Dal 4 al 10 Ottobre 2021 si è svolta a Bologna e online in streaming la quindicesima edizione del Terra Di Tutti Film Festival, festival di cinema documentario e sociale nato a Bologna nel 2007 e promosso dalle Organizzazioni Non Governative di cooperazione internazionale allo sviluppo WeWorld GVC Onlus e COSPE Onlus. Al festival di quest’anno sono stati presentati undici cortometraggi: di seguito la recensione di due di questi.
Origines – Le Voyage
Diretto da Amir Ra e prodotto dallo stesso regista insieme a Wale Studio, Origines – Le Voyage è un cortometraggio della durata di undici minuti che racconta il punto di vista di ragazzi italiani di origine straniera.
Fin dall’incipit siamo trasportati subito a diretto contatto con i ragazzi, tramite i loro penetranti sguardi in camera in primissimo piano. Seguono campi vuoti raffiguranti paesaggi naturali e urbani, che ci parlano delle origini e del punto di arrivo dei personaggi.
Subito la camera inizia a muoversi sui volti, dagli occhi chiusi, dei ragazzi, mentre i loro voice over raccontano esperienze di discriminazione di cui sono stati vittime, trasmettendoci la percezione dell’assurdità della loro situazione: quella di dover sognare l’accettazione del prossimo anziché darla per scontata.
Nel finale la camera si muove dall’alto su una serie di paesaggi naturali, e un voice over recita la poesia Still I Rise di Maya Angelou: “Puoi schiacciarmi nella terra ma come la polvere io mi rialzo”.
From Trash to Treasure: turning negatives into positives
Un altro dei cortometraggi presentati al festival Terra Di Tutti, From trash to treasure è un documentario diretto da Iara Lee e prodotto dalla Culture of Resistance Films. Il film è composto da interviste a vari personaggi che rappresentano diverse organizzazioni attive in Sud Africa.
Partendo dal lavoro di Nthabiseng TeReo Mohanela, artista operante in Lesotho che ricava pezzi d’abbigliamento e accessori da materiali di scarto, il film prosegue con le testimonianze di numerosi artisti o persone impegnate in progetti che riguardano i più disparati problemi: ecologia e cura dell’ambiente, matrimoni infantili, droga, prostituzione, diritti umani e questioni LGBT.
Il corto inizia con le immagini di una mappa del Sud Africa con didascalie di dati relativi alla sempre maggiore disoccupazione degli abitanti del luogo; il paese rischia il fallimento, così le persone sono costrette a ingegnarsi e ricorrere alla creatività.
Nei progetti sono coinvolte la maggior parte delle forme di espressione artistica, dalla musica alla pittura. La camera riprende i paesaggi africani regalando allo spettatore suggestivi campi vuoti, per poi soffermarsi su primi piani e dettagli del lavoro degli artisti e degli agricoltori.
Il film termina con la testimonianza dell’artista resistente Meshu Mokitimi, e infine una didascalia sullo sfondo di un paesaggio collinare ci informa sul suo destino: ha passato undici anni in prigione per le sue proteste contro razzismo e colonialismo inglese in Lesotho.