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Nicholas Winding REFN

Innamorati di Nicolas Winding Refn: guida alla filmografia

20 minuti di lettura

Amato e odiato, tra fischi e standing ovation, Nicolas Winding Refn è tra i registi contemporanei che più polarizza gli spettatori. Potrebbe quindi rivelarsi utile una guida alla visione dei suoi film, sia per comprendere quale sia il filo rosso che li lega e rende il suo sviluppo artistico così interessante, che per non ritrovarsi spaesati di fronte a opere a primo impatto respingenti. Pronti? Time to meet the devil.

Nicolas Winding Refn: di chi stiamo parlando?

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Regista, sceneggiatore e produttore cinematografico danese, Nicolas Winding Refn nasce a Copenaghen nel 1970 da padre regista e madre fotografa. Frequenta l’American Academy of Dramatic Arts di New York (nella quale, è sempre bene ricordarlo, lancia un tavolo contro un muro in segno di ostilità nei confronti dei docenti), ma torna presto in Danimarca.

Anche qui il tentativo di seguire un percorso accademico si rivela fallimentare, così Refn decide di dirigere un cortometraggio per conto suo, grazie al quale gli viene offerto il budget necessario alla realizzazione della sua opera prima, Pusher, che lo rende noto già a livello internazionale.

Ad oggi, Refn ha diretto ben dieci film e una serie ed è sposato con l’attrice Liv Corfixen, con la quale ha avuto due figli.

Con cosa iniziare: la trilogia di Pusher

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Anno: 1996
Durata: 105′
Interpreti: Kim Bodnia, Zlatko Burić, Laura Drasbæk, Slavko Labović, Mads Mikkelsen

Gli ultimi film diretti da Refn, e in particolare la serie televisiva, rappresentano il punto d’arrivo di un lungo percorso di evoluzione stilistica. Per questa ragione, è importante partire proprio dagli albori della sua carriera. Pusher, il suo film di debutto, segue le vicende di Frank (Kim Bodnia), uno spacciatore che, sia per inettitudine che per sfortuna, si ritrova indebitato col suo capo, Milo (Zlatko Burić), e ha solo pochi giorni per risolvere la questione.

Passione Refn? Scopri la nostra Playlist dedicata al regista!

Nonostante la mancata formazione accademica, Refn è riuscito a realizzare un film di tutto rispetto, il cui pregio maggiore è senz’altro la scrittura solida. Il ritmo serratissimo, la musica rock, le riprese a mano e il dispiegarsi imprevedibile degli eventi rendono Pusher irresistibile. Un inizio col botto di una filmografia ricca di sorprese.

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Dopo il fiasco di Fear X, Refn si vede costretto a espandere l’universo di Pusher, dato il successo ottenuto col primo film. Ne realizza due seguiti, ambientati però in periodi diversi e legati tra loro solo dall’ambientazione e dai personaggi. Pusher II – Sangue sulle mie mani ruota attorno a Tonny (Mads Mikkelsen), il miglior amico di Frank. L’uomo cerca lavoro presso suo padre, che gestisce un giro di auto rubate e disprezza il figlio, e apprende che una donna è incinta del suo bambino.

In Pusher II dominano il dramma e l’introspezione e scompare la frenesia del predecessore, nonostante resti la macchina a mano. La color palette è più calda, con una netta prevalenza del rosso, che invade le pareti, i pavimenti e le luci. Veniamo trascinati in un’atmosfera più allucinata, sospesa e carica di tensione ed emergono alcune caratteristiche di quello che sarà poi il protagonista tormentato e castrato impersonato da Ryan Gosling in Solo Dio Perdona. È l’opera della trilogia più in linea con gli sviluppi futuri di Refn.

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L’ultimo capitolo vede come protagonista Milo, che molti anni dopo gli avvenimenti degli altri due film decide di iscriversi all’Anonima Tossicodipendenti. Evento cardine è il compleanno di Milena (Marinela Dekic), sua figlia, al quale Milo dovrà cucinare per cinquanta persone, mentre si ritroverà a gestire in contemporanea uno smercio di ecstasy.

