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Te l'avevo detto

Te l’avevo detto, il tentativo di un Magnolia italiano

8 minuti di lettura

Cinque anni dopo l’esordio alla regia, Magari, Ginevra Elkann torna al cinema con un nuovo film, Te l’avevo detto, dirigendo un cast a dir poco singolare: oltre a continuare la collaborazione con Alba Rohrwacher e Riccardo Scamarcio, nel film sono presenti Valeria Golino, Valeria Bruni Tedeschi (le quali rubano la scena con la loro chimica), Sofia Panizzi, Danny Huston e Greta Scacchi, questi ultimi vere e proprie guest star, visto il loro status di star internazionali, sebbene entrambi siano legati al nostro paese e alla nostra lingua.

Te l’avevo detto segue la scia di Magnolia e Babel

Te l'avevo detto

Te l’avevo detto racconta una storia multi narrativa, che collega i tanti e diversi personaggi in un contesto surreale: siamo a Roma in pieno inverno, a Gennaio, eppure la città è avvolta da una cappa di caldo umido, bollente e snervante, che influisce sul comportamento di animali e persone: una madre alcolizzata cerca di riconquistare il figlio; una ragazza fatica a controllare il suo disturbo alimentare e cerca di contenere sua madre, una donna delirante che vive nel passato e cerca vendetta nei confronti di una ex porno star; due fratelli cercano di riconciliarsi per spargere le ceneri della madre defunta.

Quello che collega tutti questi personaggi è la presenza di diversi temi ricorrenti: cattivi genitori, dipendenze, rapporti tossici, ossessioni, amore, odio, e, forse quello che accomuna veramente ciascuno dei protagonisti, il desiderio di ricominciare daccapo. Ognuno insegue i propri desideri e le proprie speranze, siano esse illusioni o realtà concrete, con esiti diversi: per alcuni il lieto fine, per altri la conferma del proprio tragico destino.

In Te l’avevo detto Elkann cerca di emulare l’hyperlink cinema di Paul Thomas Anderson e Alejandro González Iñárritu, film come Magnolia e Babel, in cui diversi personaggi e diverse linee narrative si intrecciano attraverso tematiche e metafore, in una sorta di uroboro che abbraccia e coinvolge il racconto complessivo con i suoi protagonisti. In questo caso l’elemento unificante è la surreale cappa afosa che pervade la città, una sorta di metafora del disagio e dei problemi che affliggono gli attori della storia: ognuno a modo proprio è tormentato da demoni e battaglie personali, alcune perse a priori, che si riversano sulle loro vite, opprimendoli, togliendogli il fiato e l’energia, asfissiandoli e uccidendoli lentamente in un diluito colpo di calore.

Te l’avevo detto che il cast funziona

Te l'avevo detto

I personaggi di Te l’avevo detto sono accattivanti, ognuno con la propria caratterizzazione e i propri trascorsi, complice anche un ottimo casting: il rapporto tra l’ex porno star della Golino e la sua stalker, Bruni Tedeschi (che qui sembra recitare una versione esasperata e quasi caricaturale del suo personaggio in La pazza gioia di Paolo Virzì) è quello che rimane più impresso per la sua assurda tragicomicità, oltre che per la chimica frizzante che sprigionano le due attrici. Anche il rapporto complicato tra la stalker e sua figlia è probabilmente uno dei più riusciti, grazie all’interpretazione fragile e sfumata di Panizzi. Il tema della genitorialità, in tutte le sue connotazioni, è alla fine il più frequente e il più approfondito, visto che abbraccia quasi tutte le diverse storie.

Un’altra coppia vincente di Te l’avevo detto è quella di Huston e Scacchi, entrambi attori inglesi ma nati in Italia. Per questo, nonostante dialoghino per la maggior parte del tempo in inglese, entrambi sfoggiano un italiano perfetto, senza la minima inflessione. È sempre una sorpresa ed un piacere sentire attori stranieri parlare una lingua complessa e musicale come la nostra, e in questo caso l’utilizzo della doppia lingua conferisce alla storia dei due fratelli un livello in più: si percepisce con più profondità e credibilità il loro passato e il rapporto fratturato della loro famiglia. Anche il tema della dipendenza è ricorrente: l’alcolismo del personaggio di Rohrwacher, l’eroina di quello di Huston e il disturbo alimentare di Panizzi sono dei fils rouge che collegano storie altrimenti sconnesse tra loro.

Tutti i personaggi inseguono i propri obiettivi, cercano di rimediare ai propri errori o di fare i conti col passato, per poter finalmente superare i propri traumi e demoni, e andare avanti con la vita in serenità. L’apocalisse imminente rappresenta una fine, è vero, ma d’altronde la fine non preannuncia un nuovo inizio? L’ambiguità del finale di Te l’avevo detto lascia spazio a molte interpretazioni: forse il cerchio dell’uroburo si è spezzato e ha lasciato i suoi prigionieri, ora liberi di vagare nella foschia incerta del futuro.

L’estetica pop compensa l’assenza di coinvolgimento

Te l'avevo detto

Sebbene Te l’avevo detto sia ricco di spunti, temi e collegamenti, questi non sono sufficientemente approfonditi per rendere il film avvincente. Il carisma degli attori colma la mancanza di coinvolgimento, ma non basta: se si vuole fare un confronto con i Magnolia e Babel sopracitati, chiaramente dei punti di riferimento se non altro per il tipo di narrazione, nel film di Elkann manca un messaggio definito. I collegamenti tematici sono presenti, alcuni personaggi si incrociano e intrecciano brevemente, ma manca il vero fil rouge, l’unità che connette tutte le storie e i vissuti, senza la quale i vari episodi rimangono a sé stanti, e non trasmettono alcun tipo di impatto, non lasciano alcuna impronta nel film in generale.

Dal punto di vista visivo invece, Te l’avevo detto propone un’unità estetica ben precisa: la palette di colori caldi e la costante presenza d’afa (metà del budget sarà probabilmente andato alle macchine per vapore) conferiscono al film un’atmosfera ben pensata, che trasmette il caldo afoso e bollente della storia, e di conseguenza lo stato mentale dei protagonisti. Elkann ripropone in più di un’occasione un’estetica da videoclip, sia per quanto riguarda la fotografia e i colori, sia per alcune scelte musicali, tra la musica elettronica pop e quella più sperimentale. Quest’estetica patinata può stonare, ma alla fine fa anch’essa parte dell’atmosfera psicologica, e a tratti quasi onirica, del film.

Tutto sommato, Te l’avevo detto è un film che riesce a intrattenere e anche a dare qualche spunto di riflessione, ma manca quel quid, quel piccolo plus che l’avrebbe reso più completo e memorabile, e un esempio ben riuscito di hyperlink cinema. In alternativa, rimane un’interessante, seppur non approfondita, riflessione sulle colpe dei genitori, sul superamento dei traumi e sulla sconfitta dei propri demoni interiori.


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Nato a Roma, studia attualmente al DAMS di Padova.
Vive in un mondo fatto di film, libri e fumetti, e da sempre assimila tutto quello che riesce da questi meravigliosi media.
Apprezza l'MCU e anche Martin Scorsese.

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