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Jake Gyllenhaal in "Road House"

Road House, il film di combattimenti sferra un gancio ma non colpisce

7 minuti di lettura

Jake Gyllenhaal ritorna sullo schermo con uno dei ruoli che gli sono più congeniali: un uomino amareggiato e risentito dalla vita, custode di un oscuro segreto. Road House, remake dell’omonima pellicola del 1989 diretta da Rowdy Herrington, è arrivato il 21 marzo 2024 su Prime Video, saltando – come ormai è tipico – il passaggio in sala. Tra chi si interroga sulla necessità di un rifacimento, elogiando l’insuperabile prima interpretazione di Patrick Swayze, e chi invece vuole solo godersi delle scazzottate, Road House – stavolta diretto da Doug Liman – sta attirando su di sé non poca attenzione. Scopriamo se il film può valere una visione.

Dalton, da lottatore a buttafuori

"Road House" jake gyllenhaal

Dalton (Jake Gyllenhaal) è un ex lottatore di pesi medi della UFC che si guadagna da vivere partecipando a incontri di boxe clandestini. La sua fama di campione imbattibile attira l’interesse di Frankie (Jessica Williams), proprietaria di un locale in Florida, tiranneggiato ogni sera da bande di teppisti. La donna propone a Dalton un lavoro come buttafuori, certa delle sue capacità e del suo sangue freddo.

Giunto sul posto, però, Dalton si rende conto che dietro alle baruffe che finiscono sempre in nasi spaccati e bicchieri rotti c’è un’organizzazione criminale determinata ad appropriarsi del road house per costruirci un hotel. Alla fine, si troverà in mezzo a uno scontro su due fronti: da una parte c’è Ben Brandt (Billy Magnussen), il boss avido e figlio di papà con sogni di potere; dall’altra, il lottatore ed ex-galeotto Knox (Conor McGregor), uno psicopatico con il penchant per le risse sanguinolente.

L’action, tra realtà e trucchi: un confronto con l’originale

Patrick Swayze in "Il duro di Road House"
Patrick Swayze nel Road House del 1989

Il duro del Road House è un film del 1989 del regista Rowdy Herrington. Il protagonista è qui interpretato da un atletico e stoico Patrick Swayze, che offre un Dalton dal passato meno oscuro, ma non per questo è meno restio a pestare a sangue i suoi avversari. Guardare il film di Herrington e subito dopo la versione del 2024 di Doug Liman fa affiorare delle differenze sostanziali, soprattutto riguardo alla componente d’azione.

I combattimenti del primo Road House erano più soddisfacenti perché erano veri. Una dichiarazione recente di Marshall Teague, che recitò al fianco di Patrick Swayze, rivela come le botte fossero spesso improvvisate, con risultati anche dolorosi per entrambi gli attori (costole incrinate e occhi tumefatti). E per un film costruito su parapiglia e pestaggi questo è un elemento essenziale: l’azione deve essere palpabile, credibile – solo in questo modo lo spettatore può gustarsela fino in fondo. 

Le scazzottate del remake, invece, zoppicano a confronto. Troppe volte la computer grafica s’intromette nelle sequenze, e troppe volte la cinepresa vuole nasconderci dei tagli che le fanno comodo. Sia nella sequenza d’apertura, sia in quella finale, la CGI spadroneggia, abbassando il grado d’immersione dello spettatore che subito si rende conto di star ammirando un paio di attori davanti a schermi verdi che fingono di tirarsi pugni, lanciarsi da barche o scontrarsi in auto contro il muro. 

Road House, un remake tra nostalgia e novità

Jake Gyllenhaal e Conor Mcgregor in "Road House"

Il primo Road House, per quanto protetto da un sacro velo di nostalgia, non era esente da difetti. Alcuni dettagli che oggi farebbero storcere il naso agli spettatori più sensibili sono stati alterati o rimossi. Ad esempio, nell’originale la nudità era così eccessiva da risultare gratuita – benché l’intento fosse chiaramente quello di sfruttare il sex appeal degli attori, indugiando su scene languide e sensuali. Il Road House del 2024 elimina tutto ciò, limitandosi a un accenno di storia d’amore. In più, il remake modifica cast e personaggi, come nel caso di Frankie, la proprietaria del locale, che si è rivelata un piacevole cambiamento rispetto al Frank del primo film.

Anche il protagonista è stato trasformato. Il Dalton di Jake Gyllenhaal, infatti, si è macchiato di omicidio efferato e immotivato sul ring e, sentendo di dover espiare le sue colpe, si ritira a una vita semi-solitaria. Una modifica al personaggio che lo rende moralmente ambiguo, anche se alla fine risulta tipizzato, non raccontando nulla di nuovo. 

Road House, sì o no?

dalton in road house film 2024

Road house non è un film da capire, da esplorare. È un film da assaporare, da godersi. Gli americani amano definire il genere cheesy action”, ossia un film d’azione kitsch, pensato e girato per chi non si cura di trame complicate, ma vuole soltanto divertirsi davanti a un uomo ben piantato che prende a pugni i cattivi. Indubbiamente la pellicola originale vantava un paio di elementi a suo favore: l’elemento Patrick Swayze, al quale in molti sono ancora affezionati (e a ragione); e l’elemento nostalgico, tipico dei film degli anni Ottanta e Novanta, ancora più forte se questi sono poi soggetti a rivisitazioni in chiave moderna.

Il remake rimane un film pompato, sotto steroidi – il classico “tutto muscoli, niente cervello” in versione cinematografica. Non è originale, ha una fotografia fiacca, una regia piuttosto insulsa, ma si tiene in piedi grazie alla presenza magnetica di Jake Gyllenhaal.


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Classe 1998, ho studiato Lingue e Letterature Straniere all’Università Statale di Milano. Ammaliata da quella tragicità che solo la letteratura russa sa toccare, ho dato il mio cuore a Dostoevskij e a Majakovskij. Viale del tramonto, La finestra sul cortile e Ritorno al futuro sono tra i miei film preferiti, ma ho anche un debole per l’animazione. A volte mi rattristo perché so che non mi basterebbero cento vite per imparare tutto ciò che vorrei.

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