas è il lato più imprevedibile di un triangolo fluido e complesso, centro propulsore di sentimenti tanto intensi quanto inclassificabili.
Un nuovo tassello per il cinema LGBTQIA+
Che Ira Sachs sia una voce non molto conosciuta al pubblico italiano è una triste verità. Piccoli gioielli come Keep the Light On (2012), I toni dell’amore (2014), Little Man (2016) e Frankie (2019) hanno faticato non poco a trovare una degna distribuzione sul territorio nostrano. Una grossa lacuna che per fortuna MUBI e Lucky Red sono riusciti a colmare. La scommessa di queste due società di produzione e distribuzione può sembrare abbastanza comprensibile: in un decennio in cui spiccano sempre più film a tematiche LGBTQ+, tutti straordinariamente importanti per sensibilizzare sulla preziosa universalità di qualunque storia d’amore, gli intrecci amorosi raccontati nel film di Sachs sono perfetti per delineare nuove e interessanti prospettive.
Sospinto dalla calibrata sceneggiatura curata dallo stesso regista americano e da Mauricio Zacharis, Passages si concentra sulle presunte capacità che uomini e donne hanno di controllare i propri sentimenti. Che il protagonista sia un regista, una persona abituata a prendere continuamente decisioni e a tenere tutto sotto controllo, non è affatto un caso. Tomas non è un underdog scontroso e solitario, e a quanto pare non ha bisogno di reclamare sacrosanti diritti; è un uomo realizzato che di punto in bianco non riesce più a gestire la propria vita sentimentale. Non è soltanto una mera questione di sesso, è qualcosa di molto più profondo: un’ineluttabile forza nascosta che pur detta autoritariamente le regole dell’attrazione.
Passages, o “come ti dirigo il caos”
Gli intrecci di questo triangolo molto moderno non sarebbero stati gli stessi senza le incredibili performance di Rogowski, Exarchopoulos e Whishaw. Sono questi ultimi infatti a dare brillantemente corpo a sentimenti, pulsioni e stati d’animo talvolta di difficile caratura. Al magnetismo dominante di Rogowski – sempre più sulla cresta dell’onda dopo il recente Disco Boy – si contrappongono in modo assai bilanciato la sensualità consapevole di Exarchopoulos e l’indispensabile presenza scenica di Whishaw. Il risultato è un’alchimia profonda che conferma non solo la bravura di questi tre talenti, ma anche una direzione sugli attori pressoché perfetta da parte di Sachs.
Forse è proprio questo uno dei maggiori pregi del regista americano: dirigere i propri interpreti all’interno di una storia che, strutturalmente molto semplice, rimescola di continuo le proprie carte. E se nella finzione, come dimostrano i primi minuti di Passages, è comunque possibile per un regista controllare la realtà che lo circonda, dirigere razionalmente attori principali, comparse e troupe, nella vita reale le cose appaiono del tutto diverse. In tal proposito, il film di Sachs si rivela oltremodo esplicativo: l’amore, a prescindere dalle sue forme, presenta talvolta contorni decisamente indefinibili. Se ciò porta a innumerevoli e fecondi meccanismi narrativi, il cinema, dall’alto della sua ormai collaudata onniscienza, non può che ringraziare.
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