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Strange way of life

Strange way of life, il western queer con Ethan Hawke e Pedro Pascal

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8 minuti di lettura

Pedro Almodòvar torna al cinema con Strange way of life. In questo cortometraggio prodotto da El Deseo con Saint-Laurent, presentato quest’anno al festival di Cannes e uscito in Italia il 21 settembre, Almodòvar mette insieme Ethan Hawke e Pedro Pascal nei panni di due ex amanti cowboy, Jake e Silva. Un ritratto colorato e dalle tinte melodrammatiche di un mondo lontano e in declino e delle passioni proibite dalle sue leggi maschiliste e repressive che ribollono sotto la superficie desertica.

La trama è semplice ma non per questo priva di questioni esistenziali: due vecchi amanti si rincontrano dopo vent’anni. Jake, nel tentativo estremo di fuggire dalla sua vecchia vita da fuorilegge (e dai fantasmi dei suoi desideri), è diventato sceriffo, garante della legge e delle istituzioni, mentre Silva ha continuato la sua vita da ranchero. I due si ritrovano in un contesto mortifero, in seguito a un omicidio su cui Jake sta indagando, oppresso da uno schiacciante obbligo morale.

Strange way of life, vita da cowboy e desiderio maschile

Strange way of life

Sopra le righe, viscerale: il secondo cortometraggio in lingua inglese del regista spagnolo si poggia su una trama intrisa di pulsioni recondite, perdite da vendicare, regole da sconfessare e vite da reinventare. La breve durata del lavoro intensifica la portata incendiaria del contenuto. Strange way of life è una successione frenetica di inquadrature dominate da un eterno conflitto, una tensione che non accenna mai a sciogliersi ma continua a costruirsi, a creare nuovi strati di complessità e nuovi nodi da sciogliere, nuove ferite che diventano sempre più difficili da ricucire.

Ma l’ultimo corto del regista di Dolor y gloria non è solo un racconto di un amore tormentato e quasi impossibile ai tempi della conquista del West. È una riflessione metacinematografica, un tentativo di reinvenzione del genere western che non offre risposte o soluzioni definitive e scolpite nella pietra, ma pone domande alle quali è possibile rispondere con nuovi intrecci e narrazioni. In quest’atmosfera rinnovatrice l’ambientazione del cortometraggio acquisisce nuovi valori: Almodòvar per girare il suo corto va ad Almerìa, sui set di Sergio Leone.

Strange way of life e il rinnovamento di un genere

Strange way of life

Dei set resi ancora più autentici dalla polvere e dal fango accumulati nel tempo, luoghi intrisi della polvere dell’età d’oro del genere che si schiudono alla possibilità di un rinnovamento, rispettoso del loro lascito storico ma senza la paura di scombinare le carte in tavola. Dal desiderio maschile, terreno inesplorato, all’amore tra persone adulte: Almodòvar con Strange way of life si inserisce esplicitamente in un nuovo canone attualmente dominato dalle registe, da Jane Campion con il suo Il potere del cane, a Chloe Zhao con The Rider fino a Kelly Reichardt con First Cow, lavori citati e celebrati dal regista spagnolo.

Almodòvar fa emergere le crepe che si nascondono sotto i costumi da cowboy e le pistole fumanti, mostra tutto quello che rischia di far vacillare l’intero allestimento di un mondo machista e coloniale dominato dalle leggi dell’onore e della virilità: il desiderio. Strange way of life, pur senza scene esplicite, è un’opera intrisa di corporeità, di erotismo e di intimità.

Il passato tacitamente condiviso dai due amanti, la tensione tra i loro corpi creata dal continuo scontrarsi e allontanarsi, l’indulgere della telecamera sui dettagli più mondani e quotidiani della loro esistenza, dalla biancheria intima ai bagni mattutini purificatori; sono tutti elementi che, sommati, tentano di colmare una distanza sofferta, combattuta. Il desiderio è il ponte che collega il passato dominato da una passione sfrenata e gioiosa che non ha bisogno di parole per definirsi a un presente altero in cui sono le leggi e la morale a farla da padrone.

Due modelli di mascolinità a confronto

Strange way of life

Il contrasto tra le fisicità e lo stile recitativo dei due attori rende al meglio questa tensione perpetua alla base di Strange way of life. Jake, interpretato da Ethan Hawke, con il suo atteggiamento schivo e compassato, restio a dare voce ai sentimenti si ritrova a fronteggiare un sentimentale e impetuoso Silva, sanguigno e dirompente nell’espressione immediata di quel che pensa e sente.

Un contrasto che si manifesta anche nell’estetica visuale che in Strange way of life divide nettamente gli spazi; dalla casa ordinata e dominata dalle ombre di Jake fino alle stanze del ranch di Silva, inondate dal calore del deserto e decorate da quadri sgargianti di Maynard Dixon. La divisa quasi funerea da sceriffo che Jake indossa ogni giorno alla giacca verde smeraldo con cui Silva fa il suo ingresso nella cittadina alla ricerca del suo amore, della vita che gli spetta. Una rivendicazione esplicita che si modula in una voce che non aveva mai pronunciato quelle parole prima di allora.

Non sapevo ancora che forma avrebbe assunto la storia, o se ce ne sarebbe stata una, ma la mia prima idea è stata quella di creare questi due uomini omosessuali di mezza età che di solito non hanno voce in un genere come il western. Mi attirava l’idea di rompere quel silenzio.

Pedro Almodòvar

Ed è proprio Silva, alla fine, ad avere il coraggio di “rompere quel silenzio” e a dare voce a un immaginario che sembrava inesprimibile. “Cosa possono fare due uomini soli in un ranch?” domandava Jake vent’anni prima.

“Possono prendersi cura l’uno dell’altro” è la risposta di Silva. Guarirsi dalle ferite reciprocamente inflitte, ricucire la voragine, fondare un nuovo mondo a partire dalla polvere e dalla sabbia.


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Classe 1999, una delle tante fuorisede in terra sabauda. Riguardo periodicamente "Matrimonio all'italiana" e il mio cuore è diviso tra Godard e Varda. Studio al CAM e scrivo frammenti sparsi in giro per il mondo.

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