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Spider-Man No Way Home

Spider-Man No Way Home, un mostro di Frankestein che ci emoziona

Un film ibrido, che conclude e avvia una saga mutandone per sempre i destini

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24 minuti di lettura

Uno dei film più attesi dell’anno, Spider-Man No Way Home arriva finalmente nei cinema dopo tanti mesi di anticipazioni, speculazioni e aspettative altissime. Il nuovo capitolo della saga con Tom Holland infatti è stato soggetto a un profondo scrutinio da parte dei fan, specie dopo l’arrivo dei primi trailer, i quali confermavano molte ipotesi e lasciavano spazio ad altrettante speranze. Una complessa operazione di marketing che ha lasciato molti spettatori confusi sull’effettiva natura del film, ai quali abbiamo dedicato infatti una approfondita guida alla visione.

Spider-Man No Way Home segna il ritorno di molti personaggi dalle saghe cinematografiche ragnesche precedenti, tra cui spiccano il Dottor Octopus di Alfred Molina e il Goblin di Willem Dafoe, entrambi apparsi nella trilogia di Sam Raimi di inizio millennio. Spider-Man No Way Home segna anche la fine della trilogia del MCU, ma apre nuove entusiasmanti opportunità per il futuro del Peter Parker di Tom Holland.

Nella prima parte di recensione non sono presenti spoiler. Rivelazioni più approfondite della trama sono invece presenti nella seconda parte dell’articolo, prontamente segnate.

Dove eravamo rimasti

Spider-Man No Way Home

Spider-Man No Way Home riprende esattamente da dove avevamo lasciato i nostri protagonisti alla fine di Spider-Man Far From Home: Mysterio ha appena rivelato l’identità segreta di Peter Parker al mondo intero. Segue il caos: Spidey afferra MJ (Zendaya) e si scaglia a suon di ragnatele nel cielo per sfuggire alla folla delirante. Elicotteri li seguono fino a casa, Peter è la persona più amata e più odiata del momento, tra chi lo idolatra e chi lo condanna, visto che Mysterio prima di morire riesce a incastrare Spider-Man facendo credere a tutti che abbia commesso crimini efferati e omicidi di massa. A causa di questa controversia, Peter, MJ e Ned (Jacob Batalon) vengono respinti da tutti i college, tra cui l’ambito MIT.

Affranto da come la rivelazione della sua identità segreta stia rovinando la vita ai suoi cari, Peter si rivolge al Dottor Strange (Benedict Cumberbatch) per chiedere aiuto. Lo Stregone (non più Supremo) inizia un incantesimo per far dimenticare al mondo chi è veramente Spider-Man, ma le eccessive richieste di Peter costringono Strange ad interrompere l’incantesimo, anche se succede qualcosa di inaspettato.

Fin qui non vediamo nulla di nuovo rispetto a quanto mostrato nei trailer, e si può già iniziare a notare dei primi cambiamenti nel trattamento dei personaggi: a differenza dai precedenti film MCU di Spider-Man, qui vediamo una maggiore attenzione ai personaggi e alla gestione della trama. Nulla accade troppo in fretta, ogni scelta è giustificata e ponderata. I personaggi si prendono sul serio, e non minimizzano la gravità della situazione. C’è un’attenzione particolare rivolta ai dettagli di caratterizzazione e di trama.

Più Spider-Man No Way Home procede, più ritroviamo quelle dinamiche familiari, viste in altre saghe di Spider-Man, che il MCU sembrava avere dimenticato, o volutamente omesso: dopo ben due film e tre apparizioni in film corali, finalmente il personaggio di Tom Holland comincia a prendere in mano da solo la situazione, si mette in gioco, si prende delle responsabilità, e ogni azione, ogni decisione, ogni mossa ha una conseguenza, pesante o meno.

Nei film precedenti infatti poteva sempre contare sulle tecnologie avanzatissime di Tony Stark, o sul sostegno di personaggi come Nick Fury, e alla fine tutti i problemi si risolvevano quasi da soli, senza conseguenze pesanti per il nostro eroe, mentre qui di conseguenze ce ne sono molte, e tutte estremamente significative per il personaggio. In questo Spider-Man No Way Home fa dei notevoli passi da gigante rispetto ai due film precedenti.

Il ritorno del passato

Spider-Man No Way Home

Ma ecco che le cose si fanno più interessanti (ed emozionanti): arrivano gli attesi volti noti dal passato cinematografico di Spider-Man, primi fra tutti i già citati (e ampiamente mostrati nella campagna marketing di Spider-Man No Way Home) Dock Ock e Goblin.

