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Sex Pistols, 3 film per ripercorrere la storia della Band che uccise Bambi

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15 minuti di lettura

Danny Boyle ha realizzato per Hulu Pistol, una Serie TV che racconta la storia dei Sex Pistols dalle origini fino alla tragica fine, ma altri prima di lui si sono approcciati con la materia punk nel tentativo di realizzare il film sui Sex Pistols. Ogni volta la storia raccontata si rivelava parziale, a causa dell’intenzione di esporre gli avvenimenti da un punto di vista preciso e non oggettivo con il risultato di un prodotto fazioso e incompleto.

Proponiamo dunque i tre principali film sui Sex Pistols realizzati dagli anni ‘80 a oggi, un approfondimento che parla di cinema e dell’incredibile storia punk band inglese.

Who killed Bambi?, ovvero il film che non fu, e Number1

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Malcom McLaren all’interno della sua strategia di promozione dei Sex Pistols (e di sé stesso come unico vero ideatore e creatore del fenomeno punk inglese) prevede la realizzazione di un film con i componenti della band come protagonisti. Il primo tentativo di film sui/con i Sex Pistols si intitola Who killed Bambi? ed è un film incompiuto. Alla regia del progetto doveva esserci Russ Meyer e la sceneggiatura portava la firma del critico cinematografico Roger Ebert, ma il film non fu mai realizzato, ne rimane solo la sceneggiatura pubblicata nel 2010 proprio da Ebert sul suo blog.

A Russ Meyer succede così Julien Temple, un ragazzo che frequentava la scuola d’arte che apparteneva all’entourage dei Sex Pistols dal 1975, a seguito di uno scontro con Malcom McLaren per delle riprese effettuate a un concerto della band. McLaren non voleva nessuna ripresa dei concerti dei Sex Pistols e quando scoprì Temple con una telecamera presa in prestito dalla scuola i due trovano un accordo.

McLaren acquista tutte le riprese e Temple inizia a lavorare per lui e la band registrando, tra il 1976 e il 1977, una quantità immensa di materiale, filmando tutte le esibizioni dei Sex Pistols oltre che vari momenti importanti della loro vita e carriera. Temple usa questo materiale per Number1, primo film effettivamente realizzato sui Sex Pistols, in cui viene raccontata la storia della band, ma poi si dedica immediatamente a The great rock’n’roll swindle.

The great rock’n’roll swindle, Julien Temple, 1980

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La prima idea del film risale al 1977 ma tra l’ideazione e la realizzazione i Sex Pistols, all’epoca la band più famosa del mondo, si sciolgono. Da un lato era la cosa più punk che potessero fare, l’estremo atto per fottere il sistema, dall’altro dimostrarono quanto il punk fosse imprevedibile e impossibile da ingabbiare. Lo scioglimento della band e i cattivi rapporti tra i vari personaggi coinvolti influiranno non poco sulla realizzazione del film.

The great rock’n’roll swindle si presenta come un mockumentary diviso in dieci capitoli che sono le dieci lezioni di McLaren su come truffare l’industria discografica. La sua tesi era di essere riuscito a fregare l’industria discografica mettendo in pratica le teorie situazioniste di cui era affascinato: rivolgendosi direttamente al pubblico narra la sua storia, di come sia riuscito a costruire da zero una band composta da persone prive di talento, il cui successo era merito esclusivo delle sue azioni di marketing, le sue trovate e la definizione di un look sconvolgente e d’effetto con l’aiuto della moglie stilista.

Temple monta affianco a riprese d’archivio, scene realizzate appositamente, disegni animati, spezzoni di televisione degli anni ‘70 con l’intenzione di richiamare il più possibile l’estetica punk dei Sex Pistols. Il richiamo ai collage di Jamie Reid (grafico della band a cui si deve la realizzazione dell’iconica copertina dell’album Never Mind The Bollocks, Here’s The Sex Pistols e il ritratto della regina Elisabetta II in versione punk con la spilla da balia) è indubbio e sia questo che il film successivo di Temple sono un chiaro esempio di messa in pratica della filosofia dada e del principio punk do it yourself che caratterizzavano il movimento.

