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Ron un amico fuori programma

Ron un amico fuori programma, l’animazione che non ha più idee

L'ultimo prodotto della 20th Century non stupisce e non incanta: tutto Ron tra cliché e strafalcioni

5 minuti di lettura

Nelle sale dal 21 ottobre e dal 15 dicembre su Disney+, Ron un amico fuori programma, pellicola co-scritta e diretta da Sarah Smith (Il figlio di Babbo Natale), è tecnicamente ben realizzata e piacevole da guardare, ma manca di originalità e di coerenza. Scopriamo perché.

La trama di Ron Un amico fuori programma, in breve

Ron un amico fuori programma

Nella società del futuro dominata dalla tecnologia, i bambini sono affiancati da B-bot, robottini progettati appositamente per assumere il ruolo di migliori amici di chi li acquista, nonché addetti alla ricerca di nuovi amici attraverso i social network. Il piccolo Barney è sprovvisto di un “migliore amico pronto all’uso”, ed è pertanto emarginato dai suoi compagni di scuola finché suo padre, affranto nel vederlo sempre più solo, decide di procurargliene uno nonostante gli evidenti problemi economici della famiglia.

Peccato che Ron (così battezzato) sia un esemplare difettoso, incapace di stabilire le connessioni necessarie per creare una rete di amicizie, ma il cui apparente malfunzionamento darà a Barney la possibilità di scoprire di più su se stesso e sul significato della vera amicizia.

Visto… e rivisto!

In buona parte dei prodotti tra film e serie TV distribuiti a partire dai primi anni duemila la tecnologia assume un ruolo preponderante, essendo ormai la società destinata ad evolversi in quella direzione; volendo mettersi a contare, non basterebbe un paio di mani per tutto il materiale di intrattenimento incentrato sula tecnologia come fondamento delle attività quotidiane, e forse ancora più dita servirebbero per le pellicole in cui compare un robot.

Con Wall-e e Big Hero 6, tuttavia, l’idea dell’androide ribelle destinato a prendere il sopravvento è stata sostituita da quella di robot amico dell’uomo, adorabile e innocente sia nei modi che nelle fattezze, soggetto perfetto di una linea di peluche. Essendo state entrambe le pellicole molto amate da giovani e adulti, c’è da pensare che Peter Baynham e Sarah Smith abbiano tentato di seguire le loro orme, proponendo l’ennesimo robottino da coccolare ma senza inserire elementi del tutto nuovi nella trama.

Date le premesse, una pellicola come Ron Un amico fuori programma non può che far storcere il naso per la mancanza di originalità, avvalorata dalla figura del ragazzino impacciato che molti (erroneamente) definirebbero nerd; se poi si aggiunge il tema del rapporto uomo-macchina si ottiene un un ricco pot-pourri di cliché, disseminato dappertutto come il prezzemolo nei minestroni.

Buone premesse, cattive soluzioni: perché non abbiamo amato Ron Un amico fuori programma

Ron un amico fuori programma

L’idea del robot migliore amico dei bambini è, purtroppo, non così lontana dalla realtà come siamo portati a pensare, e costituisce un valido spunto di riflessione sia per i giovanissimi che per la classe genitoriale; nello stesso tempo, l’utilizzo di connessioni virtuali come canale esclusivo per la ricerca di nuove amicizie è già entrato a far parte dell’agire collettivo, tanto da necessitare dure strategie di mitigazione.

Eppure, non sempre la validità di un concetto rispecchia l’esito del suo sviluppo: nel caso di Ron Un amico fuori programma, le tematiche su cui porre una certa attenzione finiscono per passare inosservate agli occhi del pubblico, senza che si sia giunti ad una reale soluzione. La dannosità dell’amicizia fondata sugli strumenti elettronici piuttosto che sulle qualità umane è, ad esempio, a malapena percepibile, pur essendo il fulcro dell’intera pellicola; di contorno, una trama prevedibile fondata sull’erronea, meglio assurda, concezione del rapporto uomo-macchina come amicizia vera e propria, alla pari di quella con un reale essere umano, se non migliore.

Una concezione, questa, ribadita più volte nel corso della pellicola e confermata finanche al momento dell’happy ending, pericolosa da sottoporre alle nuove generazioni nate praticamente tenendo in mano il cellulare.


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Classe 1996, dottoranda in Ingegneria Industriale all’Università di Napoli Federico II, il cinema è la mia grande passione da quando ho memoria. Nerd dichiarata, accanita lettrice di classici, sogno di mettere anche la mia formazione scientifica al servizio della Settima Arte. Film preferito? Il Signore degli Anelli.

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