Se quando pensate alla figura del poeta vi viene in mente l’immagine di un aristocratico sensibile e colto come Leopardi, oppure immaginate un veterano temprato dagli orrori della guerra come Ungaretti, o una donna profonda, solitaria e diafana come Emily Dickinson, The Beach Bum (2019) dell’indie enfant terrible Harmony Korine con uno straordinario Matthew McConaughey vi mostrerà qualcosa di completamente diverso.
Nato da un’idea che fa pensare il celeberrimo The Big Lebowski mescolato con Total Eclipse e una commedia di Adam Sandler, The beach bum non appartiene a nessun genere cinematografico prefissato, eccede i canoni, non si lascia ricondurre a una categoria più ampia di cui è manifestazione. In modo grossolano viene inserito nel genere Stoner Comedy. È piuttosto invece un film affine alla poetica delle alternative radicali d’avanguardia del cinema indipendente americano, almeno per quanto riguarda la condotta socialmente irricevibile per l’ethos medio borghese e, a tratti, illegale.
Gettando i suoi strali contro ciò che vi è di cattivo e disperante nella società contemporanea, Harmony Korine realizza un film che fa riflettere. Riuscendo a rappresentare una figura anticonvezionale e pericolosa, variamente addomesticata dai nuovi ‘lavori creativi’, il poeta.
Matthew McConaughey genio ribelle
I temi affrontati dal film sono molteplici. La dissolutezza, vissuta non come tale in maniera acefala, ma come esercizio spirituale per conoscere se stessi attraverso il ludibrio appagante del divertimento animalesco, del raptus di godimento libidico rapsodico, e della burla goliardica. Un altro tema è il topos dell’anticonvenzionalità del genio ribelle, che nel protagonista assume i tratti della verve anti-calvinista che oppone alla innaturale pudicizia dei freni inibitori anestetizzanti e alla realizzazione personale nel lavoro, l’esplosione dell’espressione comportamentale impulsiva ed edonistica come modo di vivere. Con il suo radicale rifiuto dell’essere eterodiretto, il poeta, pensato per essere unico eccedendo persino i canoni che si attribuiscono all’eccentrico come tipo umano, fa suo il motto épater la bourgeoisie in una chiave etico-esistenziale. Sebbene, non segue nessun preciso modello alternativo di condotta essendo egli stesso l’espressione antiparadigmatica di sé proiettata nel mondo.
Il poeta Moondog con il suo carisma stupisce e suscita ammirazione attraverso un pacifismo, una bontà d’animo e un brillante talento che non dipendono dall’educazione, ma dal suo essere più intimo e naturale. La sua personalità come passare in secondo piano a chi interagisce con lui il fatto di essere costantemente sotto effetto di alcol e droghe. Da qui il tema della rottura trionfante con i costrutti sociali, con i valori condivisi e le pose educate, tanto caro a regista Korine, a sua volta noto per le sue sregolatezze, che non a caso ho fatto produrre il film dalla Iconoclast production company, casa di produzione che fa dello stravolgimento della sfida allo status quo il suo obiettivo culturale. L’idea che per non nuocere agli altri non è necessario rispettare i valori condivisi e comportamenti convenzionali attraversa tutto il film come suo messaggio principale, che esorta lo spettatore medio a ripensare l’opposizione hippie-yuppie.
Una scelta esistenziale ancora possibile
L’alternativa sempre possibile di un’inversione di marcia che sposti l’energia del lavorio dell’essere umano dal profitto illimitato, dalla competizione multinazionale, dall’interesse privato, all’esistenza semplice e ad un rapporto più originario con le cose, che oggi sopravvive in un manipolo di uomini a causa del fatto che non era ritenuta più neppure tale dopo il fallimento degli ideali pratici di rinnovamento antiborghese e anticapitalistico sessantottini. Il film in questa ottica, ha il merito di far ripensare alla scelta esistenziale tra, da una parte, l’impegno e la costanza dell’autoaffermazione economica e professionale, e dall’altra, la quieta sopravvivenza contemplativa e ancestrale. La seconda, oggi, è considerata come un tipo di esistenza parassitaria e sconclusionata, inutile e, a causa del nichilismo che la contraddistingue, pericolosa per lo sviluppo della civiltà. Forse non troppo a torto. Soprattutto se la si la associa al consumo impietoso di droghe e la si inserisce in un mondo globalizzato in cui consumare e desiderare oggetti è parte integrante dello stile di vita quotidiano e la base della vita sociale ed economica. Ma su questa alternativa sempre possibile si gioca il corso della civiltà umana nella sua interezza, la direzione che noi stessi in quanto uomini associati ci diamo, gli obiettivi che intendiamo raggiungere, e, in ultima analisi, il senso stesso che diamo alla nostra vita individuale e collettiva. È perciò un tema attuale come pochi altri, di cui non si dovrebbe smettere di parlare. Dimenticarsene significa dimenticare che ciò che siamo oggi è frutto di una decisione e non l’unica possibilità realizzabile.
