Umanizzare i santi per ridare dignità ai migranti: è questo il gioco che mette in atto l’artista Massimo Pastore nel suo progetto fotografico intitolato Santi Migranti, fedelmente rappresentato dall’omonimo film proiettato in occasione della 27esima edizione dell’Artecinema Festival al Teatro Augusteo di Napoli.
Il parallelismo tra le figure dei santi e quelle dei migranti contemporanei riesce alla perfezione grazie a un ambizioso progetto fotografico che vede comparire sui muri di molte città italiane ed europee le immagini suggestive di santi rappresentati però con indosso le coperte isotermiche utilizzate durante i soccorsi via mare. È lo stesso Pastore a raccontare nel corso di Santi Migranti la genesi e l’impatto sociale di queste foto che sfidano il sistema di pregiudizio entro cui sono ricompresi i migranti, sollecitando un percorso di riflessione individuale.
Santi Migranti, opera-film di umanità
In Santi Migranti, infatti, si vede come siano diverse le reazioni di chi si imbatte a Napoli nei manifesti di santini dove sotto la foto invece che la solita preghiera l’artista ha raccontato il percorso di migrazione compiuto da quelli che prima di diventare santi erano solo persone comuni.
Lo spettatore scopre così che Santa Patrizia naufragò sull’isolotto di Megaride a Napoli prima di diventare una santa molto amata, mentre Brigida di Svezia partì dalla sua terra arrivando a morire in Italia. Insomma, il meccanismo razionale che l’artista vuole impartire è semplice: se anche questi individui, oggi lodati da tutti, quando erano in vita hanno compiuto un percorso di migrazione, allora i migranti che oggi tentano la salvezza nel Mediterraneo meritano di essere accolti.
Il messaggio politico-sociale di Pastore, camuffato in quello artistico, arriva allora dritto al punto, nel cuore della gente proprio perché, come afferma lui stesso, “questo lavoro è rivolto alla gente”. Ciò è ancora più evidente quando i manifesti vengono stracciati via, perché significa che a maggior ragione l’immagine è riuscita a smuovere qualcosa nelle coscienze.
Alcuni espedienti fungono da cassa di risonanza all’idea che l’artista vuole trasmettere con Santi Migranti. Innanzitutto, la scenografia essenziale della maggior parte degli spazi chiusi, mentre le strade della città partenopea sono ritratte fedelmente senza inquadrature eccezionali. La stessa semplicità la si ritrova nelle persone che vengono intervistate e nel modo in cui si pongono. L’impressione generale che se ne ricava è quella di un’impostazione minimalista che non vuole disturbare ma solo accogliere il potente significato della narrazione.
Bisogna dunque riconoscere alla pellicola il grande merito di aver reso noto questo progetto fotografico realmente in grado di sensibilizzare sul delicato argomento della migrazione e delle tragiche morti nel Mediterraneo, senza alcuna retorica o luogo comune, ma proponendo un ragionamento razionale che filtrato nella dimensione artistica risulta davvero vincente.
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