Pusher III è probabilmente il miglior capitolo della saga. Sebbene rappresenti un’involuzione estetica (la presenza del rosso e del blu, per esempio, è forte ma nuovamente confinata alle pareti e agli abiti invece che anche alle luci), ci sono degli elementi innovativi, come il leitmotiv martellante che sentiamo ogni volta che Milo prova l’impulso di assumere sostanze.

La performance di Burić è impressionante ed esprime alla perfezione il conflitto interiore causato dalla dipendenza. Una delle maggiori virtù riscontrabili nella trilogia è che la droga viene presentata in tutta la sua potenza distruttiva e i personaggi che ne fanno uso e/o la spacciano non ci appaiono come degli eroi per cui fare il tifo bensì come individui devastati da essa.

Con cosa continuare: Bleeder

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Anno: 1999
Durata: 94′
Interpreti: Kim Bodnia, Mads Mikkelsen, Zlatko Burić, Liv Corfixen, Levino Jensen, Rikke Louise Andersson

Affacciamoci ora al secondo film del regista, Bleeder, che ha come personaggio principale Leo (Kim Bodnia), un uomo insoddisfatto della sua vita che, dopo aver appreso della gravidanza della compagna Louise (Rikke Louise Andersson) e assistito a una sparatoria, inizia a diventare sempre più violento. Parallelamente, seguiamo Lenny (Mads Mikkelsen), amico del protagonista che lavora in una videoteca, e Lea (Liv Corfixen), cameriera in un fast-food.

Per molti versi simile a Pusher, a partire dal cast, dalla sequenza iniziale di presentazione dei personaggi e dalla macchina a mano, Bleeder presenta alcuni importanti cambiamenti. Invece che dalla divisione in giorni della settimana, qui i vari episodi sono scanditi dal riempimento del quadro di un rosso sangue, che dà sin da subito un forte senso di tragedia imminente; inoltre, compare quella violenza brutale ed esagerata di cui avevamo avuto finora solo un assaggio, specie in Pusher III.

L’unica pecca del film è che la trama di Lenny risulta un po’ fuori luogo, ma grazie alla capacità di Refn di costruire personaggi credibili non possiamo che affezionarci a lui e alla sua cinefilia spietata. Anzi, potremmo pensare che sia una personificazione dello stesso regista — basti pensare che hanno almeno un film preferito in comune: Non aprite quella porta.

L’opera cult: Drive

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Anno: 2011
Durata: 100′
Interpreti: Ryan Gosling, Carey Mulligan, Bryan Cranston, Albert Brooks, Oscar Isaac, Christina Hendricks, Ron Perlman, Kaden Leos, Jeff Wolfe, James Biberi, Russ Tamblyn, Andy San Dimas

Ed eccoci arrivati al film che ha consacrato definitivamente (e finalmente) Refn nel panorama cinematografico mondiale e dato inizio alla famigerata trilogia neon: Drive. Il protagonista senza nome, interpretato da Ryan Gosling, aiuta i rapinatori a fuggire dalle scene del crimine grazie alle sue straordinarie capacità di guida. Quando il marito di Irene (Carey Mulligan), donna di cui è innamorato, esce dal carcere e torna a casa, la situazione precipita e il guidatore si ritrova coi criminali alle calcagna.

Non è difficile immaginare perché Drive abbia avuto un tale successo: ottima recitazione, colonna sonora iconica (è l’inizio della collaborazione con Cliff Martinez) e virata definitivamente sull’elettronica, fotografia eccezionale (in particolare in una delle sequenze finali), buona sceneggiatura e cast stellare.

Quello di Drive sembra essere però un Refn più contenuto, che osa ma si ferma proprio prima di dischiudersi in tutta la sua potenza. In poche parole, un Refn più commerciale. Niente di male in questo, ma considerati gli sviluppi successivi, che bello sarebbe stato un Drive col ritmo di Solo Dio Perdona?

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Per conoscere meglio Refn, può essere utile guardare NWR, documentario del 2012 in cui si approfondisce la sua carriera, dagli inizi a Drive. Il film, diretto da Laurent Duroche, vede la presenza di Ryan Gosling, Mads Mikkelsen, Alejandro Jodorowsky (con cui ha un forte legame), Gaspar Noé, PeterPeter e Zlatko Burić.

