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Qualcuno deve morire, l’omosessualità nella Spagna franchista

13 minuti di lettura

Qualcuno deve morire, in lingua originale Alguien tiene que morir, è una miniserie di genere thriller che vede dietro la cinepresa il regista messicano Manolo Caro. Di produzione spagnolo-messicana e distribuita da Netflix il 16 ottobre di quest’anno, la serie è composta da una stagione di tre episodi di circa 40 minuti l’uno.  

Qualcuno deve morire

Qualcuno deve morire vanta un cast importante sia per lo schermo spagnolo, sia per una vetrina più internazionale come quella di Netflix, che sta dando sempre più spazio a serie di successo in lingua spagnola. Difatti, tra i suoi interpreti troviamo Carmen García Maura, la musa di Almodovár; Cecilia Suàrez, già protagonista della serie messicana La casa de las flores (sempre per la regia di Caro) ed infine rincontriamo il volto familiare di Carla, dell’acclamatissima serie tv Élite, interpretata da Ester Expósito. Peculiare è anche la presenza del ballerino Isaac Hernández che interpreta Lazàro.

L’onore e la dignità

La serie è incentrata sulla vita di due famiglie benestanti di Madrid, le cui vicende si sviluppano durante il periodo della dittatura franchista in Spagna, tra intrighi e sotterfugi celati in parole e nascosti dietro i visi apparentemente dignitosi dell’alta borghesia. Visi che nascondono più di una verità occultata davanti alla composta e conservatrice società. Vedremo in particolar modo come si evolve la storia di due personaggi: Lazàro (Isaac Hernández) e Gabino (Alejandro Speitzer). Il secondo, componente di una di queste due famiglie, è appena tornato in Spagna dal Messico in compagnia di Làzaro, un suo amico messicano che sogna di fare il ballerino.

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Gabino, quando torna dal Messico, paese che lo aveva accolto per sfuggire alla guerra civile che si stava consumando in Spagna negli anni ’30, trova una Spagna cambiata, chiusa e diversa; un mondo completamente contrastante rispetto al Messico, paese in cui aveva trascorso l’adolescenza. Il ragazzo non farà altro che cercare di opporsi a tutto ciò, rischiando la sua stessa vita. Dovrà guardarsi le spalle perfino tra le mura di casa. I meccanismi che si andranno ad innescare nella storia e tutto ciò che ne seguirà saranno legati alla vicenda di Gabino, vittima di persecuzione poiché omosessuale.

Qualcuno deve morire: un thriller sui generis

Qualcuno deve morire

Dove vuole andare a parare la serie? È un po’ la domanda che ci si pone ad ogni singola puntata. Fin dall’inizio, quello che lo spettatore si aspetta è che si vada a creare un’atmosfera di mistero e suspense che lo tenga con il fiato sospeso, qualcosa che lo leghi a ciò che sta guardando. Una crescita della narrazione, fino ad arrivare ad un climax finale in cui tutto il racconto trova un senso. Ma ciò purtroppo non avviene. Ci sono dei punti deboli in questa serie, la narrativa è debole e il filo della storia alcune volte sconnesso, poiché determinati sviluppi di trama non convincono appieno. I personaggi seguono un percorso un po’ anomalo, alcuni sono ben definiti, altri sono raccontati male, subendo così un decorso, più che un percorso vero e proprio. Molte cose non sono spiegate e non c’è un vero e proprio mistero o una costruzione di una trama thriller.

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Lo spoiler (dato dal titolo) che qualcuno debba morire non viene reso appieno poi nella narrativa. Ciò rende Qualcuno deve morire un thriller un po’ anomalo. L’atmosfera dell’aspettarsi sempre qualcosa a volte rende a altre no. Tutto questo provoca un senso di smarrimento nello spettatore, che alcune volte non sa bene cosa stia succedendo né perché. Il finale lascia sicuramente spiazzati e anche un po’ sbigottiti, ma non lascia sorpresi né tanto meno soddisfatti.

«Alcuni uccelli non sono fatti per essere rinchiusi in gabbia»

Qualcuno deve morire

Nonostante ciò che è stato detto poc’anzi, Qualcuno deve morire possiede dei punti interessanti su cui soffermarsi. Interessante è come sia presente la figura degli uccelli in maniera ricorrente. Infatti, nella storia i protagonisti praticano come sport il tiro a volo. E le vittime di questo sport sono proprio i piccioni, a cui viene praticato il raccapricciante gesto di tagliare la coda per renderli bersagli più semplici. È interessante notare come in alcune scene allo stormo di uccelli segua uno sparo. Il legame tra lo sport e la trama della serie è palese. Libera la preda. Prendi la mira. Premi il grilletto. Questi sono i tre titoli delle puntate, incalzanti e molto intriganti. Qualcuno deve morire, qualcuno verrà preso come bersaglio, fino a quando non si premerà il grilletto.

