Nella sala stampa regna un silenzio quasi surreale: il respiro dei giornalisti e dei relatori già seduti ai propri posti è come sospeso. Qualcuno prova anche a sdrammatizzare con una battuta, ma dopo qualche timida risata torna quell’ossequioso silenzio caratteristico delle attese più gravose. E poi, come la cosa più naturale del mondo, Ruben Östlund, regista pluripremiato di film come Triangle of Sadness, The Square e Forza Maggiore, entra nella stanza rilasciando la tensione che si era creata con uno scroscio d’applausi.
Va a sedersi in mezzo a Gian Luca Farinelli e Marija Krunic, rispettivamente il direttore della Cineteca di Bologna e la Presidentessa della International Filmmaking Academy (IFA), un progetto di alta formazione cinematografica fondato dieci anni fa da Gian Vittorio Baldi, regista e produttore. Östlund è qui per inaugurare appunto il decimo anno di lavorazione dell’IFA, del quale presiederà i corsi frequentati dai 20 migliori studenti delle più prestigiose scuole di cinema del mondo, dal Brasile all’India, fino alla Cina e al Canada.
L’intervento di Ruben Östlund
Dopo le dovute presentazioni e i ringraziamenti più istituzionali, la parola viene lasciata al regista svedese, che esordisce affermando: “ci troviamo nel momento più importante della storia del cinema, per due motivi: per la tecnologia, che consente di fare cose in precedenza impensabili, e per l’importanza della sala cinematografica come luogo democratico.” Procede quindi a spiegare perché mai come ora sia fondamentale proiettare film su schermi immensi affinché più persone contemporaneamente possano condividere l’esperienza di guardare qualcosa assieme. “Il regista deve considerare il film come una sorta di live-tour: deve girare con esso, presentarlo al pubblico nelle sale e parlare con gli spettatori, renderli parte attiva dell’esperienza cinematografica.”
“La persona seduta di fianco a me potrebbe chiedermi cosa penso del film e questo costringerebbe entrambi a riflettere su quanto appena visto.” Poco dopo Östlund, da bravo provocatore quale ha sempre dimostrato di essere, aggiunge che secondo lui: “dovremmo proiettare al cinema anche episodi di “The Kardashians” per poterli guardare con occhi diversi e ragionare su di essi.” Sempre a favore di questa riflessione e cominciando a parlare del suo ruolo all’IFA, spiega come il cinema dovrebbe essere insegnato fin dai primissimi anni di vita, evitando un classico approccio scolastico e tentando di far riflettere i bambini sull’intrinseco potere della macchina da presa.
Rivolgendosi poi direttamente agli studenti IFA (presenti in sala), aggiunge: “noi lavoreremo proprio sulla verbalizzazione del film: saperlo raccontare a parole è come averlo già girato.” Per concludere il discorso, Östlund confronta i modelli di produzione europei con quelli americani: “in Europa il film viene prodotto con soldi statali e quindi può essere difficile, personale e lontano dai gusti del pubblico in quanto assicurato da un punto di vista finanziario. In America invece gli investitori sono privati e quindi si tende ad avere il problema opposto, ottenendo film che cerchino disperatamente il supporto del pubblico attraverso formule testate e impersonali. Bisognerebbe lavorare per far convergere questi due modus operandi e creare qualcosa di originale e comunque accessibile al pubblico.”
Per rafforzare questa sua tesi, il regista cita due figure che lavoravano proprio tenendo conto del pubblico senza mai sacrificare la propria visione, definendoli anche come punti di riferimento creativi per il suo personalissimo cinema: Luis Buñuel e Lina Wertmuller.
Ruben Östlund sul suo prossimo film: tutti i dettagli
Fra le domande più interessanti poste ad Östlund dopo il suo intervento ve ne sono un paio che hanno consentito al regista di allargare la discussione anche al suo prossimo progetto, già in lavorazione: la prima riguarda la sua personale percezione nichilista dell’umanità, chiedendogli se l’essere umano riuscirà mai a smettere di essere stupido. Il regista risponde sottolineando quanto lo intrighino più i fallimenti che i successi umani, arrivando a definire i suoi film come veri e propri studi sociologici, capaci di portare allo scoperto i lati più oscuri dell’animo umano, le situazioni in cui “piccolezze” diventano il focus principale del film: “quando non succede nulla, eppure tutto cambia.”
E proprio questa è la premessa del prossimo film di Ruben Östlund, intitolato The Entertainment System is Down: durante un volo particolarmente lungo accade il più banale degli imprevisti, il sistema di intrattenimento a bordo va in corto circuito, lasciando i passeggeri senza Wi-Fi o contenuti da consumare per le seguenti ore di viaggio. Ovviamente la noia ed il caos prenderanno il sopravvento.
Ruben ha aggiunto che il film conterrà la scena più controversa della sua intera filmografia, con la quale mira a: “provocare il maggior numero di uscite dalla sala nella storia di Cannes.” Due bambini, litigando per poter giocare con l’unico I-Pad ancora carico a bordo, verranno interrotti dalla madre che li costringerà a consegnare il dispositivo e a stare dieci minuti in silenzio: il film resterà con loro per l’intera durata della punizione, inquadratura fissa e silenzio totale, durante la quale lo spettatore sarà costretto ad interrogarsi circa le proprie modalità di consumo e d’intrattenimento.
Per concludere, è stata posta una domanda circa l’Intelligenza Artificiale e come essa potrebbe cambiare i metodi di produzione artistici. Östlund si è detto non preoccupato, in quanto l’Intelligenza Artificiale sembra incapace di replicare le interazioni umane, una delle cose che lo affascinano maggiormente: rivolgendosi alla stanza ha fatto notare come anche in quella situazione fosse in atto un complesso “gioco sociale” di sguardi, cenni e gerarchie.
Ed è quindi naturale per chi scrive ripensare a quei primi attimi d’attesa che hanno preceduto l’arrivo del regista, a quel silenzio così eloquente e alla “piccolezza,” la banalità di un uomo che entra in una stanza, in netto contrasto con la risposta della stanza stessa e la sua eruzione di applausi. Forse una conferenza stampa è proprio una di quelle situazioni così realisticamente surreali che tanto affascinano Ruben Östlund, e che gli consentono di continuare a interrogarsi sull’assurdità nella quale viviamo.
Immagine in copertina di Lorenzo Burlando
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