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Sette re devono morire, la recensione del film Netflix

5 minuti di lettura

Sette re devono morire è un film prodotto da Netflix, chiusura della storia di Uthred di Bebbamburg, già raccontata nella Serie TV The Last Kingdom. La serie, come già altre che raccontavano i vichinghi e il loro intreccio con l’isola d’Inghilterra, cercava di spiegare, unendo fatti reali e finzione, la formazione del primo vero regno unito di Inghilterra, dopo un periodo fatto di divisioni, a cavallo dell’anno 1000.

Anche questo film cerca di mitizzare la nascita del regno unito, mostrandoci l’insieme di popoli che lo ha vissuto e che hanno lottato per conquistare quell’isola. The Last Kingdom, e questo film di conseguenza, si inseriscono in quel gruppo di sere e film che raccontano la storia mescolando miti e leggente a realtà documentata, raccontando i popoli germanici e vichingi, come Vikings, Barbari e Valhalla, tre serie disponibili su Netflix.

La trama di Sette re devono morire

Sette re devono morire

Il film inizia in medias res. Sembra l’inizio di una puntata di metà stagione. Sette re devono morire infatti, presenta alcuni dei suoi personaggi come se li dovessimo già conoscere, aggiungendo una scritta in sovraimpressione per ricordare il ruolo del personaggio nello scacchiere politico della serie.
Il re sassone Edoardo è morto, e nasce uno scontro tra i due figli per la successione. Nel frattempo questa situazione di incertezza fa nascere un’alleanza di re, irlandesi, scozzesi, gallesi e delle isole inglesi che si scaglia contro il nuovo re. Questa alleanza vuole lottare per annullare l’egemonia Sassone sull’isola.

Da questo scontro nascerà forse il proto-regno d’Inghilterra. In questo marasma seguiamo infatti Uthred di Bebbanburg, già protagonista della serie originale, che cerca di non far cadere l’isola inglese in guerra, mediando tra le due parti. Uthred percepisce che sta per arrivare il momento di unire l’Inghilterra sotto un unico re, e nonostante le mille difficoltà lotterà per tutta la pellicola al fine di realizzare questo sogno.

Il film intrattiene e riesce ad essere spettacolare attraverso le battaglie campali che ci sono nella seconda parte. La storia risulta però troppo ricca per essere raccontata nelle due ore del film. È come se gli sceneggiatori avessero compresso la sceneggiatura dell’ipotetica sesta stagione di The Last Kingdom in un film conclusivo. Per questo ci sono continui capovolgimenti e colpi di scena, spiegati in maniera troppo rapida e frettolosa. Soprattutto nella prima parte si corre molto con continui avvenimenti che potrebbero stancare lo spettatore prima del finale action.

Azione ed epica nonostante qualche incertezza

Sette re devono morire

È quello, infatti, il punto forte di Sette Re devono morire. Il combattimento finale è curato e realistico, risultando spettacolare e ricco di pathos, anche perché attraverso di esso si vengono a riunire tutte le linee narrative aperte durante l’incipit della pellicola. Le interpretazioni sono nella norma, funzionali a un film come questo, basato sull’azione. Gli attori vanno ormai col pilota automatico, tornado ad interpretare ruoli già conosciuti e che gia padroneggiano.

Interessante è anche l’utilizzo della profezia che annuncia la morte di sette re. La profezia viene detta ad inizio film, avendo la funzione di far rimanere attento lo spettatore e fargli fare teorie sul finale. Un film quindi tutto sommato promosso, che avrebbe potuto essere tranquillamente una nuova stagione della serie, ma che gli sceneggiatori e showrunner hanno preferito trasformare in film per avere più budget e riuscire a costruire in due ore un film avvincente e ricco, con scontri degni di nota, epici ed elaborati.

Sette re devono morire è la conclusione epica del percorso di Uthred e di tutta The Last Kindom. Il degno finale di una serie che ha appassionato molti spettatori, ma anche un film che può essere visto senza essere fan della serie originale. Una pellicola che coinvolge e un finale che commuove pur lasciando aperta una porta a possibili ritorni e sequel.


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Nato a Fermo, anno 1997. Scopro la passione per il cinema e per le serie tv durante l'università, studiando tutt'altro. Appassionato di film scomposti, imperfetti ed esageratamente lunghi, il mio regista preferito è Guillermo Del Toro. Le altre passioni sono la letteratura, il ciclismo e la politica.

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