Presentato alla 60ª Semaine de la Critique di Cannes 2021, selezionato poi al 39° Torino Film Festival, proiettato alla 33ª edizione del Trieste Film Festival, Piccolo Corpo è dal 17 febbraio nelle sale cinematografiche italiane per Nefertiti Film.
Un’opera prima estasiante, di cinema puro; ormai raro. Un piccolo e profondo respiro, il primo della carriera di Laura Samani, già autrice nel 2016 del cortometraggio La Santa che Dorme, opera di diploma al Centro Sperimentale, dalla quale qui vengono ripresi molti aspetti che sembrano essere tanto cari alla regista: un racconto grigio, ambienti agresti, atmosfere cupamente favolistiche, ingombrante presenza di miti religiosi, ma soprattutto l’autenticità autoriale che, già da questo momento, rende la Samani una delle figure più intriganti del nuovo panorama cinematografico europeo.
Piccolo corpo in breve
Sono necessarie e dovute due parole sulla trama: è inverno, inizi del secolo scorso, in un’isola del nord Italia Agata (Celeste Cescutti) dà alla luce una bambina senza vita. Secondo la tradizione cattolica, in assenza di respiro la piccola non può essere battezzata, e sarà costretta per l’eternità di vagare nel limbo, senza nome, senza identità.
Sulle montagne del nord, però, corre voce che ci sia un luogo dove le anime dei bambini vengono riportate in vita soltanto il tempo di un respiro, quanto basta per venire battezzati. In gran segreto allora, nascosto il corpo della figlia, la giovane Agata lascia l’isola. Impreparata a ciò che le aspetta, impreparata a ciò che c’è al di là, la ragazza parte per un’arcana avventura, alla ricerca di un insperato miracolo.
Un’opera realista tra le pagine della storia
Il clima mitologico dell’opera viene sostenuto da un limpido lavoro tecnico. La macchina da presa riesce a mostrare una storia di ricerca, una storia di morte (o meglio di non-vita), di amore materno (e fraterno) in modo semplice, giusto, necessario.
Allo stesso tempo, Piccolo Corpo è in qualche modo anche realista e popolare. È un racconto antico, vero, emarginato dal ricordo, nascosto tra le pagine di storia; parola della stessa regista:
“Nel 2016 scoprivo che a Trava, nel mio Friuli Venezia Giulia, esiste un santuario, chiamato santuario dei respiri, dove fino alla fine del XIX secolo, avvenivano miracoli particolari: si diceva che lì si potessero riportare in vita i bambini nati morti, per il tempo di un respiro”.
Il reale è presente nella sceneggiatura (scritta dalla stessa Samani, da Elisa Dondi e Marco Borromei), nello stile registico e anche (e soprattutto) nelle interpretazioni attoriali; nelle eccentriche prove dialettali (friulane e venete) degli attori.
Un plauso, oltre che alla protagonista, è da fare anche all’altro personaggio principale della storia, ovvero Lince (Ondina Quadri), personalità fluida, selvaggia e moderna. Misterioso compagno di avventura della giovane madre, con il quale verrà a crearsi un profondo rapporto umano.
In breve, Piccolo Corpo è un piccolo gioiello, un piccolo figlio (questa volta) vivo e vegeto della grande tradizione cinematografica italiana. Semplicemente, Piccolo Corpo è un capolavoro, e nemmeno così piccolo.
Articolo di Lorenzo Fiorentino
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