La 78esima edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia è pronta ad accogliere alla sua seconda visita Paul Schrader. Un regista trascendentale, culturalmente evocativo e dal raffinato tocco estetico, che propone ai film in concorso il suo The Card Counter. Qui, l’attore Oscar Isaac veste i panni di un ex militare abile nel contare le carte a poker, fin quando incontra un giovane ragazzo in cerca della sua stessa vendetta nel labirinto magnetico dei casinò. La pellicola si separa di quattro anni dall’ultima presenza di Schrader al Festival, con First Reformed – La Creazione A Rischio (2017), ambizioso lungometraggio vincitore del Green Drop Award e candidato al Leone D’Oro per il Miglior Film.
Ma la carriera di Schrader inizia molto più lontano nel tempo, come esponente della New Hollywood, che ha valorizzato il gusto autoriale del cineasta. Accanto a Martin Scorsese, il regista statunitense ha firmato la sceneggiatura di Taxi Driver (1976), sua seconda prova in scrittura dopo Yakuza (1974) di Sidney Pollack. Attraverso riflessioni filosofiche, teologiche e un’attenta indagine ai temi della solitudine e della redenzione, la ricca cultura di Schrader lo ha portato a scandagliare il rapporto tra l’uomo e i suoi demoni, rendendolo un regista tanto amato quanto odiato. Ecco perché è particolarmente interessante conoscerlo meglio in vista della tanto attesa Venezia 78.
American Gigolò: la scommessa vincente
Il primo successo alla regia di Schrader appartiene al film che rese famoso Richard Gere. L’allora 31enne attore americano appare in tutto il suo fascino in American Gigolò (1980), secondo capitolo di un’ideale trilogia che doveva comprendere Taxi Driver e Lo Spacciatore (1992). Mentre con la pellicola di Scorsese, Schrader ottenne una nomination ai Golden Globe, con American Gigolò gareggiò per il premio con la colonna sonora di Giorgio Moroder, un elemento distintivo del lungometraggio. La sceneggiatura invece, a detta dello stesso regista, fu ispirata al film Diario Di Un Ladro (1969) di Robert Bresson, primo amore di Schrader.
Lo stile registico rievoca invece il sapore di Bernardo Bertolucci e lascia affiorare due tematiche cardine della cinematografia di Schrader: la solitudine e la redenzione. Come altre sue importanti pellicole, non manca il dramma a sfondo thriller, con un evento di sangue che mette il protagonista di fronte a una scelta difficoltosa per il suo futuro. In questo caso Gere, nei panni del gigolò Julian Kay, si trova invischiato nelle losche trame di un senatore corrotto, della cui moglie, Michelle (Lauren Hutton) si è innamorato. Ecco dunque che l’amoralità politica, le trame di potere e il sentimento in chiave distruttiva coronano una scommessa vincente e uno dei film di maggiore successo e celebrità del regista.
Da Richard Gere a Woody Harrelson: The Walker
Nel 2007 Schrader propone un’evoluzione delle tematiche a lui care in The Walker (2007), disponibile su Prime Video. In questo caso a reggere una solida sceneggiatura è la capacità attoriale di Woody Harrelson, già iconico protagonista di Assassini Nati – Natural Born Killers (1994) di Oliver Stone. Tuttavia niente occhialini alla John Lennon e venalità omicide questa volta, perché Carter Page III è un elegante e raffinato accompagnatore di donne dell’alta società. Al contrario di Julian Kay non presta però servizi sessuali, essendo omossessuale, ma si intrattiene con le nobildonne, tra cui la moglie del senatore, interpretata da Kristin Scott Thomas, tra partite a carte e scelte d’arredamento.
Ecco però che un omicidio si mette sulla sua strada, dietro le trame di morbosi interessi politici. Tutta la storia è poi incastonata in una precisa architettura cromatica, tra nitidi contrasti e colori caldi. Schrader non cura solamente gli accostamenti di colore delle ambientazioni, ma anche l’attenzione ai dettagli, lungo un incedere narrativo che gioca su carrelli e dissolvenze. Tutti i protagonisti sembrano avvolti in una gabbia dorata di vacuità, dove si intrattengono in conversazioni esistenziali e lasciano che sia il tedio quotidiano a divorarli. Schrader incalza così su un gioco di attese e aspettative, cullato in un’evoluzione lenta e graduale, come sospesa in un limbo temporale. Ancora una volta, la solitudine fa da padrona all’esistenza umana.
First Reformed e il sogno coltivato da Paul Schrader
La carriera di Paul Schrader, fiorita tra l’inchiostro di una sceneggiatura, non può che trovare una nomina agli Oscar proprio per il copione del suo ultimo, e più riuscito, film: First Reformed: La Creazione A Rischio (2017) disponibile su Netflix. Con Ethan Hawke nelle vesti sacre di Padre Toller, il regista indaga il percorso di progressivo delirio spirituale di un uomo malato di cancro e primo testimone dell’estremismo psicologico di un terrorista ambientale. Un’indagine umana di significativo trasporto, contrapposta alla sterilità cromatica dell’ambiente religioso, ancora una volta intessuto con la politica.
Qui Schrader trova la realizzazione di un film pensato da cinquant’anni e finalmente sfociato in una creazione ambiziosa, tessuto di tutti i frammenti stilistici raccolti nel tempo, tra cui il peculiare voice over. Così le parole di Toller accompagnano un racconto diaristico, affidato alle pagine che il pastore si è imposto di riempire per un anno, così da soffocare, anche solo apparentemente, il suo male di vivere, originato dalla scomparsa in Iraq del figlio. Tra vita e morte, desiderio e abbandono, enigmatici piani lunghi e attenti primi piani, si sviluppa la parabola di un uomo a confronto con il suo destino.
Così eccoci ad attendere il nuovo capitolo di Schrader,The Card Counter, protagonista di Venezia 78 e nelle sale dal 10 settembre, con il timbro di Martin Scorsese come produttore esecutivo e Willem Dafoe, già attore in The Walker, affianco ad Oscar Isaac. Quale sarà il mistero che dilania il nostro prossimo protagonista?
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