Dopo essersi scontrato con Otto Octavius infatti Spidey viene informato da Strange che l’incantesimo andato a male ha attirato persone da altri universi che conoscono l’identità di Peter Parker. Da qui partirà una corsa contro il tempo per cercare di neutralizzare e riportare a casa tutti i villains: in Spider-Man No Way Home tornano infatti non solo i personaggi della trilogia di Raimi, ovvero i due sopracitati e l’Uomo Sabbia (Thomas Haden Church), ma anche quelli del dittico di Marc Webb, ovvero Lizard ed Electro (rispettivamente Rhys Ifans e Jamie Foxx). Tutti i personaggi erano già stati confermati nei trailer, ma vederli riprendere vita sul grande schermo è senza dubbio un’emozione irripetibile.

Senza entrare troppo nei dettagli, tutti i villains rimangono sorprendentemente fedeli alle loro precedenti apparizioni: le loro motivazioni (seppur molto abbozzate e non approfondite) non contraddicono il proprio personaggio, e le relazioni che si instaurano tra di loro sono coerenti. Ovviamente, per questioni di tempo e di quantità di villains, Spider-Man No Way Home non può spendere troppo tempo ad approfondire le caratterizzazioni di ogni singolo personaggio, ma è anche perfettamente conscio di questo problema di gestione, e fa affidamento sulla memoria dei fan e sulle precedenti iterazioni di questi personaggi per renderli fedeli a loro stessi.

Si può dire che uno dei punti di forza di Spider-Man No Way Home è sicuramente questa forte coscienza di sé, dei limiti che ha e di come può risolverli, facendo leva sui fan stessi, visto soprattutto che la maggior parte del film è una enorme strategia di fan service.

L’affetto per questi personaggi (soprattutto quelli della trilogia di Raimi) è ancora molto sentito per molti fan, e la loro ripresa non fa altro che confermare quanto funzionassero bene: il Goblin di Dafoe è ancora terrorizzante, forse qui ancora di più, e il Doc Ock di Molina è ancora pieno di compassione e umanità. Tuttavia, questa operazione di ripescaggio non può fare a meno di sollevare qualche domanda, e vedendo anche più a fondo il ruolo che i villains hanno nella trama, sorge un dubbio: era davvero necessario riprendere tutti questi personaggi? La nostalgia che scaturisce dal rivederli è genuina o costruita appositamente? Se si tratta dell’ultimo caso, ha davvero funzionato come dovrebbe? Per rispondere a queste domande però bisogna prima tirare fuori qualche spoiler.

SPIDER-SPOILERS! – Lasciate ogni hype o voi che leggete

Spider-Man No Way Home

Prima di arrivare all’argomento più succulento, vale la pena approfondire il discorso sui villains. Se all’inizio Doc Ock e Goblin si rivelano aggressivi con Peter, dopo mostrano subito il loro lato più umano, in pieno stile Raimi. Norman Osborn infatti, perso e confuso in questo nuovo universo a lui estraneo, cerca rifugio al F.E.A.S.T., dove lavora zia May (Marisa Tomei). In un momento di lucidità e debolezza confessa le sue colpe e la sua instabilità mentale ed emotiva, e questo convince Peter a dare una seconda chance a tutti i villains che ha incontrato (nel frattempo fanno la loro comparsa anche Lizard, Electro e Uomo Sabbia), complice anche il discorso sulle responsabilità che gli fa May.

E qui parte un’operazione molto delicata per i fan di vecchia data: nel momento in cui Peter decide di “curare” tutti, togliendogli i loro superpoteri o comunque le abilità che compromettono il loro benessere psicofisico, si attua a livello filmico una eliminazione dei film delle vecchie saghe. Ad esempio, Doc Ock non ha più l’ultimo momento di redenzione attimi prima della sua morte, poiché viene guarito da Parker nell’universo MCU. Si tratta di un vero e proprio ret-con che toglie valore ai personaggi e ai film in cui erano presenti, una svalutazione totale e repentina, prepotente, arrogante: il MCU si arroga il diritto di cambiare il passato, e in un certo senso, la nostra infanzia, i nostri ricordi di fan. Chi sono i film del MCU per “curare” i film che sono venuti prima della sua nascita?

E dopo questa provocazione, è giunto il momento di parlare di quello di cui tutti hanno tanto parlato e speculato su internet nell’ultimo anno. Vista la presenza di tutti questi villain passati, può forse voler dire che anche certi eroi a noi familiari possano tornare in Spider-Man No Way Home? Ebbene sì, Charlie Cox torna finalmente nel suo iconico ruolo di Matt Murdock. Certo, si tratta solo di una breve comparsata, quasi un cameo, che funge meramente a confermare il ritorno nel MCU officiale delle IP date in prestito a Netflix fino al 2018. Infatti un altro volto noto agli spettatori di Daredevil ha recentemente fatto la sua comparsa in una recentissima serie Marvel su Disney+.

