Il 2 aprile sono andate in onda su Sky Atlantic le ultime due puntate di Speravo de morì prima, miniserie diretta da Luca Ribuoli. La serie è incentrata sugli ultimi anni di carriera di Francesco Totti, celebre giocatore e storico capitano della Roma. Per chi fosse digiuno della sua storia, Totti ha militato nella Roma per ben venticinque anni consecutivi, esordendo in Serie A a soli sedici anni, nel lontano 1992. Con la Roma ha vinto tanto: uno scudetto nella stagione calcistica 2000-2001, due Supercoppe italiane, due Coppe Italia; ha battuto qualunque record, collezionando importanti trofei individuali; inoltre, è stato uno dei protagonisti principali del Campionato mondiale di calcio nel 2006.
Speravo de morì prima è basata sull’autobiografia intitolata Un capitano, scritta dall’ex-calciatore in collaborazione con il giornalista Paolo Condò. La SerieTV è riuscita, nel suo piccolo, a donare un discreto prodotto focalizzando l’attenzione su un uomo che per molti, in particolar modo per i tifosi più rappresentativi, raffigura un vero e proprio simbolo.
All’indomani della messa in onda delle prime due puntate, la SerieTV aveva scatenato qualche critica, specie da parte di chi ci ha visto una semplice narrazione di due parti contrapposte: da un lato il Capitano e dall’altro l’ex allenatore Luciano Spalletti. È noto, infatti, il disaccordo che ha portato i due a dividere lo spogliatoio, nonché l’intera Città. Critiche arrivate anche da parte dell’ex compagno di squadra, Antonio Cassano, il quale ha voluto mettere in luce una completa assenza di familiarità con il personaggio, marcando momenti del rapporto che ha avuto con la famiglia Totti per niente conformi alla realtà rappresentata dalla serie.
A parte ciò, Speravo de morì prima sembra aver incontrato il gradimento di una buona fetta di pubblico. Il cast è composto da attori del calibro di Pietro Castellitto, Greta Scarano, Gianmarco Tognazzi, la cui somiglianza con Luciano Spalletti è davvero impressionante; e poi Monica Guerritore, Giorgio Colangeli, Marco Rossetti, Gabriel Montesi e tanti altri.
Speravo de morì prima: il cammino di un campione
Come detto, Speravo de morì prima si concentra particolarmente sull’ultimo periodo della carriera di Francesco Totti (Pietro Castellitto). Con una voce fuori campo che funge da narratore, conosciamo attentamente la figura del Capitano. L’anno di partenza è il 2016, quando sulla panchina della Roma sedeva l’allenatore francese Rudi Garcia (Roberto Zibetti). Egli era riuscito a trovare in Totti un ottimo punto di riferimento in mezzo al campo da gioco, anche se, a causa dei vari infortuni (non il primo in carriera, ma di certo il primo dei tanti di fine carriera), lo stesso “Pupone” è costretto alle continue tribune e riabilitazioni. Ciò porta allo scarso rendimento della squadra, che costringe inevitabilmente a un cambio della guardia.
Al posto di Garcia, infatti, torna Luciano Spalletti (Gianmarco Tognazzi), che aveva già allenato la squadra per quasi cinque anni, durante i quali i contatti con Totti erano stati professionali ed eccellenti. È il Capitano stesso a ricordare i momenti piacevoli trascorsi con lui, quando, a seguito di un grave infortunio, l’allenatore era solito recarsi ogni sera in ospedale per tenergli alto il morale. Eppure, quei periodi lasciano lo spazio a discrepanze interne, dovute, forse, a un torto che lo stesso Spalletti ritiene di aver subito, cioè una mancata difesa da parte di Totti all’indomani del suo esonero avvenuto nel 2009.
Speravo de morì prima è un viaggio che scorre attraverso un duplice binario. Da un lato abbiamo il passato di Totti, da quando era ragazzino, quindi i primi calci col pallone e i primi trofei vinti, e poi la sua storia alla Roma: i derby vinti contro la Lazio, i compagni di squadra con cui ha avuto un certo feeling, ad esempio Antonio Cassano (Gabriel Montesi), il primo incontro con la futura e attuale moglie, Ilary Blasi (Greta Scarano). Dall’altro lato, invece, la serie ci presenta le difficoltà di un Campione, che ha dato tutto per la propria squadra e per la propria città, a salutare per sempre la cosa per lui più importante del mondo: il calcio.
C’è solo un Capitano!
