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Esce Romulus: intervista a Gabriel Montesi, il capo dei Luperci

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Il regista Matteo Rovere firma il progetto di esordio per la televisione con una nuova serie ambientata nel Lazio dell’VIII secolo a.C. e che inevitabilmente attinge dallo stesso immaginario storico del suo film Il primo Re, che agli ultimi David di Donatello si era aggiudicato i premi di miglior produttore, miglior fotografia e miglior suono.

Presentata nel corso dell’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma, Romulus è una serie televisiva prodotta da Sky, Cattleya – parte di ITV Studios – e Groenlandia, interamente girata in protolatino, per un totale di dieci episodi.

Oggi, venerdì 6 novembre, verranno trasmessi i primi due episodi in onda su Sky Atlantic e in streaming su Now Tv. Sono chiaramente alte le aspettative per un progetto ambizioso che si propone di rinnovare il genere narrativo detto peplum per adattarlo al linguaggio contemporaneo della serialità. Nonostante l’ispirazione decisamente fantasy, il mondo immaginato da Matteo Rovere riproduce fedelmente il contesto storico e sociale del tempo, che è stato ricostruito nei minimi dettagli grazie al contributo di un team di storici e archeologi.

Romulus, la trama

Realizzata nelle località più impervie e selvagge della provincia romana, Romulus è ambientata in un mondo primitivo e feroce, in cui i trenta popoli della Lega Latina si trovano a dover affrontare le difficoltà di una Natura matrigna e l’insindacabile giudizio degli Dei. A metà strada tra storia e mito, Romulus ripercorre l’origine della città di Roma attraverso gli occhi dei tre protagonisti : Yemos, principe erede al trono di Alba Longa (Andrea Arcangeli), la giovane vestale Ilia (Marianna Fontana) e Wiros, schiavo della città di Velia (Francesco di Napoli).

Minacciato da una profezia che preannuncia violenze, carestie e siccità, il mondo della Lega Latina è destinato a cambiare per sempre. Ai tre promettenti protagonisti Matteo Rovere affianca un folto cast di volti giovani, attingendo dall’interessante panorama del cinema italiano contemporaneo, tra cui Gabriel Montesi (Favolacce, Made in Italy, Il primo Re), Demetra Avincola (Fortunata, Loro 2) e Ivana Lotito (Gomorra – La serie).

L’intervista a Gabriel Montesi, Cneus in Romulus

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Andrea Arcangeli e Gabriel Montesi nei panni di Yemos e Cneus nella nuova serie Romulus © Credits: Francesca Fago/SKY

In occasione dell’uscita di Romulus abbiamo incontrato Gabriel Montesi, reduce dal successo del pluripremiato film Favolacce, dei fratelli D’Innocenzo, che in questa nuova serie veste i panni di Cneus, leader del gruppo dei Lepreci. Il giovane attore apriliano, classe ’92, che ha già preso parte a numerose pellicole di successo e che presto vedremo nel ruolo di Antonio Cassano nella serie Speravo di morì prima (in uscita nel 2021), ispirata alla vita del calciatore Francesco Totti, parla di sé a ruota libera confermando la simpatia e l’immediatezza trapelate già dal grande schermo.

Come è nata la tua passione e come ti sei avvicinato alla recitazione?

Ho scoperto il teatro, la recitazione ad Aprilia, dove sono nato e cresciuto. Era il 2011, avevo 19 anni, che è il momento più complesso della crescita. Avevo terminato le scuole superiori e dovevo ancora capire cosa avrei voluto fare della mia vita. Ho scoperto il teatro grazie al mio amico Manuel Savastano. In quel momento avevamo entrambi grandi domande “esistenziali” e il teatro ci era parso il giusto mezzo per cercare delle risposte.

Ad Aprilia abbiamo cominciato con il teatro sperimentale, un’esperienza da cui ho imparato molto, dove la dimensione collettiva è fondamentale. Poi ho preferito concentrarmi sulla mia formazione individuale e mi sono spostato a Roma, per poter crescere ulteriormente.  

