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Silo, la Serie TV distopica con Rebecca Ferguson è un altro successo per AppleTV+

7 minuti di lettura

La trilogia bestseller di Hugh Howey prende vita su AppleTV+ in Silo, una produzione originale che se la gioca sul fascino ansiogeno di un futuro distopico dove il mondo è al collasso e la realtà non è mai ciò che sembra. Silo sorge su un groviglio di segreti sepolti in profondità, un groviglio che i suoi protagonisti vogliono districare a costo della vita. La narrazione si costruisce come un puzzle e si colloca a metà tra un thriller e uno sci-fi. Silo reclama l’attenzione dello spettatore, chiamato a indagare su misteriose questioni senza risposta, che si diramano a partire dalla domanda fondamentale: cos’è il silo e chi lo ha costruito?

Silo è interpretata da un cast d’eccezione guidato da Rebecca Ferguson (Dune), che è anche produttrice esecutiva. La Serie TV è creata dal nominato agli Emmy Graham Yost, qui sceneggiatore e showrunner. Il candidato all’Oscar Morten Tyldum (In difesa di Jacob, The Imitation Game) dirige i primi tre episodi. Silo arriva su Apple TV+ il 5 maggio con i primi due episodi dei dieci totali, seguiti da un nuovo episodio settimanale, ogni venerdì fino al 30 giugno.

Silo è prodotta per Apple TV+ da AMC Studios e basata sui romanzi di Hugh Howey. La Serie TV è prodotta da Graham Yost, Hugh Howey, Morten Tyldum e Rebecca Ferguson, insieme a Nina Jack, Fred Golan, Rémi Aubuchon e Ingrid Escajeda.

Il Silo ci protegge, ma da cosa?

rashida jones silo david oyelowo

A causa delle condizioni estreme in cui versa il pianeta, gli ultimi diecimila abitanti della Terra vivono dentro un enorme silo sotterraneo. Potremmo dire che il mondo esterno, descritto come tossico e mortale, sia un ricordo lontano. Tuttavia, neanche questo è concesso ai sopravvissuti: nessuno sa come fosse la vita in passato. La vera distopia non è rappresentata dal vivere rinchiusi, senza alcun contatto con la natura – tema comunque estremamente attuale, dato l’inasprirsi del dibattito ambientale -, ma dalla cancellazione della memoria storica dell’umanità.

La Storia appare fin da subito manipolata, riscritta in favore del mantenimento dell’ordine: i cittadini del Silo devono restare all’interno, altrimenti potrebbero morire, e non devono rinnegare le gesta eroiche di chi ha combattuto affinché le orde ribelli che un tempo volevano distruggere la struttura fossero fermate.

tute voglio pulire silo serie tv appletv+

Coloro che desiderano uscire, vengono accontentati. La decisione è irrevocabile: chi annuncia di “voler pulire” è obbligato a varcare la soglia del Silo. Il malcapitato indossa una tuta isolante, simile a quelle degli astronauti, e viene provvisto di detersivo e strofinaccio. Con questi, potrà decidere se lavare il vetro della finestra della sala comune, l’unico che mostra l’esterno agli abitanti del Silo. La cerimonia si svolge come un rituale pubblico: la persona esce, fa qualche passo, spesso pulisce il vetro nell’esultanza macabra della folla radunata nella sala, procede di nuovo verso l’orizzonte e stramazza al suolo, apparentemente soffocato dai veleni presenti nell’atmosfera. L’entusiasmo allora scema. Gli spettatori, ormai indifferenti, tornano alle loro faccende.

Il velo di Maya dovrà essere squarciato

Non sappiamo perché siamo qui. Non sappiamo chi ha costruito il Silo. Non sappiamo perché tutto fuori dal Silo è così com’è. Non sappiamo quando sarà sicuro uscire. Sappiamo solo che quel giorno non è oggi

Formula recitata spesso in Silo

Nessuno sa quando o perché il Silo sia stato costruito, chi cerca di uscire è considerato un pazzo mentre chi indaga sulla sua progettazione viene misteriosamente messo a tacere. Troppe coincidenze e ritrovamenti inaspettati destano i sospetti di un pugno di abitanti, le cui vite si intersecheranno alla ricerca della verità. Rashida Jones è Allison, un’esperta di informatica sposata con David Oyelowo, lo sceriffo Holston. È lei la prima a porsi degli interrogativi. Rebecca Ferguson interpreta invece l’ingegnera Juliette, che assume un ruolo sempre più centrale col passare degli episodi ed è mossa inizialmente dalla perdita di una persona cara, data per suicida ma morta in circostanze misteriose.

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L’idea che inizia a circolare tra i piani del Silo (che ricordano un po’ i livelli di Coruscant in Star Wars), è che il mondo esterno non sia così male come viene dipinto. Ma allora, perché chi esce muore nel giro di pochi minuti? E chi può trarre un guadagno dall’isolamento dell’umanità in un singolo edificio sotterraneo? Quella di Graham Yost è una distopia politico-sociale prima ancora che ambientale: la popolazione sottostà persino all’approvazione dei partner sessuali da parte delle istituzioni governative. Il monitoraggio delle abitudini dei cittadini è ferreo e le regole da rispettare troppe; c’è poi chi nutre il sospetto che ci siano spie ovunque.

All’interno del Silo, sembra che gli anni ’80 siano appena iniziati, congelati e gettati decenni nel futuro: pesanti computer fissi negli uffici, meccanica di base che manda avanti l’intera struttura, l’universo virtuale non è neanche immaginato. Il calore e la penombra di certe inquadrature ci soffocano, disabituati come siamo a un’esistenza trascorsa completamente al chiuso.

Questa sensazione contribuisce, assieme al ritmo della narrazione, a generare un clima d’angoscia che tiene incollati allo schermo. Cosa c’è fuori dal Silo? Gli spettatori restano in bilico tra la verità sperata e la menzogna della quale sappiamo ancora troppo poco. Il vetro sporco di quell’unica finestra nella sala comune è un velo di Maya fisicamente presente in scena, che deve essere infranto per conoscere la realtà.

Passo dopo passo, gli indizi vengono a galla. Finalmente una Serie TV non scontata, che invita alla partecipazione attiva e sa coinvolgere il suo pubblico.


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Classe 1998, con una laurea in DAMS. Attualmente studio Cinema, Televisione e Produzione Multimediale a Bologna e mi interesso di comunicazione e marketing. Sempre a corsa tra mille impegni, il cinema resta il vizio a cui non so rinunciare.

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