Un passo indietro: Fear X

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Anno: 2003
Durata: 87′
Interpreti: John Turturro, James Remar, Deborah Kara Unger, Stephen Eric McIntyre, William Allen Young, Gene Davis

Facciamo un salto indietro nel tempo. È il 2003, anno di uscita di Fear X, che si rivelerà purtroppo un vero e proprio flop e obbligherà Refn, come abbiamo detto poc’anzi, a dirigere Pusher II e Pusher III. Il film parla di Harry (John Turturro), un agente di sicurezza che passa le giornate a cercare di scoprire l’identità della persona che ha ucciso sua moglie osservando le riprese delle telecamere del parcheggio in cui è avvenuto l’omicidio.

C’è una ragione se, prima di proseguire con la visione della seconda trilogia, sarebbe opportuno guardare Fear X, ed è forse anche quella per cui non ha avuto il successo sperato ai tempi. Se è vero che lo stile di Refn si è evoluto nel tempo, è anche vero che questa evoluzione non è sempre stata lineare, ma è proceduta per “guizzi profetici”, e questo film ne è la prova, poiché è il più vicino ai suoi lavori più recenti, tanto che possiamo considerarlo il fratello minore di Solo Dio Perdona.

Si parla molto meno che nelle pellicole ad esso immediatamente precedenti e successive e la macchina da presa si muove più lentamente, privilegiando le panoramiche laterali. La notevole prova recitativa di Turturro e il montaggio sonoro sono funzionali alla resa dell’incredibile atmosfera, il vero punto forte del film, che lo rende quasi un horror. Nonostante perda dei colpi durante la seconda parte, resta un’opera estremamente piacevole da guardare e ingiustamente ignorata dai più.

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La lotta di Refn per estinguere il debito di cinque milioni e mezzo di corone causato dal fallimento di Fear X è stata raccontata in Gambler, documentario del 2006 diretto da Phie Ambo.

Gli ultimi lavori: Solo Dio Perdona e The Neon Demon

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Anno: 2013
Durata: 90′
Interpreti: Ryan Gosling, Kristin Scott Thomas, Vitahaya Pansiringarm, Tom Burke, Rhatha Phongam, Gordon Brown, Byron Gibson, Sahajak Boonthanakit, Charlie Ruedpokanon, Joe Cummings, Oak Keerati

Attesissimo seguito di Drive, Solo Dio Perdona è incentrato su un narcotrafficante (Ryan Gosling) costretto dalla madre (Kristin Scott Thomas) a vendicare la morte del fratello (Tom Burke), ucciso per aver stuprato e picchiato a sangue una ragazzina.

In Solo Dio Perdona, Refn raggiunge una cura formale senza precedenti nella sua filmografia. La composizione delle inquadrature è praticamente perfetta; le luci sono estremamente suggestive e rendono le scene quasi dei dipinti. Il rosso regna sovrano, seguito dal giallo, dall’arancio e in misura minore dal blu. Ryan Gosling si riconferma un attore bravissimo, che riesce a comunicare tutto senza dire niente, e calza a pennello nell’universo visionario del regista.

La colonna sonora, sempre curata da Cliff Martinez, gioca un ruolo importantissimo nella costruzione della tensione e, differentemente da Drive, non è quasi mai cantata, se non da personaggi diegetici. Tutto rallenta ulteriormente, rendendo l’esperienza ipnotica e affascinante, ma anche divisiva per il pubblico, che lo ha promosso a pieni voti o bocciato aspramente.

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Una visione interessante, arrivati qui, è My Life Directed By Nicolas Winding Refn, diretto da Liv Corfixen, sua moglie. Il documentario, disponibile per il noleggio, racconta il difficoltoso periodo di creazione di Solo Dio Perdona e prende una piega inaspettatamente personale.

Anno: 2016
Durata: 118′
Interpreti: Elle Fanning, Keanu Reeves, Jena Malone, Bella Heathcote, Abbey Lee, Desmond Harrington, Christina Hendricks, Karl Glusman, Charles Bakes, Alessandro Nivola, Taylor Marie Hill, Jamie Clayton

Ultimo film diretto da Refn al momento e unico con una protagonista femminile, The Neon Demon parla della sedicenne Jesse (Elle Fanning), che si trasferisce a Los Angeles per fare carriera come modella e si ritrova in un mondo fatto di gelosia e competizione spietata.

