Dopo il film Cosmonauta (2009) e il biopic Nico 1988 (2017), Susanna Nicchiarelli torna a raccontare una donna fuori dal comune. Protagonista del suo ultimo film, Miss Marx (2020) – presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e ora nelle sale – è la figlia del famoso Karl, la cui vita piena, attiva e impegnata ne fa un punto di riferimento ancora oggi.
«Miss Marx», la trama
Nata nel 1855, Eleanor Marx (una bravissima Romola Garai), figlia più piccola di Karl Marx, manifestò fin da bambina un interesse per il lavoro e il pensiero del padre. Colta, brillante ed impegnata, raccolse l’eredità del genitore dopo la sua morte, aggiungendo alle lotte di questi altre sue personali battaglie, come quella per i diritti delle donne. Condivideva la passione per il teatro con l’uomo che amò per gran parte della sua vita: Edward Aveling (Patrick Kennedy). Una storia, la loro, che usciva dai rigidi schemi di quei tempi. I due non si sposarono mai, ma vissero insieme per molti anni ed Eleanor decise persino di prendere il cognome del compagno. Acuta e determinata negli studi e negli impegni politici, ma fragile e insicura nei sentimenti, la donna si lasciò consumare da quell’amore tanto intenso quanto nocivo, contaminato da bugie e svelati tradimenti.
Una Eleanor molto miss e poco rock
Wave of History dei Downtown Boys e titoli di testa rosa-shocking aprono il film su note punk-rock. Poi la musica si ferma ed Eleanor pronuncia l’elogio funebre per il padre, ricordando l’amore tenero e duraturo che aveva legato i suoi genitori. Così, nei suoi primi cinque minuti, è già contenuta l’intera essenza del film e della sua protagonista: donna rivoluzionaria e in anticipo sui tempi, ma anche dedita a un amore che la rese l’ennesima vittima di quell’egemonia maschile che lei per prima desiderava annientare.
Queste due componenti, però, non sono in equilibrio: Susanna Nicchiarelli si concentra molto sulla storia d’amore tra Eleanor e Edward, che diventa l’unico vero fulcro della narrazione, lasciando troppo poco spazio alla miss Marx impegnata nel sociale, alle lotte da lei combattute e vinte in favore dei lavoratori e delle donne. Discorsi pubblici, visite alle fabbriche e comizi del gruppo socialista costituiscono non più di dimenticabili intermezzi e la sola visione del film diventa insufficiente ad avere un ritratto completo di quella che fu, davvero, Eleanor Marx.
La ricerca di un tono ironico
Le particolarissime scelte musicali di Susanna Nicchiarelli distanziano Miss Marx dalla maggior parte dei film in costume. Così, dove ci si aspetterebbe un brano di musica classica (comunque non assenti nei momenti più patetici), si viene stupiti con il rock dei già citati Downton Boys (gruppo americano autore di un album intitolato Full Communism) o con un pezzo strumentale dei Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo. La colonna sonora, dunque, non vuole coinvolgere, ma creare un ironico distacco tra lo spettatore e le vicende narrate.
Un’ironia trasgressiva che, nelle intenzioni, vorrebbe essere il tono generale del film, ma che invece si scioglie nella prevalenza del sentimentalismo.
A creare un effetto straniante è anche l’utilizzo di foto d’epoca risalenti ad anni successivi rispetto a quelli in cui è ambientata la narrazione. Una scelta che sottolinea come i temi e le battaglie fondamentali di cui Eleanor e il padre si fecero orgogliosi portatori non morirono con loro.
«Miss Marx»: una donna intrappolata
Il film della Nicchiarelli è, per Eleanor Marx, come la casa di bambola del dramma di Ibsen di cui Eleanor ed Edward interpretarono un adattamento. Una prigione che lascia vedere solo una parte di lei, una narrazione che si concentra sulle sbarre che l’hanno rinchiusa, dando invece poca risonanza a ciò che, nella sua vita, l’ha resa libera.
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