Il poeta Moondog porta con sé e nel mondo questa decisione come segno di essa espresso da ciò che lui è, ovvero, una versione moderna e combinata di Baudelaire e Catullo, che trascorre la vita tra Key West e Miami. Un “wastrel writer” in cui il poeta maledetto che vive di esperienze estreme per scovare l’intimità e l’autenticità della vita nascosta sotto la coltre dei valori condivisi che addomesticano lo spirito, si mescola alla poesia lirica e scurrile che racconta con spregiudicato realismo uno stile di vita pulsionale all’insegna della spensierata libertà mentale.
Si vede a questo confronto:
Al letto all’Havana io penso a te
(La bella poesia, Moondog)
E quando vado a pisciare
Osservo il mio lungo cazzo con affetto pensando che
è stato dentro di te due volte oggi
e mi sento bellissimo
Sì buona, mia dolce Ipsitilla,
(Carme 32, Catullo)
Delizia mia, tesoro mio, invitami
oggi da te, allora della siesta
Mi inviti e poi fa in modo per piacere
che non scatti il tassello della porta
E non ti venga in mente di andare fuori
Piuttosto resta in casa a prepararmi
nove fottute senza interruzione
Anzi, già che ci sei, chiamami subito
Ho pranzato sono sazio e sto sdraiato
E il cazzo mi sfonda la tunica e il mantello
Il personaggio del poeta è la descrizione della figura storico-sociale del perdigiorno, colui che vive distaccandosi, errabondo, vagabondo. Il poeta di Korine coincide perfettamente con la descrizione che Sloterdijk dà del Perdigiorno:
Perdigiorno si chiama come si chiama perché è sfuggito ai rapporti di produzione, perché non svolge lavori retribuiti e non arraffa plusvalore. […] Perdigiorno era senza dubbio un disertore: un disertore dalle pretese rivoluzionarie socialistico-borghesi, un buono a nulla che sfugge dall’iper moralismo giacobino della soggettività assolutizzata, la quale in via di principio si indigna per tutto ciò che semplicemente è, senza che sia stato migliorato da noi
P. Sloterdijk, Imperativo Estetico
Realizzato in modo perfetto, il Poeta non appare eccessivamente scritto, ma al contrario assurdamente realistico, per quanto esso sia all’estraneo per eccellenza nella nostra società contemporanea. Come il film stesso, d’altronde: ricercato nell’estetica delle inquadrature e dei dialoghi, ma allo stesso tempo schietto e crudo, ha l’intento di esortare in modo provocatorio a ragionare su ciò che oggi risulta impensato. Sono solo la tecnica del montaggio discontinuo-ellittico, l’interruzione a singhiozzo della diegesi, e i ricorrenti rif, a tradire la finzione cinematografica, che comunque nella storia che racconta risulta essere tutt’altro che un viaggio allucinante psichedelico.
Hipster contro tutti
Pur essendo un uomo del nuovo millennio il Poeta non presenta nessuno dei tratti tipici del maschilismo, al contrario ama le donne non solo sessualmente, ma anche umanamente. Non è vegano. Non è ecologista. Non è un uomo in carriera. Non è un impiegato e non è un intellettuale. Non utilizza nessuno degli strumenti tecnologici. Scrive, stranamente, con una vecchia typewriter manuale e riproduce musica con una radio obsoleta. Ciò è espressione del puro anticonformismo dei toni hipster che lo contraddistingue nel suo sottrarsi a quella che è stata indicata come la nuova frontiera del controllo capitalistico attraverso la raccolta dei dati degli utenti utilizzati come dispositivo del controllo dei gusti e dei comportamenti delle persone, fenomeno assai discusso negli ultimi anni in seguito a vari scandali e spiegato dall’intellettuale Yuval Noah Harari, dal filosofo Bernard Stiegler e della sociologa Shoshanna Zuboff.