Ma, dopo questa breve e depistante divagazione, è giunto il tempo di parlare del vero elefante nell’armadio. Anzi, dei due elefanti.

Spider-Mania

Spider-Man No Way Home

Ormai è ufficiale, Tobey Maguire e Andrew Garfield riprendono i loro iconici costumi nei rispettivi ruoli di Peter Parker alias Spider-Man in Spider-Man No Way Home. E, duole ammetterlo, lo fanno in pompa non troppo magna. La loro entrata in scena infatti non è quella che molti si potevano aspettare: non è sensazionalizzata o costruita attraverso una lunga anticipazione, come è successo nella scena dei portali in Avengers: Endgame.

Non ci sono temi musicali trionfanti, o simboli, o pose iconiche ad annunciare l’arrivo delle due super guest star di Spider-Man No Way Home. Non ci sono primi piani o pause drammatiche, come quelle che sono state concesse a Doc Ock o ad Electro, di cui risentiamo il tema musicale composto da Hans Zimmer and the Magnificent Six (che comprendevano anche Pharrel Williams, Johnny Marr e Junkie XL) per The Amazing Spider-Man 2.

Le entrate in scena di Garfield e Maguire sono invece ambientate in uno scialbo salotto, ed accompagnate dal solito umorismo stantio e insistente tipico del MCU. Può sembrare un capriccio, ma vista l’occasione unica e irripetibile dell’occasione di fare incontrare dei personaggi così iconici e amati in un contesto così poco valorizzante sembra una occasione sprecata, soprattutto vista la lunga distanza di tempo passato dall’ultima volta che i fan hanno visto i film al cinema.

Certamente il valore emotivo che i fan hanno provato nel rivedere due Spider-Man nella stessa stanza interagire tra di loro è impagabile e ha indubbiamente avuto l’effetto sperato, ma questo non giustifica la mancanza di importanza e di gravitas che un evento filmico di questa portata avrebbe meritato. Ma questa è la prima delle numerose occasioni sprecate.

Anche se Spider-Man No Way Home regala ai fan momenti di pura gioia nel mostrare i tre Spider-Man di Maguire, Garfield e Holland confrontarsi sui loro traumi, le loro perdite e le loro esperienze, metà dei dialoghi e delle loro interazioni sono battute e meme presi da internet: ritroviamo infatti la scena dei tre Peter che si indicano l’un l’altro affermando di essere i veri Peter Parker, o il personaggio di Maguire che si lamenta di avere male alla schiena, per non parlare di quando, all’inizio del film, Norman Osborn afferma di essere “something of a scientist myself“.

Insomma, Spider-Man No Way Home è zeppo di riferimenti a meme del momento, temporanei e amorfi, che non aggiungono valore alla trama o ai personaggi, ma solo fugaci momenti di ilarità vuota. In un film che presenta il ritorno irripetibile di questi personaggi, la scelta di buttare tutto in ridere non è stata forse la più saggia: anche il momento in cui il Peter di Maguire ricorda di quando il suo migliore amico era morto tra le sue braccia diventa un’occasione per fare dello spirito su un momento drammatico e segnante per il suo personaggio.

Spider-Man No Way Home

Forse è cercare il pelo nell’uovo, ma le occasioni sprecate non finiscono qui. Infatti ritroviamo le stesse mancanze anche nella battaglia finale, che dovrebbe essere l’apoteosi di dinamismo e di iconicità vista l’azione coordinata dei tre Spider-Man. Invece viene coreografata e fotografata come la battaglia di un qualsiasi altro comunissimo film MCU.

Ancora una volta Spider-Man No Way Home spreca l’occasione unica di fare interagire tre personaggi famosissimi tra di loro senza aggiungere quel piccolo passo in più che possa rendere ancora più unica e memorabile l’alleanza. Il combattimento avviene al buio, in modo caotico, senza riuscire a distinguere bene chi è chi, vista la somiglianza delle tute. Avrebbe sicuramente aiutato includere i temi musicali dei diversi personaggi per aiutare il pubblico a differenziare gli eroi, o pose e battute iconiche e riconoscibili. Invece Jon Watts (o chi per lui) banalizza l’evento, non gli concede il giusto pathos.

Per finire, risulta veramente pesante la mancata chiusura di alcuni personaggi, o la velocità con cui vengono risolti in maniera abbastanza approssimativa: Electro una volta che perde i poteri diventa amicone dello Spider-Man del suo universo come se non fosse successo niente, mentre Goblin e il suo Spider-Man, nonostante fossero a pochissimi metri di distanza l’uno dall’altro, non si rivolgono mezza parola. Visto anche il loro complicato ma molto forte legame nei film di Raimi, sembra veramente uno spreco non aver dedicato un paio di battute tra di loro, vista anche l’operazione di ret-con che Spider-Man No Way Home attua su tutti i film precedenti.