The great rock’n’roll swindle racconta solo una parte della storia, omette completamente fatti e punti di vista importanti, Temple stesso si ritrova coinvolto in un progetto a cui non sente di aderire completamente; si era avvicinato ai Sex Pistols perché attratto dalla loro forza e irruenza, convinto della loro autenticità. Tornerà a ragionare su questo materiale anni dopo cercando di rispondere all’esigenza di riscatto rispetto a questo lavoro, con l’intenzione di raccontare davvero la storia dei Sex Pistols, questa volta dal loro punto di vista.

The filth and the fury, Julien Temple, 2000

Julien Temple torna a mettere mano al materiale accumulato negli anni ‘70 e questa volta realizza un film con la collaborazione diretta di tutti i Pistols, Lydon compreso (tutti escluso Sid Vicious che era morto per overdose nel 1979, la cui testimonianza è resa attraverso filmati di vecchie interviste). L’intenzione era quella di realizzare il vero film sui Sex Pistols, quello che in fin dei conti non si era mai concretizzato.

Prima della produzione i Pistols avviano e vincono un caso legale contro McLaren per il controllo sul nome, sulle canzoni e su tutto il materiale che riguardasse i Sex Pistols, così molti filmati già utilizzati in The great rock’n’roll swindle e altri ancora inutilizzati confluirono nel film del 2000.

Pur mantenendo la medesima estetica, The Filth and the Fury si presenta, nell’intento e nel contenuto, come un film completamente diverso dal precedente, se nel primo film la parabola dei Sex Pistols veniva rappresentata esclusivamente come un’operazione di marketing e un atto provocatorio da parte di McLaren, ora il manager è per lo più assente e l’attenzione è concentrata esclusivamente sui componenti della band.

Entrambi i film, però, propongono storie parziali che non riescono a rendere il racconto per intero: eliminare l’apporto di McLaren o ridurlo al minimo è comunque un’inesattezza perché in fin dei conti il fenomeno Sex Pistols è nato grazie alla combinazione di intenti da parte della band come di McLaren e togliere uno dei due elementi non avrebbe portato al risultato raggiunto.

The Filth and the Fury, oltre a proporre la cronistoria dei fatti salienti e delle esperienze che hanno segnato la storia della band inglese attraverso le testimonianze dirette, riesce a raccontare i veri rapporti all’interno del gruppo, rendere gli umori di quegli anni e restituirne l’atmosfera. Inoltre posiziona l’esperienza dei Sex Pistols all’interno della storia culturale e popolare inglese, evidenziandone l’indiscussa rilevanza ma anche una costante ambiguità che ha accompagnato la band per tutta l’esistenza ed è ancora al centro del dibattito.

Soprattutto per l’apporto fondamentale di McLaren e vista la breve durata, i Sex Pistols vengono fortemente criticati per essere un prodotto costruito e venduto al mainstream, un’esperienza contrapposta a quelle più autentiche e di maggior impegno sociale di band che sono venute dopo, come per esempio quella del gruppo anarcopunk dei Crass. Sicuro è, però, che i Sex Pistols sono la prima punk band inglese, coloro che hanno portato alla ribalta il movimento e hanno per primi scosso le classifiche e l’opinione popolare.

Oltre a filmati di repertorio e spezzoni di programmi tv Julien Temple inserisce in The filth and the fury molte scene prese dal Riccardo III di Shakespeare nella trasposizione del 1955 di Laurence Olivier; il significato è duplice: sicuramente un collegamento tra la cultura tradizionale inglese e la nuova ondata distruttrice dei Sex Pistols, quindi il nuovo che cancella il vecchio, ma anche una dichiarazione di associazione in quanto i Sex Pistols sono negli anni ‘70 il fenomeno culturale che riesce maggiormente a parlare al popolo così come è stato Shakespeare a suo tempo.

