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Scream VI

Scream VI, il ritorno di Ghostface

Un film imperfetto, ma un godibile tassello di un mosaico sempre più ambizioso

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8 minuti di lettura

Ghostface è tornato. In uscita nelle sale italiane dal 9 marzo, la celebre maschera ispirata all’Urlo di Munch fa di nuovo capolino in Scream VI, sesto capitolo di una delle saghe horror più conosciute di sempre. Sequel del requel Scream, Scream VI vede anche il ritorno alla regia di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, mentre riprendono i loro ruoli tutti i personaggi sopravvissuti nei film precedenti. O quasi tutti: grande assente per motivi meramente contrattuali è Neve Campbell, la protagonista storica Sidney Prescott.

C’è un nuovo assassino in città

È passato appena un anno dall’ennesimo massacro di Woodsboro, e le due sorelle Sam (Melissa Barrera) e Tara (Jenna Ortega) tentano di farsi una nuova vita a New York. Se quest’ultima riesce a contrastare il trauma con una certa spensieratezza, è la seconda ad avere molte più difficoltà. Sfiducia, depressione, terrore che un nuovo killer possa ripresentarsi, ecco che cosa segna la psiche della giovane Sam. Infatti, la vita in una città così diversa da Woodsboro non sembra cambiare le cose; le ferite del recente massacro, ancora freschissime, si riaprono in fretta quando un nuovo Ghostface ricomincia a perseguitare le due sorelle. È l’inizio di un nuovo incubo, molto più violento di quelli precedenti.

Come già anticipato, Scream VI è il sequel di un requel, ovvero il secondo capitolo di una storia che rientra in un universo narrativo preesistente e strutturato. L’universo in questione è quello in cui si inseriscono i primi quattro capitoli di Scream, tutti diretti dal maestro dell’horror slasher Wes Craven e sceneggiati da Kevin Williamson. Un’operazione sostanzialmente complessa, ma che molte altre saghe hanno compiuto in modo più o meno riuscito. Star Trek, Jurassic Park, Ghostbusters, questi sono solo alcuni prodotti super conosciuti che, accomunati da una certa riscrittura della storia originaria, hanno tentato di aggiungere – o reteirare – tematiche, stilemi e specifici canovacci di un dato genere.

Tutta colpa di un particolare tipo di nostalgia, veicolata da un pubblico che preferisce ancorarsi a un preciso habitat narrativo. James Vanderbilt e Guy Busick, gli sceneggiatori del già citato Scream, ne erano consapevoli; costruire una storia del tutto slegata dai precedenti avvenimenti sarebbe stato un rischio eccessivo. E così, con una certa arguzia, la scelta felice dei due di imparentare nel capitolo del 2022 Samantha con Billy Loomis, il primissimo killer, e i gemelli Meeks (Jasmin Savoy Brown e Mason Gooding) con il loro zio Randy. C’è da chiedersi, però, cosa aspettarsi in questo secondo atto del requel. Il ritorno del “vecchio” avvalorerà ancora una volta il “nuovo”?

Una riflessione sull’horror

Scream VI

Scream VI non è nato sotto i migliori auspici. La defezione di Neve Campbell, a tutti gli effetti la stella polare dei precedenti film, poteva essere un colpo pesante, quasi mortifero, per una saga che aveva fatto della sua eroina un indiscusso punto di forza. In più, l’uscita di scena nell’ultimo capitolo di uno dei personaggi più amati, ossia l’ex vice-sceriffo di Woodsbouro Dwight Riley, ha rappresentato un’altra sfida assai difficile da fronteggiare. Ma ecco, a venire in soccorso ad una storia orfana di questi due capisaldi è il vero e proprio cuore pulsante di tutta la saga ideata da Craven e Williamson: la riflessione ironica e sagace sugli stereotipi più caratteristici dei film horror.

Riflettere sui film horror significa anche smontarli, smascherandone effetti e soluzioni il più delle volte ripetitive. E smascherare, ovviamente, significa anche ragionare in modo scientifico, dandosi delle regole quantomeno esaustive. Ma se in un qualunque film horror la sopravvivenza dei personaggi sembra legata al rispetto di alcune regole – Randy nei primi due film del franchise ne stila persino un elenco – il valore di una saga come Scream sembra invece dipendere da una sorta di trasgressione delle stesse. E così, per sfuggire a un difetto costitutivo del genere horror, cioè la reiterazione, ogni film con Ghostface ha sempre rimesso in discussione i principi basilari degli slasher movie. L’edificio filmico costruito finora non è mai crollato, nemmeno dopo Scream VI.

Scream VI, un buon tassello imperfetto

Scream VI

Il film diretto da Bettinelli-Olpin e Gillett si può considerare un’operazione a conti fatti riuscita. Innanzitutto, il “nuovo” portato avanti da Barrera e Ortega – quest’ultima, sempre più alla ribalta dopo la serie Mercoledì – è ben bilanciato dal “vecchio” con l’intelligente riproposizione di personaggi storici come Gale Weathers (Courtney Cox) e Kirby Reed (Hayden Panettiere); inoltre, risulta ancora più convincente l’ambientazione urbana dentro cui si muove il nuovo assassino, il quale, uscendo dai territori circoscritti di una piccola cittadina americana, imperversa con grande violenza anche nei confini di una città multiculturale e storicamente accogliente come la Grande Mela.

Al netto di una sceneggiatura calibrata e di molte scene molto ben dirette e cariche di tensione – una su tutte, quella ambientata in una metropolitana affollatissima -, Scream VI presenta difetti che fanno storcere non poco il naso. Ad esempio, nella seconda parte del film ci sono alcuni snodi narrativi non proprio fluidi, mentre la scelta del serial killer non sembra valorizzare le “nuove regole” perspicacemente fissate in questo sesto atto. I tempi cambiano, così come le armi utilizzate dal nuovo Ghostface; pertanto, Scream VI avrebbe di sicuro beneficiato di un assassino smosso da motivazioni più sorprendenti, non per forza ancorate ad un passato che la saga tenta ingegnosamente di rinnovare.

Nonostante ciò, l’ultimo lavoro di Bettinelli-Olpin e Gillett resta un buon tassello di un mosaico sempre più ambizioso. Ipercitazionista e piuttosto fedele all’ironia metacinematografica dei precedenti capitoli, Scream VI non solo si conferma una saga in buona salute; forte di un’estetica capace di attrarre ancora il grande pubblico, esso si rivela una rinnovata dichiarazione d’amore a uno dei generi cinematografici più complessi di sempre. Perché, forse, alla domanda “qual è il tuo film preferito?” non si sceglierà quasi mai un film horror. Ma alla domanda “qual è il tuo film horror preferito?”, la scelta, a prescindere dall’effettiva qualità artistica della pellicola, è e sarà per sempre altrettanto ampia.


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Napoletano, classe 1996, laureato in Filologia moderna e con un master in Drammaturgia e Cinematografia. Perennemente alla ricerca di sonno, cibo e stabilità psicofisica, vivrebbe felice anche nel più scoraggiante dei film di Von Trier, ma si accontenta della vita reale insegnando nelle scuole ad amare le belle storie. Nulla gli illumina gli occhi più del buio di una sala.

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