Reduce dal successo di Top Gun: Maverick, il regista Joseph Kosinski ritorna con Spiderhead, un film originale Netflix disponibile ora sulla piattaforma streaming, scritto dal duo Rhett Reese e Paul Wernick, sceneggiatori dei due film di Deadpool.
Il regista ritorna al genere fantascientifico, coadiuvato da un cast talentuoso formato da Chris Hemsworth, Jurnee Smollett e Miles Teller, qui alla terza collaborazione con Kosinski. Il film è tratto da un racconto di George Saunders, apprezzato scrittore statunitense, Escape from Spiderhead, pubblicato su The New Yorker 10 anni fa e reperibile online (qui il link). Anche se Kosinski è sempre stato interessato più alla forma che al contenuto nei suoi film, Spiderhead manca anche della solita firma stilistica del regista, rendendo il film anonimo e prevedibile.
Perché Spiderhead non convince?
Spiderhead è un film molto contenuto, su tutti i livelli: cast ridotto, scenografie essenziali, trama lineare. Proprio per questo avrebbe avuto tutte le premesse giuste per essere un film originale e dall’alto potenziale, visti anche i temi trattati nel racconto originale di Saunders. Invece Reese e Wernick optano per una trama scontata e prevedibile, piena di cliché e scelte poco originali, caratteristica d’altronde comune in molti film originali Netflix. Spiderhead si svolge nell’omonimo complesso penitenziario dove Abnesti (Hemsworth) svolge esperimenti sui prigionieri volontari. Gli esperimenti riguardano l’uso di droghe sperimentali che cambiano l’umore e il comportamento delle persone. Tra i prigionieri ci sono Jeff e Lizzy (Teller e Smollett), che scopriranno man mano il terribile segreto che si cela dietro alla compagnia che gestisce la prigione e gli esperimenti.
Le premesse sono interessanti, ma più il film procede più diventa prevedibile e, di conseguenza, poco coinvolgente, complici anche un montaggio sbrigativo e una colonna sonora piena zeppa di canzoni preesistenti, che invadono ogni scena e risultano più che gratuite, un trend di Hollywood che sembra originato da Suicide Squad, in cui non c’era un attimo di silenzio, anzi canzoni vintage pop non-stop. Un peccato, visto che la colonna sonora originale di Joseph Trapanese regala dei brani interessanti. Il compositore infatti ha lavorato a tutti i film di Kosinski (ad eccezione di Top Gun: Maverick), ed è stato un grande aiuto per i Daft Punk e gli M83 negli arrangiamenti per TRON: Legacy e Oblivion.
Spiderhead è un film che sta in piedi quasi esclusivamente grazie al cast principale: è grazie al carisma di Hemsworth e alla chimica tra Teller e Smollett che si salva una trama già vista e dei personaggi altrimenti dimenticabili. Il film sembra indeciso sul tono che vuole prendere: nonostante i temi evidenti siano sulla prigionia e il dibattito sia su questioni morali, il tutto viene accantonato nell’arco di breve tempo e sostituito invece da battute gratuite e fuori luogo (come il mistero di chi sia ad imbrattare i muri dei bagni con scritte di feci).
La firma di Joseph Kosinski in Spiderhead
Nonostante Spiderhead risulti un film anonimo, dimenticabile come molti altri film Netflix, i fan di Kosinski riconosceranno la sua mano anche in un film a basso budget come questo (intorno ai 21 milioni di dollari): il regista è famoso per la sua attenzione alla production design e all’architettura, in cui si è laureato e che insegna alla Columbia University. Inoltre Kosinski è un grande promotore dell’utilizzo di nuove tecnologie in campo cinematografico, come si è visto anche nel suo ultimo film, il sequel di Top Gun che sta attualmente spopolando al botteghino. Spiderhead invece è un film più rilassato e contenuto, che non vuole dimostrare niente a nessuno, e che a quanto pare non vuole neanche intrattenere gli spettatori.
Quasi tutto il film si svolge all’interno del complesso penitenziario e nella stanza di controllo dove Abnesti monitora gli effetti delle droghe. L’architettura, la palette di colori e le console futuristiche sono le uniche firme riconoscibili dello stile di Kosinski, che qui però risultano ancor più minimaliste del solito. Kosinski infatti è famoso per la sua estetica essenziale, pulita, semplice: basti pensare ai veicoli attraversati da stringhe di luce in TRON: Legacy o alla casa base sopra le nuvole di Jack Harper in Oblivion, sostenuta da un lunghissimo e sottile pilastro. Anche la fotografia di Claudio Miranda, collaboratore storico di Kosinski, riprende l’estetica simmetrica e pulita tanto amata dal regista, presente in tutti i film precedenti.
Come già detto, i film del regista non sono famosi per una trama sviluppata, quanto più per i fattori visivo e tecnologico, che purtroppo mancano in Spiderhead. Conoscendo il ritmo della sua filmografia, forse il film avrebbe giovato, oltre che da una sceneggiatura diversa, anche da un montaggio più diluito, poiché spesso Kosinski dà il suo meglio nei momenti di calma e di sospensione. La realizzazione di Spiderhead è stata senza dubbio non il frutto di una collaborazione creativa, ma più un obbligo contrattuale di Netflix, sia per gli sceneggiatori che per gli attori, il che spiega la poca ispirazione nelle diverse scelte stilistiche e narrative del film.
L’occasione mancata di Spiderhead
È comunque interessante notare come Chris Hemsworth, quando non è impegnato in ruoli d’azione o supereroistici, cerchi personaggi moralmente ambigui: oltre al suo ruolo in Spiderhead, Hemsworth aveva interpretato in Bad Times at the El Royale il capo di una setta à la Manson Family, e qui ne riprende anche le movenze quando si mette a ballare in modo viscido e sinistro. Il resto del cast fa quel che può per tenere su un film che è stato creato con il solo intento di creare nuovo content per la piattaforma Netflix, non riuscendo però neanche a trovare uno spunto di intrattenimento.
Gli sceneggiatori Reese e Wernick hanno dimostrato che il loro talento viene meglio espresso in commedie e in film che non si prendono troppo sul serio. Peccato che il potenziale per rendere Spiderhead un film leggermente diverso dalla norma del catalogo Netflix c’era, e con il successo e il riconoscimento recentemente ottenuti da Joseph Kosinski per Top Gun: Maverick, si è persa anche l’occasione di dare spazio alla creatività e allo stile unico del regista.
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