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Qui troviamo anche un riferimento a Stephen King con una frase tratta da un suo romanzo: «Some birds aren’t meant to be caged», «ovvero alcuni uccelli non sono fatti per essere rinchiusi». Questa citazione del numero uno dei romanzi horror vuole creare una metafora che vada a descrivere il processo narrativo di un personaggio in particolare: Gabino. Il ragazzo, dal momento in cui torna in Spagna, si sente intrappolato dall’aria conservatrice di una società, e, guardando in un contesto antropologico più piccolo, di una famiglia, che vuole imporgli quale sarà il suo destino senza concedergli voce in capitolo.

Una famiglia che progetta un destino per lui, prendendo alle sue spalle decisioni che seguono ciò che il senso comune consiglia e considera dignitoso ed onorevole. Ciò lascia Gabino senza via di scampo. Quindi è lui ad essere rinchiuso in gabbia, ma da quella gabbia, forse, troverà una via d’uscita.

I fratelli Aldama

Qualcuno deve morire

Due personaggi particolari all’interno di Qualcuno deve morire sono sicuramente Cayetana (Ester Expósito) e Alonso (Carlos Cuevas), ovvero i fratelli Aldama. La prima è all’apparenza il fiore all’occhiello della famiglia e perfetto esemplare di una donna che calza a pennello nella società in cui si trova: bella, ricca ed espansiva. È perfetta per il contesto sociale in cui vive, soprattutto perché sa mantenere questa facciata. Cayetana viene proposta in sposa a Gabino, anche se i suoi occhi sembrano essere per qualcun altro. È una ragazza furba e intraprendente, ma anche mostruosamente cinica e crudele. Difatti, tesserà lentamente la tela della vendetta contro coloro che si sono opposti alla sua volontà.

Cayetana si può dire essere uno degli antagonisti della storia. Diverse sono le sorti del fratello, anche lui conforme alla società di cui però è vittima, non carnefice. Alonso nasconde un segreto che non può rivelare e dal quale si sente oppresso. Interessante il suo percorso, poiché passa dalla parte di esecutore e portatore dei valori della società alla parte della vittima dell’ambiente in cui vive, che lo rende fragile. Ciò permette allo spettatore di empatizzare con lui, anche se non fino in fondo.

Qualcuno deve morire, l’omosessualità nella Spagna franchista

Tema centrale e più importante di Qualcuno deve morire è sicuramente il racconto dell’omosessualità durante la dittatura franchista. Difatti la storia parla chiaro e non ci sono dubbi su come durante questo periodo fu messa in atto una vera e propria persecuzione sessuale. Nella serie ci scontriamo con una situazione a dir poco agghiacciante; ci vengono mostrati la lunga persecuzione, le violenze fisiche e psicologiche legate all’uso di insulti pesanti e continue derisioni. Ricorrente è l’uso del termine «perversione» e l’opinione comune è guidata dalla legge sulla necessità di «guarire» gli omosessuali dalla loro malattia. Oltre alle parole c’è anche tanta violenza fisica. L’omosessualità nella Spagna franchista era considerata un reato e per questo punibile con l’incarcerazione. Difatti una delle scene che scuotono di più il protagonista è proprio l’interrogatorio di un ragazzo omosessuale, torturato e picchiato per ottenere una sua confessione.

Le persecuzioni e il riscatto

Primo Gay Pride Madrid 1977

La situazione narrata dalla serie rientra nella scrittura di una triste pagina di storia che è quella del regime totalitario franchista. Il regime di Franco durò in Spagna dal 1939 al 1975 e fu caratterizzato da un periodo di paura a 360°, da una mancanza di alcune libertà fondamentali e dal controllo del pensiero comune, manovrato da un sistema di vero e proprio terrore. In questo sistema tutto era uniformato e ogni tipo di diversità veniva percepita come una minaccia, che andava perseguitata e debellata. Durante questo momento storico, la figura dell’uomo era sempre percepita come simbolo di maschilità e virilità, due concetti tossici in una società tossica, in cui l’uomo prevaleva sulla donna, che doveva sottostargli. Essere diversi, quindi, significava andare contro il sistema e per questo essere sbagliati. Legge emblematica da ricordare fu quella sul vagabondaggio che condannava le persone omosessuali a essere rinchiuse in “istituzioni speciali” che erano dei veri e propri campi di concentramento, in cui avvenivano all’ordine del giorno violenze e in cui si viveva in condizioni disumane. Questa legge fu sostituita poi con la legge sulla pericolosità sociale, che includeva anche l’internamento in manicomi e carceri.

Dopo questo periodo, fortunatamente ci fu una ripresa e si assistette ad una grande esplosione di liberazione. Si respirava questo nuovo clima grazie all’avvento di uno stato democratico sotto il re Juan Carlos di Borbone. Nel 1977 la comunità LGBT ebbe il suo riscatto dal periodo buio con il primo gay pride nella città di Madrid. Interessante è un articolo in cui ci vengono presentati i volti e i nomi di alcuni testimoni che portano con sé la storia della persecuzione, continuando a testimoniare e sensibilizzare.


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Giulia, classe '98, milanese ma con radici ben salde nella mia Campania. In generale mi piace definirmi una persona molto curiosa e che si appassiona facilmente alle cose. Mi affascina tutto ciò che regala un' emozione, scrivo per vedere i miei pensieri e poter sviluppare un mio punto di vista sulle cose.