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Pensavo fosse amore… invece era un calesse, l’amore secondo Massimo Troisi

5 minuti di lettura

Massimo Troisi avrebbe compiuto 61 anni. L’eredità che il grande caratterista napoletano ha lasciato al cinema e al pubblico italiano è immensa, composta da personaggi, film e sceneggiature venate dalla poesia tragica della Commedia dell’Arte, che Troisi ha saputo valorizzare attraverso storie che parlassero al cuore, come il suo ultimo film da regista: Pensavo fosse amore… invece era un calesse, pellicola del 1991 di cui Troisi era anche sceneggiatore e protagonista.

Pensavo fosse amore… invece era un calesse: Quando si parla col cuore

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Il film si apre con le note di una collaborazione molto speciale tra due grandi artisti: Massimo Troisi e Pino Daniele. Quando, composta dal cantautore napoletano appositamente per il film, qui appare senza quel testo commovente e ricco di sfumature scritto a quattro mani dai due amici durante una sera insieme.

Nelle parole di quella canzone si può ritrovare lo stesso spirito del film: l’amore non può essere spiegato, compare e scompare come la marea. Cercare di imbrigliarlo dentro delle classificazioni o sigillarlo con dei rituali significa sciuparlo, perderlo per sempre.

Tommaso (Massimo Troisi) e Cecilia (Francesca Neri) sono promessi sposi, ma la gelosia insensata di lei e l’eterna pigrizia di lui mandano all’aria tutto, convincendo Cecilia a chiudere la relazione al citofono e a fidanzarsi con Enea, un uomo più vecchio di lei, ma sicuro di sé e avventuroso. Tommaso non riesce a rassegnarsi, tanto da andare persino da una fattucchiera per chiedere di far tornare Cecilia da lui e far sparire Enea.

Il rivale di Tommaso gli confessa che venera Cecilia talmente tanto da non riuscire a toccarla, non potendole dare quella passione trascinante che a lei manca così tanto. Gli augura quindi di riuscire a renderla felice, uscendo di scena per il bene di entrambi.

I due tornano insieme e riprendono i preparativi per il matrimonio. Il giorno delle nozze però Tommaso non si presenta, andando dalla fattucchiera in abito da cerimonia e chiedendole “Come mai ora non la amo più?”. L’uomo dà appuntamento a Cecilia in un bar, dove lei arriva vestita da sposa. Tommaso le spiega che uomo e donna non sono fatti per sposarsi, che è una cosa innaturale. Cecilia è d’accordo e i due si organizzano per vedersi la sera, per non perdersi del tutto.

Massimo Troisi in un’intervista ha spiegato come il “calesse” di Pensavo fosse amore invece era un calesse sia un oggetto materiale qualunque interposto alla delusione di un amore che scompare o non riesce come si vorrebbe. “Quando non è più amore ma «calesse», bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male…ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell’inizio”.

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La caratteristica più affascinante di Massimo Troisi e dei suoi personaggi (non ultimo il Tommaso di Pensavo fosse amore… invece era un calesse) è la forza dei loro monologhi. Zoppicanti, incespicati e riluttanti, eppure pieni di forza e di passione. La realtà del parlato comune, del vero amore e del vero dolore trovano in Troisi un megafono che non distorce: dà forza e voce a chi fatica a trovarne una.

I monologhi di Troisi sono le timide opinioni di chi sa di dire cose scomode all’interno di un ambiente difficile, ma sente la necessità impellente di parlare. Non vuole ferire, non vuole attaccare: ha bisogno di avvisare, di aiutare a far comprendere a una realtà immobile il mondo che cambia.

Per questo ogni volta che ascoltiamo le sue parole, espresse attraverso il suo modo così caratteristico di recitare, sentiamo il petto farsi pesante e leggero allo stesso tempo. Avvertiamo la sincera bellezza di una maschera tragica che ha saputo scherzare anche sulla sua malattia, attraverso la struggente ‘O ssaje comme fa ‘o core, una poesia messa in musica dall’amico Pino Daniele, dedicata alle reazioni del cuore alla vista della persona amata e insieme al problema cardiaco che ha accompagnato Massimo Troisi per tutta la vita, uccidendolo a soli 41 anni, il 4 giugno 1994.


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