Prima di approdare alla Scuola d’Arte Cinematografica Gian Maria Volonté ho seguito alcuni laboratori di recitazione che sono stati un importante esercizio per conoscere meglio la dimensione dell’attore. Di questi cinque anni di formazione mi piace ricordare due persone con cui sono rimasto in contatto e a cui devo tanto: Natalia Florenskaia e Mamadou Dioume attore e regista franco-senegalese che ha fatto parte della compagnia di Peter Brook negli anni 80-90.

Dopo queste primi anni di formazione mi sono iscritto alla Scuola Gian Maria Volonté, che mi ha dato una visione più specifica, professionale sulla materia. Sono stati tre anni fondamentali, cardine di tante scelte future di cui solo ora forse riconosco la valenza. Al momento sto seguendo dei laboratori con il regista Fabrizio Arcuri, continuando a formarmi e a perfezionarmi.

Come vedi il tuo futuro?

In continuo divenire. Diciamo che per me il cambiamento è necessario proprio per sentirmi vivo, è nella mia natura. Oltre al cambiamento a me piace anche tornare, rivivere certe emozioni, incontri. Non si tratta di ripetere le stesse esperienze, ma di ripercorrerle una volta cresciuto e arricchito.

Un esempio di ritorno?

Una delle esperienze più recenti, il ruolo di Amelio per la realizzazione di Favolacce, di Fabio e Damiano d’Innocenzo. Con loro non ho mai vissuto il classico rapporto regista-attore. Insieme abbiamo vissuto momenti di confronto, sfogo, di crescita e questo tipo di rapporto non è mai cambiato.

Sono anche contento di essere tornato a lavorare con Matteo Rovere. Dopo il film Il Primo Re ora sono stato coinvolto nella sua nuova serie Romulus.

Come è stato lavorare con questi registi?

Quando mi interfaccio con un regista per me è fondamentale la dimensione del gioco. Mi piace discutere, confrontarmi, aprirmi, per costruire un rapporto di complicità e intesa, come mi è successo con Matteo Rovere. Per me si tratta di un dialogo tra sguardi, non verbale, che sta alla base del rapporto tra due persone. Potermi confrontare con loro è stato fondamentale.

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Gabriel Montesi in Favolacce (2019) di Fabio e Damiano D’Innocenzo

I Fratelli d’Innocenzo, Pietro Castellitto, Matteo Rovere… sono solo alcuni dei giovani registi che compongono oggi un panorama cinematografico italiano sicuramente promettente. Possiamo quindi ben sperare per il futuro del cinema italiano? 

Ho conosciuto Pietro Castellitto sul set della serie su Francesco Totti che si intitola Speravo di morì prima ed è stato folgorante. Lui ha un grande carisma, sia come attore che come persona. Mi ha anche invitato alla Mostra del cinema di Venezia per assistere alla prima del suo film I Predatori. Sono molto felice di vedere i miei coetanei che si mettono in gioco in questo campo, che si prendono il rischio di fare film anche diversi dai gusti del grande pubblico. In loro vedo qualcosa di nuovo e innovativo.

Dietro la maschera dell’attore, chi è Gabriel Montesi?

Ho vissuto diverse fasi nella mia vita, tutte costellate da numerosi interessi e passioni, ma devo dire che in questo momento il cinema riempie gran parte delle mie giornate. Anche il mio coinquilino, Marco Cicalese, è un mio collega nella serie Romulus.

Tempo fa ero un grande appassionato di basket e di calcio, ma da quando mi sono innamorato del cinema non riesco a vedere altro. L’esperienza del mio lavoro mi arricchisce di giorno in giorno, come professionista ma anche come persona. Il cinema mi suggerisce sempre spunti interessanti di cui faccio tesoro. Oltre al cinema poi mi piace molto stare con gli amici. Di base sono una persona aperta agli stimoli, amo imparare cose nuove.

Matteo Rovere racconta che le riprese della serie sono state estremamente complesse. Avete girato nelle location più impervie, in tutte le condizioni atmosferiche, di notte e di giorno. Com’è stata la tua preparazione?