Tra i tifosi della Roma si dice sempre che c’è solo un capitano e, soprattutto, che Totti non può essere rimpiazzato da niente e da nessuno. Paragonare Totti a qualsiasi altra persona o credo equivale a una vera e propria blasfemia, giacché i suoi piedi hanno saputo regalare gioie a un popolo di tifosi sempre pronti a sostenerlo. Nell’ottica calcistica, il nome di Totti riecheggerà nei decenni a venire, passando di generazione in generazione. Chi ha avuto la fortuna di vederlo giocare in mezzo al campo potrà testimoniare qualunque prodezza compiuta con il pallone tra i piedi, come il famoso tiro-a-cucchiaio durante un derby in cui la Roma vinse per ben 5 a 1.
Speravo de morì prima cerca di mostrare proprio questo legame indissolubile tra Francesco Totti e i tifosi giallorossi. Quando il Capitano è costretto all’ennesima tribuna per mano di Spalletti, i tifosi manifestano tutta la loro solidarietà mediante cori e striscioni di sostegno. Il Capitano mostra il suo riconoscimento, ringraziando il pubblico ma, soprattutto, facendo capire all’allenatore e alla dirigenza che lui non può essere scartato come uno qualunque.
Tuttavia, con l’età avanzata per un giocatore professionista, bisogna fare i conti con il tempo. Totti è consapevole che il suo fisico non potrà reggere i ritmi di un’intera stagione. E per quanto si ostini a mostrare il contrario, sia a sé stesso, sia al mondo intero, la realtà è alquanto evidente. Egli può avere il sostegno di un’intera città, della famiglia e degli amici, ma il tempo resta sempre il peggior nemico. All’interno della SerieTV, infatti, emergono tutte le insicurezze e le indecisioni di un campione, le quali vengono esplicate dall’interrogativo “che fare?” che emerge dal viso crucciato del protagonista.
Per Totti il mondo del calcio va al di là della semplice nozione di sport. È una ragione di vita e senza di essa può sentirsi perso, inutile, vuoto. In Speravo de morì prima il protagonista è sempre alla ricerca di una decisione da prendere: ritirarsi, giocare altrove o restare alla Roma in usque ad consummationem saeculi? È dinanzi a tali esitazioni che giunge l’aiuto sia della moglie Ilary, la quale diviene la voce della coscienza e della razionalità, sia di Antonio Cassano, che appare tramite visioni invitandolo a mollare quando la reputazione è ancora alta.
Totti decide pertanto di lasciare il calcio giocato. L’ultima puntata è incentrata sul suo addio. Segue la fase di preparazione, di presa di coscienza, quindi il momento dell’ultima partita. Attraverso le immagini di repertorio della reale diretta trasmessa in televisione, ripercorriamo il saluto finale di Francesco alla Roma. Assistiamo al discorso conclusivo, composto da parole toccanti davanti ad un’intera curva in lacrime, consapevole che dalla stagione successiva il Capitano non avrebbe messo più piede su quel campo.
Speravo de morì prima: una SerieTV semplice
Speravo de morì prima, come si è accennato, è un prodotto discreto. Composta da sole sei puntate, la serie scorre con molta tranquillità, oscillando tra momenti di serietà e di leggerezza. L’opera di Ribuoli non vuole divinizzare la figura di Francesco Totti. Anzi, riesce nell’intento di minimizzare le esaltazioni sulla sua persona e allo stesso tempo regala momenti in cui strizza l’occhio ai tifosi. L’immagine che fuoriesce è quella di un giocatore che per molti è visto come un vero e proprio campione, nonché bandiera di una squadra e di una città.
Speravo de morì prima non affronta il disagio esistenziale del Pupone. Semplicemente si limita a raccontare le problematiche che una persona può avere nell’abbandonare la cosa più importante della sua vita. Abituati a vedere questi idoli come divinità scese in Terra, è lecito tenere a mente che loro sono prima esseri umani, tormentati da ansie e sicurezze. Ribuoli, poi, non si rifugia nell’anacronistico, giacché sarebbe andato incontro a un eccessivo quanto inutile patetismo.
Forse si può rimproverare il citazionismo gratuito, come la corsa che compie Totti paragonata a quella del primo Rocky, con tanto di felpa grigia, bambini che lo rincorrono e scalata presso il Campidoglio. O, ancora, i momenti di scontro con Spalletti che ricordano i western di Sergio Leone, anche qui con tanto di inquadratura degli occhi, mani alle cinture (con fondine invisibili) e rumori di stivali (mentre ai piedi hanno semplici scarpe).
Speravo de morì prima è un’opera che non ha grandi pretese. E, per di più, è una serie concepita con il semplice pretesto di ricordare la figura di Francesco Totti, il grande campione che è stato e, magari, farlo conoscere per la prima volta a chi non avesse mai sentito parlare di lui. Tuttavia, lo scopo primo della SerieTV potrebbe essere quello di ricordare a chi quel 28 maggio del 2017 era allo Stadio Olimpico che forse sarebbe stato meglio… morì prima.
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