In sintesi, l’incontro tra i tre Spider-Man è sicuramente un tuffo al cuore per tutti i fan, e vederli insieme sul grande schermo ha ottenuto l’effetto sperato. Detto questo, la loro dinamica, sia a livello di sceneggiatura che a livello filmico, non è stata gestita nel migliore dei modi, ma il film si è limitato, proprio come ha fatto con i villains, a fare il minimo indispensabile: Maguire è il senso della ragione per Holland, e Garfield ha la sua redenzione salvando MJ.

I due Spider-Man non hanno un ruolo da mentori per l’inesperto Holland, non gli insegnano niente che il Peter del MCU non abbia già appreso da zia May nel corso del film. Si può dire che questa dinamica è meglio riuscita nel film d’animazione Spider-Man Into the Spider-Verse, chiaro riferimento d’ispirazione che Kevin Feige voleva imitare e trasporre con i mezzi a sua disposizione.

Cosa rimane di Spider-Man No Way Home e cosa riserba il futuro per Spidey

Spider-Man No Way Home

Tirando le somme, Spider-Man No Way Home rimane comunque il miglior film della trilogia MCU di Spider-Man: le azioni hanno conseguenze, e alla fine del film ci sono grossi cambiamenti per il futuro del personaggio: la perdita di zia May e dei rapporti costruiti con MJ e Ned cambiano completamente lo status quo di Peter e di Spider-Man.

Spider-Man No Way Home inoltre è anche il più brutale della saga, e forse uno dei più violenti del MCU: la presenza del terrorizzante Goblin ci regala uno dei combattimenti più viscerali e meglio coreografati della Marvel, e gli spettatori vedono Spider-Man in notevole difficoltà. L’elemento multiversale viene gestito in modo molto vago, e i personaggi dalle altre saghe, sebbene ricordati con enorme affetto, alla fine dei conti sembrano superflui, abbozzati: sono dei feticci, presenti nel film solo per attirare i fan e per strappare fuori a forza la nostalgia, non in modo genuino e sentito, ma per una enorme mossa di marketing mascherata da fan service.

Se da una parte Spider-Man No Way Home deve essere il capitolo conclusivo della trilogia, in realtà diventa l’inizio di una nuova, applicando verso la fine del film un tabula rasa totale e drastico, facendo tornare Peter alle radici fumettistiche e Raiminiane, povero e solo. Questo lascia suggerire una mossa aziendale molto furba della Sony: non siamo a conoscenza dei dettagli dell’accordo firmato tra Marvel Studios e Sony, ma questo azzeramento degli eventi e dei rapporti costruiti all’interno del MCU lascia pensare ad una scadenza dei contratti e ad un ritorno completo delle IP Marvel alla Sony, che molto probabilmente adesso realizzerà una trilogia con Tom Holland ma al di fuori delle dinamiche del MCU, ambientandolo in una sorta di limbo simile a quello presente nelle serie Marvel e Netflix: ambientate nel MCU, ma senza fare troppi riferimenti espliciti.

Cosa succede nella scena dopo i titoli di coda di Spider-Man No Way Home

Esilarante è il cameo di Tom Hardy nella scena mid-credits, ma non per l’umorismo della scena in sé, quanto per la evidente mossa di marketing attuata: se si era creata tanta hype dopo aver visto, in Venom La Furia di Carnage, l’arrivo di Eddie Brock nell’universo MCU, in Spider-Man No Way Home invece vediamo lo stesso personaggio tornare immediatamente nel suo universo, senza aver avuto alcuna interazione con nessun personaggio del film.

L’intero set-up della presenza di Tom Hardy nel film era solo un pretesto per far lasciare un pezzo del simbionte Venom nell’universo Marvel in cui abita il personaggio di Tom Holland, affinché in un futuro prossimo Spider-Man possa incontrare l’alieno e forse unirsi a lui. Chissà per quale cavillo contrattuale Sony-Marvel, Tom Hardy e Tom Holland non hanno potuto incontrarsi, e probabilmente non lo faranno mai.

Insomma, Spider-Man No Way Home è un po’ un mostro di Frankenstein: capitolo finale e inizio di una nuova saga, cross-over con vecchie proprietà, sia della Sony che di Netflix, e capitalizzazione delle emozioni e della nostalgia dei fan. Il risultato è comunque un film che intrattiene, diverte ed emoziona, e apre uno spiraglio (o una ragnatela?) di nuove possibilità, per gli Studios coinvolti e non solo.


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Nato a Roma, studia attualmente al DAMS di Padova.
Vive in un mondo fatto di film, libri e fumetti, e da sempre assimila tutto quello che riesce da questi meravigliosi media.
Apprezza l'MCU e anche Martin Scorsese.

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