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Sanctuary, tradizione e modernità si scontrano sul ring

Su Netflix arriva la Serie TV dedicata al mondo del sumo

6 minuti di lettura

Sanctuary, distribuito da Netflix, è un nuovo sport drama di fattura giapponese, ideato da Tomoki Kanazawa e diretto da Kan Eguchi, che racconta l’evoluzione di Kiyoshi Oze da ragazzo problematico e ribelle a professionista lottatore di sumo che aspira al titolo massimo di yokozuna. La Serie descrive anche la vita all’interno di una scuola di sumo e del mondo che gravita attorno allo sport nazionale, che è ricco di ritualità e disciplina, ma anche di difficoltà e fenomeni tossici come il nonnismo contro le giovani leve e la sete sfrenata di potere e gloria.

I giovani che si approcciano a questa disciplina sportiva sono spesso individui pieni di risentimento e rivalsa verso la società e la famiglia: anche coloro che osservano e cercano di raccontare questo microcosmo arcaico sportivo, come la giovane reporter Kunishima, desiderano rinnovare un mondo così attaccato alle tradizioni e il racconto di esso attraverso uno sguardo più critico; tuttavia, finiscono sempre con il maturare un desiderio di appartenenza e uno spirito di ammirazione verso questi robusti atleti che danno il massimo per onorare il proprio dohyo o più propriamente il loro santuario.

Vecchi valori contro idee ribelli

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Oze è un ragazzo che ha alle spalle problemi economici e famigliari e che, dunque, intraprende la carriera del sumo unicamente per il denaro: si comporta in modo scorretto sul ring, non si allena propriamente e litiga spesso con i colleghi della sua scuola che lo prendono in giro e lo provocano per ogni minima idiozia. Pochi credono in lui, come il giovane e mingherlino Shimizu e Kunishima, una giornalista dalle idee progressiste degradata nella sezione sportiva a seguito di uno scandalo avvenuto nella redazione politica.

Il ring ha due contendenti principali di carattere generazionale e i due non mancano di usare colpi bassi o strategie per far valere le loro idee: da una parte i giovani come Oze, Ryuki e Kunishima che, nella loro sfrontatezza e voglia di rivalsa, vogliono cambiare il mondo che li circonda o semplicemente raggiungere i loro sogni di rivincita sociale ed economica; mentre dall’altra una casta sportiva che respinge la modernità e che combatte per la sopravvivenza in un mondo in evoluzione tecnologica, attaccata ad un’immagine seria e purista di uno sport tradizionale.

All’interno di questo mondo non mancano le lotte interne per il potere, fatte con ricatti e manipolazioni subdole, come il piano di Inushima per affossare la scuderia di Ensho, scalare i vertici dell’associazione sportiva e, infine, preservare la compostezza e la serietà sul ring. Gli attori, seppur abbiano una recitazione fin troppo carica di espressività e molto “anime”, riescono a catturare la scena di Sanctuary, specialmente gli interpreti dei lottatori come Oze e Enya, protetto di Ensho, che dà il massimo in una scena toccante e rituale del taglio di capelli.

Menzione speciale al rivale del giovane Oze, il gigantesco e terrificante Shizuuchi, interpretato da un atleta professionista in carne e ossa, che non pronuncia mezza parola e fa parlare i suoi occhi e la cicatrice sul volto.

Sanctuary, uno sport drama che avanza a fatica

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Sanctuary descrive, in modo molto romanzato e carico, un mondo fatto di violenza e competizione in cui persone di varie classi sociali possono trovare una loro dimensione e un campo per esaudire i propri desideri: Oze, che guadagnerà il nome da shikona Enno, brama il denaro e la fama ma, apparentemente, lo fa con uno scopo benefico, ovvero quello di aiutare la famiglia sommersa dai debiti e coprire le spese mediche del padre malato. In seguito, imparerà a migliorare sé stesso e ad essere più disciplinato e rispettoso verso il suo “santuario”.

Allo stesso modo, la giornalista rimarrà impressionata dal percorso di Enno e lo incoraggerà ogni volta a dare il massimo e non più a rivoluzionare il sumo. Questo sta a significare che un mondo così fisico e incontaminato può resistere al tempo e trasmettere valori passati che si vanno sempre più a perdere.

Il primo atto scorre molto vivace e si vede una direzione specifica del messaggio della serie attraverso l‘arco drammatico del protagonista, ma rallenta proprio negli ultimi episodi quando le linee narrative dovrebbero concludersi e solo poche di esse giungono ad una fine; le sottotrame, inoltre, perdono completamente rilievo e si rivelano confuse come quella della scuderia di Ryuki.

Un uso smodato del rallenta a volte rende la scena fumettosa e molto caricaturale, quasi come se fosse una xilografia o una tavola di un manga. Il montaggio, in compenso, è degno di nota e riesce a essere molto effettivo e deciso nelle sequenze d’allenamento.

Sanctuary può essere vista come un romanzo di formazione sportiva o una visione molto eccentrica ed esagerata di uno sport che coinvolge un’intera nazione e affascina per la sua resistenza alla prova del tempo.


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Dal 1995 inseguo sogni e mostri. Che siano di plastilina o di pixel. Quando mi fermo scrivo poesie, giro qualche video e se riesco mi riposo cucinando una torta di ciliegie con un buona tazza di caffè con il sottofondo di una colonna sonora sognante o il nuovo singolo delle KDA.

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