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«Servant»: la serie di M. Night Shyamalan

4 minuti di lettura

M. Night Shyamalan è un autore che si ama o si odia. Dall’immenso successo de Il sesto senso alle critiche mosse a Glass, il regista indiano naturalizzato americano torna, in compagnia del secondo regista Daniel Sackheim, con una serie tv sconvolgente: Servant.

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«Servant», la serie horror di Apple TV

Un bambino fin troppo silenzioso quello di Dorothy e Sean. Un fagottino da amare e coccolare se non fosse per una crudele realtà: il bambino non è altro che una bambola Reborn, un sostituto del figlio che hanno perso. Ma le stranezze non finiscono qui. Dorothy, la madre del bambolotto Jericho, decide di assumere una tata per aiutarla ad occuparsi di lui.

Abbastanza inquietante? Non per il regista. La tata scelta infatti, Leanne, non si scompone minimamente alla vista della bambola e la tratta come fosse un bambino vero. In tutta questa situazione, il marito Sean sembra l’unico sano di mente e spiega alla nuova baby sitter che il bambolotto altro non è che un oggetto transizionale per la terapia della moglie, che non ha accettato la morte del figlio. Ma Leanne non sente ragioni: continua il suo compito come se il bambino fosse reale…

Servant
meteoweek.com

Una Mary Poppins in salsa dark

La serie prende subito una piega giallo-horror: chi è in realtà questa novella Mary Poppins così dolce e inquietante al tempo stesso? Ad indagare insieme a Sean che non vuole turbare con le sue congetture la moglie psicologicamente instabile, c’è l’amico Julian (interpretato da un fantastico Rupert Green). Insieme a loro scopriremo non solo le origini di Leanne, ma anche cosa è successo di preciso a questa famiglia.

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Servant
blog.screenweek.it

L’orrore della vita vera

Una serie tv che di orrore ha molto, ma non come lo intendiamo. È vero, Leanne è una ragazza inquietante che nasconde un terribile segreto e la sua Bibbia e il suo strano crocifisso ci mettono subito in allarme. Ma il vero orrore è un altro.

La tragedia che ha colpito la famiglia Turner va oltre l’attenzione per la baby-sitter. La perdita di un figlio infatti, che giustifica la presenza di una bambola così realistica in casa, porta lo spettatore ad immedesimarsi nella madre che viene portata alla pazzia dalla perdita o nel padre che tenta di andare avanti come può.

Un’ atmosfera pesante e soffocante quella che ci mette davanti Shyamalan che non perde il suo tocco per i plot twist e che ci spinge ad andare avanti puntata dopo puntata, indizio dopo indizio, fino alla conclusione della prima serie.

Non resta che aspettare la seconda stagione per capire fino in fondo cosa diavolo stia succedendo.

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Ciao! In queste poche righe mi devo descrivere e ne sto già sprecando parecchie quindi andiamo al sodo. Sono Azzurra, copywriter freelance e mi occupo di comunicazione creativa. Figo vero? Dalla mia bella Verona scrivo per lavoro e per passione. Venite a trovarmi! Sono quella col cappello e l’orologio da taschino.