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The Banshees of Inisherin NPC Magazine

The Banshees of Inisherin, sull’isola dei fondi umani

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8 minuti di lettura

Il vento che soffia da Nord, da quell’Irlanda triste e desolata di Martin McDonagh tira l’aria di un leone dorato. A dirlo? La sala commossa, un pubblico entusiasta, la critica compiaciuta. Il Lido di Venezia si lascia cullare dal braccio dolce e crudele delle gelide acque del Mare d’Irlanda, ritrovando in quelle alte scogliere l’appiglio identificativo del vuoto emotivo che spesso ci opprime.

Una violenza silenziosa puramente visiva e la comicità nera in stile Coen fanno del The Banshees of Inisherin di Martin McDonagh il degno candidato del Leone d’oro della 79esima edizione del Festival di Venezia. In un quadro solitario e desolante la nuova storia di McDonaugh prende forma, un ritratto metaforico di quella disperazione emozionale profondamente esacerbata da cui l’uomo sembra trovare un sinistro appagamento.

L’Irlanda come terra di passaggio prima della morte

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Soli. Sull’isola al largo della costa occidentale dell’Irlanda, vive una piccola comunità di residui umani. A consumarli il senso di vuoto, la disperazione di un non luogo situato ai bordi di un tracciamento geografico che esclude e respinge.

L’unica idea di futuro è quella che lancia messaggi di una devastazione sempre più imminente, perché, proprio oltre la lingua di mare che separa il mondo fuori, da quello purgatoriale dell’isola c’è la guerra civile. I giorni nel piccolo addensamento di terra in cui è ambientata la vicenda di The Banshees of Inisherin procedono a ritmo lento ed esasperante uno dopo l’altro, senza che nessuno si renda effettivamente del tempo che macina impietoso gli anni delle vittime di noia.

Il primo ad accorgersi di un’esistenza condotta sulle note di una melodia stridente è Colm (Brendan Gleeson), amico di lunga data di Padriac (Colin Farrell). I due, legati da sempre da un’amicizia necessaria per scaldarsi dal gelo emotivo che pervade l’isola, saranno costretti a sganciarsi dal nodo che li unisce a causa della presa di coscienza del più anziano Colm.

Quest’ultimo decide infatti di porre fine all’unione con una scadente, ma del tutto apparente, motivazione: “non mi vai più a genio Padriac“. A nulla porta la determinazione di Padriac per ricucire questo rapporto ed ogni tentativo di riavvicinamento condurrà ad un inesorabile crescendo violento di eventi drammatici con conseguenze scioccanti.

Il violino sporco di sangue di The Banshees of Inisherin

All’inizio sembra un litigio da bambini, e in fondo lo è pure. Colm e Padriac sono due inesperti dello spettro affettivo, le relazioni umane in The Banshees of Inisherin sono tutt’altro che evolute, ridotte a semplice esigenza vitale.

Colm evidentemente arriva a quel punto dell’esistenza dove inizi a tirare le somme di quello che hai realizzato, di quanto puoi davvero essere orgoglioso di ciò che hai vissuto e in definitiva della vita che hai fatto. Qualcosa deve essersi rotto in quest’uomo e così sceglie di cambiare, di cedere alla morte affettiva e di lasciarsi consumare da questo posto abitato da fondi d’anima.

Più che certo della propria posizione in merito alla rottura, minaccia Padriac di tagliarsi un dito ogni volta che muoverà un nuovo tentativo di riavvicinarsi a lui. Ed è così che McDonough nella sua commedia amara alterna ironia, battute fulminanti e automutilazione. Tra questo denso innesto di umorismo nero e comicità moribonda invadono lo schermo dettagli violenti di dita mozzate e sangue caldo che non possono più suonare il violino.

A creare fastidio nello stomaco dello spettatore è però quella triste consapevolezza che a Inisherin le persone siano più sole di quanto si possa immaginare e anche quelle flebili dimostrazioni d’affetto sono destinate ad infrangersi come le gelide acque che si scontrano con le rocce dell’isola.

La guerra civile come unica certezza di futuro

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È poi il violino lo strumento che accompagna la desolazione di questa piccola isola abbandonata da Dio. Le anime qui sono destinate a essere sempre più sole, le poche che ci sono sono prigioniere delle proprie fortezze mentali realizzate sull’ignoranza relazionale.

In The Banshees of Inisherin non ci sono coppie, non ci sono persone che si amano, e quindi, non ci sono bambini. Ogni possibile idea di futuro proviene dalla terra oltre il mare, da dove però rompono burrascosi nel silenzio dell’isola gli spari dei cannoni della guerra civile. Ma qualcuno sembra disposto ad andare, pur di vivere si è disposti ad entrarci nella guerra, così l’unica davvero pronta a lasciarsi alle spalle la desolazione di uno spazio apparentemente senza uscita è Siobhan (Kerry Condon) sorella di Padriac, che esasperata dal senso di vuoto è disposta a rinunciare alle sue radici e alla sua terra pur di aprirsi alla vita.

La commedia gotica senza amore

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Il film dal sapore gotico è contaminato da un perpetuo tono cupo e premonitore con continui richiami alle antiche leggende irlandesi. Un’anziana donna, una strega che si aggira nelle gelide lande come uno spirito avverte e preannuncia agli abitanti del senso di morte imminente.

McDonough ispirandosi alle antiche leggende sulle banshees (spiritelli femminili) inserisce la figura della misteriosa anziana in nero che si prende la sola vita che valga la pena di essere salvata dal freddo di The Banshees of Inisherin.

Il giovane Dominic (Barry Keoghan) dall’anima infantile è già stato sottratto alla felicità quando ha iniziato a subire abusi sessuali dal padre. In questo valzer omoerotico coreografato da Mcdonough non c’è luce, e le uniche forme di affetto sono destinate ad esaurirsi.

Le sole fonti di amore puro sono destinate a essere sottratte così come l’amicizia bruscamente interrotta, una sorella che ha deciso di salvarsi, e infine la morte della tenera asinella di Padriac causata dal soffocamento di una delle dita di Colm. La scia di morte convalida l’isola come la terra dei morti, dove chi ci vive procede lentamente e dolorosamente alla fine dell’esistenza, privato da ogni possibilità di salvezza.


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