Da un punto di vista cinematografico, The Neon Demon è il punto d’arrivo del regista, quindi andrebbe visto per ultimo. Il blu e il rosso, finora compresenti ma sostanzialmente separati, dominanti in alcune scene a discapito di altre, arrivano delle volte a fondersi, generando un effetto violaceo negli abiti e nelle luci. L’atmosfera è fascinosa, il trucco e i costumi magnifici, la colonna sonora impeccabile, la regia definitivamente statica.

Non c’è, come in Solo Dio Perdona, un elemento realmente paranormale, ma il cambiamento che attraversa Jesse e l’ultima mezz’ora tingono la pellicola di sfumature horror, mentre certe sequenze sono molto simili a quelle presenti in Too Old To Die Young, dove l’occulto torna in modo preponderante. Fortissima è la critica all’industria della moda e ai suoi meccanismi misogini, che portano chi ne fa parte a compiere gesti anche deplorevoli.

Con cosa non iniziare: Valhalla Rising – Regno di sangue

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Anno: 2009
Durata: 88′
Interpreti: Mads Mikkelsen, Alexander Morton, Stewart Porter, Maarten Stevenson, Matthew Zajac, Gordon Brown, Gary McCormack, Andrew Flanagan, James Ramsey, Gary Lewis, Jamie Sives, Ewan Stewart

Capita anche nelle filmografie migliori che ci sia quel film considerabile la “pecora nera”. È il caso di Valhalla Rising – Regno di sangue, ambientato nella Scandinavia dell’XI secolo e diviso in sei capitoli. La pellicola narra le vicende di One-Eye (Mads Mikkelsen), guerriero muto dalla potenza sovrumana che ha frequenti visioni infernali e riesce a comunicare telepaticamente con un ragazzino.

Valhalla Rising costituisce un caso unico nella produzione di Refn per ambientazioni, temi, immaginario e composizione delle inquadrature. Per questo motivo, è fortemente sconsigliata la sua visione se non avete visto nulla del regista. Note positive dell’opera sono il lavoro sul sonoro e i paesaggi mozzafiato.

La serie: Too Old To Die Young

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Anno: 2019
Episodi: 10
Durata episodi: 30-95′
Interpreti: Miles Teller, John Hawkes, Jena Malone, Augusto Aguilera, Cristina Rodio, Nell Tiger Free

Una volta terminata la visione della filmografia di Refn, potrete gettarvi a capofitto in Too Old To Die Young, serie uscita su Amazon Prime Video nel 2019 e tuttora reperibile su quella piattaforma. Dopo aver visto un suo collega morire, il poliziotto Martin (Miles Teller) decide di uccidere di sua sponte i malviventi che abitano Los Angeles. Per farlo, si allea con Viggo (John Hawkes) e Diana (Jena Malone). Al contempo, vediamo il dispiegarsi delle vicende di Jesus (Augusto Aguilera) e Yaritza (Cristina Rodio), che finiscono per dominare la scena criminale della città.

Ideata assieme a Ed Brubaker, Too Old To Die Young è il capolavoro di Refn. Ogni tema saliente della sua filmografia è qui presente e tutte le caratteristiche estetiche e narrative a cui ci ha abituati sono portate alle loro estreme conseguenze. Too Old To Die Young è pura estasi; è un’esperienza multisensoriale che risucchia lo spettatore e lo fa entrare in un mondo in slow motion dal quale difficilmente vorrà uscire. La serie è stata purtroppo cancellata, ma ciò non deve far desistere dall’iniziarla.

È difficile, dopo Too Old To Die Young, prevedere la direzione artistica che intraprenderà Refn nei prossimi lavori. Essendo giunto al culmine di un percorso durato oltre vent’anni, è probabile che possa avere in serbo delle sorprese. Noi (e, si spera, anche voi dopo questa guida) saremo qui per accoglierle a braccia aperte, nel bene e nel male. Perché a Nicolas non si smette mai di voler bene.


In copertina: Artwork by Madalina Antal
© Riproduzione riservata


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Classe 1999, pugliese fuorisede a Bologna per studiare al DAMS. Cose che amo: l’estetica neon di Refn, la discografia di Britney Spears e i dipinti di Munch. Cose che odio: il fatto che ci siano ancora persone nel mondo che non hanno visto Mean Girls.

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