L’unione tra cultura alta e bassa è ciò che contraddistingue da sempre la cultura pop, nel senso di popolare, e John Lydon incarna direttamente questa ambiguità: il personaggio del Riccardo III è ispirazione per la definizione del suo stesso personaggio Johnny Rotten: possiamo vederlo grazie alle riprese di repertorio delle esibizioni della band, la presenza sul palco di Rotten è unica e sconcertante, il suo modo di muoversi ha un precedente proprio nella figura teatrale deforme e grottesca.

Julien Temple come figura testimone dei fatti si è dimostrata la persona migliore per raccontare la storia dei Sex Pistols, lasciando la parola ai protagonisti, rimanendo in silenzio, ma trovando fiducia e comunanza con i ragazzi con cui aveva condiviso un pezzo di storia.

Sid e Nancy, Alex Cox, 1986

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Il film di Alex Cox, presentato in anteprima al festival di Cannes nel 1986, racconta la storia di Sid Vicious (Gary Oldman), la sua esperienza nei Sex Pistols ma soprattutto la sua relazione catastrofica con Nancy Spungen (Chloe Webb).

Sid Vicious era un amico di John Lydon, primo e più sfegatato fan dei Sex Pistols li seguiva dappertutto e all’espulsione di Glen Matlock dalla band, fu scelto per rimpiazzarlo. Icona del punk ne incarnerà gli aspetti peggiori, diventando il simbolo di una generazione incazzata e senza futuro. Nancy Spungen era una groupie conosciuta da chiunque nell’ambiente punk newyorkese. Arriva a Londra nel 1977 a seguito di Johnny Thunders e Jerry Nolan degli Heartbreakers (ex New York Dolls); affascinata dal fenomeno Sex Pistols ne entra subito in contatto iniziando una relazione con Sid Vicious, lui aveva vent’anni, lei diciannove. Fin da subito la loro relazione fu segnata dall’uso sempre più frequente di eroina, diventando presto un rapporto simbiotico e problematico.

Il film inizia con il ritrovamento del corpo di Nancy Spungen, pugnalata nel bagno della camera che condivideva con Sid Vicious al Chelsea Hotel. Segue l’arresto di Vicious e il suo interrogatorio, è il racconto del ragazzo che ci porta indietro nel tempo a ripercorrere le tappe della storia d’amore tra i due.

Sid Vicious è vittima prima che dell’eroina del fenomeno stesso dei Sex Pistols, scelto come bassista unicamente per il suo aspetto e per il suo look si ritrova succube di quella stessa logica malata, tossica e e autodistruttiva che alimentava gran parte del movimento, ne incarna le derive più estreme in un delirio nichilista in cui il rifiuto per il futuro rimane l’unico motto possibile.

Il film mostra la parabola della band sempre dal punto di vista di Vicious e lo segue anche dopo lo scioglimento della stessa, durante la discesa negli anfratti peggiori della dipendenza. Vicious è totalmente perso, smarrito a causa della droga, interpreta un personaggio che è sempre più una macchietta di se stesso. L’estrema disperazione in cui versano i due stride con i fasti, l’euforia e la spensieratezza dell’inizio e lo squallore della dipendenza colpisce quanto un pungo nello stomaco. Vicious ne esce come vittima, prima di tutto della macchina dello spettacolo, scelto e usato come pupazzo da McLaren, vive i suoi quindici minuti di celebrità per poi sprofondare nelle acque più buie della dimenticanza.

Sid e Nancy offre uno sguardo all’interno del movimento senza abbellimenti, idealizzazioni o patinature di sorta, è uno sguardo sincero, aderente in modo quasi fastidioso alla realtà e Cox riesce a restituirci perfettamente l’atmosfera disperata, nichilista e al limite che fu terreno fertile per il nascere della temperie punk.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

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