La preparazione per la serie Romulus è stata decisamente impegnativa. Abbiamo condotto un mese di preparazione fisica prima di iniziare le riprese, assistiti da stuntman professionisti. Devo dire che è stata un’esperienza altamente formativa, ci ha insegnato l’importanza del sacrificio.

Quando abbiamo iniziato a girare, ogni scena richiedeva ripetute prove. Io mi trovavo nella prima fase della lavorazione di Romulus. Il mio personaggio nella serie si chiama Cneus e fa parte dei Luperci, un gruppo di giovani originari della città di Velia che per diventare uomini sono costretti a un duro rito di iniziazione nella foresta, che è di fatto un viaggio per la sopravvivenza. Si tratta di una linea narrativa parallela alle vicende che coinvolgono i tre protagonisti principali Yemos, Ilia e Wiros.

Cneus, il mio personaggio, già nelle prime battute si dichiara leader di questo gruppo. Il tutto è ambientato in un contesto sociale molto rigido dove chi non segue le regole imposte dal sistema viene eliminato, ucciso. Per questo, il tema della paura è molto presente nel mio personaggio. La paura qui si impone come strumento di controllo, accompagnato da una delirante desiderio di onnipotenza.  

Un’immagine dal set di Romulus © Credits: Francesca Fago/SKY

Favolacce, Il primo Re, Romulus… qual è il tuo rapporto con la città di Roma?

Io sono nato e cresciuto ad Aprilia, mentre oggi vivo a Roma. Romulus è stato girato tra Anzio, Nettuno, Lavinio e per me è stato molto significativo tornare in questi luoghi, che per me sono casa. Tante volte ci incoraggiano a evadere, a partire, a cambiare, ma trovo che sia importante avere anche la coscienza delle nostre radici, di chi siamo. Per questo è bello tornare a lavorare in questi luoghi così importanti per la nostra formazione.

Anche Fabio e Damiano (D’Innocenzo, ndr) conoscono bene questi luoghi. Anche se sono originari di Tor Bella Monaca, si sono diplomati all’istituto alberghiero di Lavinio. Ecco, con loro ritrovo quella complicità che è frutto di una comune esperienza di vita. Oggi devo dire che mi trovo molto bene a Roma, per me è stato come tornare a casa.

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Gabriel Montesi in Favolacce (2019) di Fabio e Damiano D’Innocenzo © Credits: Angelo Turetta

C’è un attore, del passato o del presente, a cui ti ispiri?

Nella mia formazione ho vissuto diverse fasi che mi hanno portato a cambiare e a evolvere. Tante volte i miei modelli di riferimento sono anche dei colleghi, dei miei coetanei, da cui imparo sempre moltissimo.

Per quanto riguarda i grandi attori del passato, ci sono modelli che studio da un punto di vista tecnico, per la loro bravura e professionalità, mentre altri mi hanno ispirato come uomini.

Per un periodo mi sono appassionato alle figure di Al Pacino e Marlon Brando. Oltre al suo talento, ciò che ammiro di Brando è che è sempre stato un attore anticonvenzionale, fuori dagli schemi. Anche Dustin Hoffman mi ha insegnato molto. Accanto a loro metterei anche Gian Maria Volonté. La sua ricerca artistica e umana è stata unica. Ho sempre amato anche Aldo Fabrizi, anche se forse non ho mai avuto il coraggio di ammetterlo. Lo trovo uno degli attori più belli e raffinati del nostro cinema. La sua fisicità, il suo vissuto e la sua imperfezione ne fanno un attore e un caratterista straordinario. Poi tra gli altri è impossibile non citare Alberto Sordi o lo stesso Gigi Proietti che ci ha lasciato un vuoto incolmabile.


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Nata a Verona 23 anni fa, vive a Parigi per specializzarsi in Museologia all’Ecole du Louvre. Legge in metro i Cahiers du cinéma, va al cinema durante la settimana, anche da sola. Questa estate ha coronato uno dei sogni più grandi partecipando alla Mostra del Cinema di Venezia. Scrive delle ultime uscite in sala, di premiazioni, festival e di tutto il folle mondo che ci ruota attorno.