Si è aperta mercoledì 21 luglio la 4° edizione del Filming Italy Sardegna Festival, manifestazione che unisce cinema e televisione con proiezioni, incontri e presentazioni. Ospitata al Forte Village di Cagliari fino al 25 luglio, la kermesse ha trasferito parte del programma online sulla piattaforma Mymovies, rendendo visibile su invito proiezioni e masterclass con personalità del cinema internazionale. Tra i titoli disponibili, alcuni lavori presentati in collaborazione con Women in Film, tra i quali Sola in discesa, cortometraggio di Claudia Di Lascia e Michele Bizzi.
Lo spazio angusto di Sola in discesa
Malgrado la didascalia finale – in bilico tra pubblicità progresso e videoclip di denuncia – Sola in discesa è un’opera misurata: ogni gesto, ogni sguardo, ogni ansito, hanno un significato. Tutto è profondo, urticante, e di un’intensità mai banale. Lo spazio, anzitutto, che restituisce l’idea dell’attesa, di un’asfissiante interregno. E poi la discesa, verso gli inferi e nelle proprie viscere, in un percorso à rebours, alle origini del male. Il tema, urgente e scivoloso, è quello della violenza contro le donne, una materia “ricca”, trattata con pennellate decise, col senso acuto del minimo dettaglio, dalle luci artificiali al rosso traboccante.
Chiusa in un ascensore, la protagonista vede sfilare gli uomini della sua vita: un campionario di individui laidi, volutamente grotteschi, tesi a incarnare ogni sfumatura della violenza. Il discorso è ridotto al minimo, poche parole di orrore contro il silenzio della donna, che esibisce – al contrario – un’incontinenza visiva, uno sguardo atterrito eppure puntuto, in grado di mettere a fuoco l’invisibile, di fratturare il reale.
Sola in discesa e le sfumature della violenza
La scelta della soggettiva, fondamentale per portare a sé lo spettatore, rompe qui la neutralità delle immagini, esige da chi le osserva una presa di posizione: se farsi complice dei suoi messaggi, e assecondarli dietro la maschera del turbamento, o se opporsi a quei contenuti, lasciando che emerga quanto vi è sotteso. Gli incontri della protagonista sono flash memoriali, istantanee che tornano a balenare nel buio e ci scuotono, ci assediano. Il fattorino che la molesta, un prete che declama precetti della Bibbia – con il primato dell’uomo sulla donna – un marito violento, volgare. E ancora: il capo che chiede favori sessuali, un ginecologo obiettore che sentenzia sulla vita sessuale, un giovane che tenta di stuprarla in discoteca.
Nel frattempo l’ascensore scende, diventa una macchina del tempo, un obiettivo puntato sulla solitudine, con specchi vuoti che riflettono l’altro da sé, la violenza che ha origini antiche. La donna non si vede – siamo noi – e solo al cambio di prospettiva notiamo che diventa più giovane, prima quarantenne, poi ventenne, infine bambina. E qui incontra l’ultimo “ostacolo”, un coetaneo che le dice: «Sei solo una femmina». Il messaggio è nobile, funziona: “Il rispetto per le donne si impara da bambini”. Peccato, ripeto, per la didascalia didattica. Meglio sarebbe stato, forse, chiude con la frase successiva, di Kofi Annan: “La violenza contro le donne è una delle più vergognose violazioni dei diritti umani”.
Il cortometraggio è disponibile per la visione su: Rai Cinema, Mymovies (previo invito) per la durata del Filming Italy Sardegna Festival.
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