Spie, guerre informatiche e tradimenti. Le basi della narrazione di Teheran, Serie TV israeliana diretta da Daniel Syrkin e distribuita da AppleTV, sono quelle classiche di un racconto di spionaggio moderno, attento all’uso delle nuove tecnologie e agli scenari geopolitici più caldi.
Di cosa parla Teheran
Tamar Rabinyan (Niv Sultan) è una giovane ebrea nata in Iran, hacker e spia al soldo del Mossad.
La missione che le viene assegnata prevede l’hackeraggio di una centrale elettrica per annullare le difese aeree iraniane prima di un attacco israeliano a una centrale nucleare. Quando la missione si complica inizierà il travagliato viaggio di Tamar in territorio nemico, col doppio obiettivo di portare a termine il lavoro e di tornare indietro sana e salva, tra doppi giochi, amori proibiti e legami a doppio filo in una Teheran divisa tra l’estremismo musulmano e la ricerca di una modernità più simile al modello occidentale.
L’Emmy per la miglior serie dramamtica
Teheran è composta, fino a questo momento, da due stagioni per un totale di 16 puntate. La prima stagione, premiata agli Emmy come miglior serie drammatica, è caratterizzata da un ritmo lento e da una serie di plot twist che, anche se non del tutto imprevedibili, rendono la vicenda interessante e coinvolgente nonostante l’assenza di azione che in qualche modo pesa dal punto di vista dell’intrattenimento più becero ed essenziale.
La figura di Tamar è protagonista assoluta in un mondo fatto di menzogne e tranelli e dovrà vedersela con la guardia rivoluzionaria, e in particolare con Faraz Kamali (shaun Toub) per riuscire a far funzionare un piano che già dall’inizio si era dimostrato pieno di buchi e pericolosissimo.
Il finale aperto ci conduce direttamente alla seconda stagione, dal ritmo più veloce e convinto, gira ancora intorno a Tamar e alla nuova missione che le viene assegnata, ma con un occhio più attento alle sue relazioni e mettendo ancora più in primo piano l’antagonista Faraz in perenne lotta tra il suo essere fedele alla patria e il bisogno di tenere al sicuro la sua famiglia.
Tutti gli intrighi di Teheran
Gli intrighi politici e spionistici sono i veri protagonisti di una serie tv che tiene per scelta un ritmo basso così da enfatizzare gli intrighi e le guerre interiori dei personaggi in continua lotta per capire quali siano le decisioni giuste da prendere.
I personaggi sono soltanto delle marionette guidate a distanza da chi tesse trame più grandi di loro senza alcun interesse per i destini dei malcapitati.
Una calzante colonna sonora avvolge una fotografia dai toni morbidi ed essenziali aiutandoci a calarci in quell’Iran tanto lontano ed esotico quanto a modo suo simile al nostro occidente (come emergerà soprattutto nella seconda stagione).
Una serie poliglotta
La particolarità di essere recitata in diverse linque (ebreo, persiano e inglese) accentua la sensazione di vivere una storia che si svolge al confine tra due o più mondi e risulta essere uno dei punti di forza dell’opera, caratterizzandola e rendendola diversa dalla gran parte dei lavori del panorama seriale.
Purtroppo, essendo la serie di produzione israeliana, il punto di vista non è quasi mai davvero oggettivo e distante se non nella rappresentazione delle due agenzie di servizi segreti che si confrontano, entrambe dipinte come machiavelliche e pronte a tutto.
Teheran è una serie che affronta tematiche difficili in un momento in cui la geopolitica è entrata nelle case di ognuno di noi: lo fa in modo delicato ma deciso, senza alcuna sfrontatezza e con un’evidente consapevolezza della serietà delle questioni. Un prodotto assolutamente consigliato, nonostante rischi di essere a volte un po’ ripetitiva, già soltanto per il modo in cui si distacca dalle storie simili raccontate all’americana. Si tratta comunque di spie, guerre informatiche e tradimenti.
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