L’ossessione più violenta provoca piacere e il piacere porta verso luoghi inesplorati e ambigui di cui non possiamo fare a meno. Dre, protagonista di Sciame, è una ragazza introversa e taciturna che venera una cantante a tal punto da raggiungere il suo Nirvana, ascoltando le sue canzoni, partecipando ai concerti e alle discussioni nei commenti sui social. Cerca di difendere in ogni modo la sua musica ma anche la sua persona, attraverso atti di fanatismo puro che arrivano a farle compiere omicidi e a trasformarla radicalmente. Tutto questo per sentirsi abbracciata da un’estasi intima ed esagerata, parte di un’idealizzazione distorta del proprio idolo.
Sciame, la nuova Serie di Donald Glover e Janine Nabers approdata su Prime Video il 17 marzo, racconta l’incredibile e folle storia di una fan che farebbe di tutto per difendere la sua diva musicale. La Serie true crime prende spunto da una scia di omicidi compiuta da un appartenente al fan club di Beyoncè, il Bey Hive, uno dei fandom più agguerriti pronti a supportare e difendere, sui social e non solo a quanto si racconta, la loro Ape Regina.
Si parla anche di una costante spersonalizzazione e annullamento di sè per ritrovare un nido e toccare con mano la sensazione di essere parte di una comunità che pone al centro delle persone sopravvalutate all’estremo, fino a perdere il contatto con la realtà.
La fragilità dei personaggi e i loro peccati
Chi è il tuo artista preferito?
Dre
Ci sono due categorie per Dre: chi ama Ni’Jah e chi non la sopporta. I secondi sono i nemici assoluti, coloro che non hanno rispetto per lei ma soprattutto per la regina e ne minacciano l’integrità, l’ immagine e la famiglia e meritano di essere puniti. O meglio in questo caso, punti.
Il volto di Dominique Fishback domina la scena di Sciame con la sua repentina e mutevole espressività: il suo personaggio può cambiare da uno stato di totale apatia e disinteresse fino a scatti d’ira e violenza estremi. L’attrice si muove di pari passo con l’oscurità e la follia del personaggio come un’ombra, fino a prendere i suoi tic nervosi e le sue espressioni svogliate. Dre si preoccupa poco della sua immagine e sacrifica anche il suo corpo, le sue energie, il suo denaro e gli affetti per stare a contatto con l’idol, indirettamente e direttamente, sorpassando e calpestando la libertà degli altri.
Il suo mondo è abitato da persone che la vedono come un outsider, ma anche loro stessi sono reietti della società e affetti da manie e vizi: basti pensare alla spogliarellista interpretata da Paris Jackson e alla magnetica e manipolatoria Eva, leader di una setta femminile a cui Billie Eilish, alla sua prima apparizione in una Serie TV, presta corpo e voce. Entrambe decidono di sacrificare la propria personalità per qualcosa di inarrivabile e intangibile che le distacca dal mondo, in nome di una ricerca spirituale o dell’ambizione più sfrenata e finiscono nella traiettoria di una scheggia impazzita in cerca di identità e approvazione assoluta.
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Donald Glover, co-creatore di Sciame, seleziona il cast per rappresentare una minoranza e persone ai margini della società: sceglie maschere e simboli di un’umanità vuota e viziata, pronta all’estremo sacrificio pur di essere accettata o amata. Non a caso sceglie star del mondo musicale che possono sfruttare la loro voce come mezzo espressivo, mettendole volontariamente in situazioni di disagio e squallore: dai tempi di This Is America fino ad Atlanta, tutto è funzionale a una sarcastica ed estremamente aggressiva critica alla società americana.
Intelligente è stata anche la scelta di registi come Ibra Ake, Adamma Ebo e suo fratello Stephen per portare avanti ancora quel discorso provocatorio di critica, in questo caso verso i fan e i loro idoli, sempre più distanti tra di loro e dalla realtà.
L’arte dell’assassinio e l’assassinio per l’arte
Sciame trasporta lo spettatore non solo nella testa della fanatica, ma anche nell’America che sogna e che twitta nelle case fatiscenti e nelle feste più esclusive, tutte inquadrate da un formato e una grana vintage, tipica del cinema indie, che trasmette nostalgia e straniamento in ciò che guardiamo.
Incredibile rimane anche l’episodio documentaristico che sembra uscito da un programma del calibro di Cops. La violenza in questo caso barcolla tra il goffo e l’estetica horror simile ai film di Peele: si passa quasi da una camera a mano a inquadrature statiche e ferme che riprendono anche i comportamenti normali dopo l’omicidio, come le abbuffate e la pulizia della scena del delitto.
C’è un intento artistico e dimostrativo negli atti efferati di Dre, pari a quello descritto in un romanzo thriller, ma qui vediamo l’altra parte del coltello e in qualche modo compatiamo l’assassino che si aggrappa ad un commento pungente sullo schermo del telefono o ad un semplice e secco rifiuto per passare all’atto pratico: con poche frasi d’effetto alla Scream e un aspetto apparentemente innocuo siamo impietositi e desideriamo in qualche modo perdonare l’esistenza di una ragazza che vuole essere qualcuno e vuole farsi vedere da quel qualcuno, l’unico che possa farla sentire accettata, desiderata e amata.
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