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Rumore Bianco NPC Magazine

Rumore Bianco, nascita e sviluppo del documentario su Enrico Cattaneo

Enrico Cattaneo, fotografo milanese scomparso nel 2019, è raccontato da Francesco Clerici in un documentario indipendente dedicato a una quotidianità incontenibile.

5 minuti di lettura

Ci sono progetti che nascono spontaneamente e che in maniera altrettanto naturale coinvolgono persone con visioni affini, passioni condivise, sensibilità che si sfiorano. Rumore Bianco è uno di questi e la sua genesi sta nell’incontro tra un fotografo, Enrico Cattaneo, e un regista, Francesco Clerici. Un incontro mediato da due attenti archivisti, Alessia Locatelli e Giuliano Manselli, e accompagnato nel suo percorso produttivo dalla curiosità e la spinta del produttore Lorenzo Hassan.

In particolare, su suggerimento di Alessia Locatelli, curatrice dell’Archivio Enrico Cattaneo, nel 2018 Francesco Clerici ha iniziato a frequentare l’incredibile dimora del fotografo milanese Enrico Cattaneo.

Incredibile perché le pareti della casa erano interamente ricoperte di quadri dal valore inestimabile. Incredibile quanto chi ci ha vissuto, che ha ricevuto quelle opere in regalo dai più grandi artisti contemporanei, in nome di un sodalizio che affascina e suscita nostalgia nei confronti di un’epoca in cui sono stati ridefiniti i linguaggi delle arti figurative.

Tra sterminate collezioni di cassette jazz, pacchetti di sigarette sparsi in ogni angolo dell’abitazione e una camera oscura personalizzata fino al minimo dettaglio per un’esigenza di sperimentazione che l’ha accompagnato fino alla fine della sua carriera e della sua vita, il rapporto tra il regista e il fotografo si è consolidato in breve tempo.

Da un incontro a un documentario: da dove viene Rumore Bianco

Rumore Bianco Cattaneo NPC Magazine

Da quell’intesa profonda è nata l’esigenza di restituire un ritratto di Enrico: fotografo delle periferie milanesi del dopoguerra e del loro sviluppo, chimico, esperto ritrattista, instancabile sperimentatore, avido fumatore, milanese d’altri tempi.

Il linguaggio scelto per Rumore Bianco è quello documentaristico, il più fedele e adatto a sviluppare un racconto attraverso la voce del soggetto stesso. È infatti una voce, la sua, consumata dagli anni e dal fumo, diretta ed estremamente autoironica, in grado di comunicare decenni di esperienze personali e professionali attraverso una lingua sintetica e sempre incisiva.

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È a questo punto che, su iniziativa del produttore, il progetto arriva tra le mani, e davanti all’obbiettivo, del regista Ruggero Gabbai, e indirettamente sotto il mio coordinamento produttivo.

Anche Ruggero, insieme alla sua troupe, entra in casa di Enrico e rimane affascinato dal luogo, che già da solo manifesta molte delle fissazioni, delle passioni, delle idiosincrasie del fotografo. Il regista scopre a sua volta Enrico, il quale  si circonda di oggetti di uso quotidiano, che per molti non avrebbero alcun significato, ma da cui è ossessionato, e che risponde in maniera schietta e sbrigativa – o essenziale? – alle domande rivoltegli da Ruggero durante l’intervista. Nel corso di una conversazione di una manciata di minuti, Enrico ha la capacità di riassumere le tendenze artistiche e fotografiche di più di mezzo secolo.

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Durante le riprese di Rumore Bianco il fotografo ha 86 anni e una salute precaria, viene a mancare poco dopo una delle ultime visite in cui viene ripreso dai registi. Il materiale girato è momentaneamente accantonato per essere, solo mesi dopo, rivisto, osservato, rimaneggiato, studiato e infine montato.

L’unione di due stili per un ritratto fedele

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A noi piace pensare che Enrico avrebbe apprezzato Rumore Bianco che, privo di manierismi e orpelli accessori, descrive fedelmente la quotidianità di una persona quasi impossibile da contenere in trenta minuti di documentario.

Ruggero Gabbai e Francesco Clerici sono riusciti a farlo, unendo le proprie visioni e i propri stilemi che, nella loro diversità, risultano complementari ed essenziali a una resa fedele dei due lati di Enrico: i silenzi e il rumore bianco che accompagnano i momenti di pausa e riflessione del fotografo, su cui Francesco ha indugiato, e le battute pronte e sagaci in risposta a Ruggero che lo incalza nel corso dell’intervista.


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Nata e cresciuta a Milano, laureata in lettere ed editoria, appassionata e lavoratrice del cinema. Trovo nel documentario in tutte le sue forme e modalità il mezzo ideale per rappresentare, conoscere e riflettere sulla realtà.

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