Vedere rappresentato in un film contemporaneo che non è un fantasy un uomo che prescinde dalla tecnologia digitale oggi, significa vedere l’incarnazione di chi si sottrae alle logiche dominanti del suo tempo, non uno che le critica standoci dentro, ma uno che non ci rientra, che cade fuori da esse. Un essere umano non integrato. È questa, forse, l’ambizione più grande del film: mostrare il modo in cui oggi un uomo quarantenne possa vivere senza le tecnologie digitali moderne. Posto che oggi la sola idea di stare senza Internet per un solo giorno è inimmaginabile per la maggior parte delle persone del pianeta. Il Poeta è, insomma, l’altro tipo umano, soprattutto rispetto ai “colletti bianchi” che vivono del lusso prodotto dal marketing dal business, ma anche rispetto alle nuove generazioni a caccia di view e sponsor su Instagram e TikTok.
The Beach Bum, o di una forma di libertà
Moondog è quello che non siamo abituati ad avere sotto gli occhi ogni giorno, un reietto-eletto, completamente a-politico, egli è la differenza dagli altri incarnata, la resistenza a tutto ciò che induce gli altri a livellamento etico, ma soprattutto al particolarismo dei tipi umani. Il Poeta è un personaggio da osservare attentamente, per scoprire che dentro la sua tossicità ematica si nasconde una sobrietà spirituale. E così riconoscere nell’antieroe l’unico vero eroe possibile del mondo contemporaneo, colui che riesce a estraniarsi dall’ordine simbolico vigente e dai rapporti di forza e di potere. Inaspettatamente, invece di suscitare sdegno e biasimo, il disorientamento che il Poeta determina negli altri con la sua personalità produce l’effetto contrario della meraviglia del fascino. Ciò è dovuto al fatto che il poeta e ciò che – secondo Korine – tutti gli uomini ambiscono in fondo ad essere, senza di fatto esserlo. Un uomo realmente libero, non sottomesso a nessuna regola prestabilita, nessuna ideologia tradizionale di una qualunque delle società occidentali. È libero nel senso che obbedisce alla propria natura, e ciò lo rende un individualista non socializzabile. Ne deriva che, non adatto a vivere nella societas contemporanea, il modo di essere del poeta non lo rende adatto nemmeno gli esperimenti storicamente dati di communitas.
Il poeta è un irrimediabile diverso tra i simili, refrattario alla canonizzazione, per quanto si cerchi di catalogarlo entro i canoni elastici e inclusivi di cui disponiamo. Ciò è indice della piena riuscita del film, nella descrizione di un tipo umano – di certo esistente – che nel suo essere inevitabilmente a sua volta stereotipo (l’alternativo, il diverso) è però reso in maniera originale. Ed è in questo che si manifesta la vera genialità del regista, quella di essere riuscito a mostrare l’assolutamente altro come tutt’altro in un essere umano del XXI secolo che agli occhi dello spettatore si comporta come un letterato hippie degenerato.
The Beach Bum ha, quindi, il merito essenziale di mostrarci un modo di vivere alternativo originale, che è, per quanto grottesco, precario, irriverente, illegale e dissacrante dei valori che ereditiamo dalla elaborazione contemporanea della tradizione culturale e propedeutica, è comunque possibile per coloro che hanno il coraggio irriducibile di non scendere a compromessi con niente di vivere senza avere come obiettivo primario nei fini economici e materiali, nell’istinto ipocondriaco dell’autoconservazione fine a se stessa. Per chi sceglie di planare leggero sull’esistenza, ma senza la superficialità intellettuale che la renderebbe davvero insensata.
Korine lascia infine allo spettatore il compito, se vuole, di giudicare il suo poeta. Sempre che il fruitore sia in grado di ragionare il proprio giudizio, senza cedere né alla repulsione immediata né all’influenza del regista che facendo apparire il poeta a suo modo come un vincente, sembra voler scuotere le coscienze suscitando l’ammirazione dello spettatore per questo particolare approccio anticonvenzionale alternativo alla vita.quello del perdigiorno antisociale, Che resta apocalittico fino alla fine, in un tempo come il nostro del moltiplicarsi di variegati habitus differenti. The Beach Bum induce a chiedersi se non è forse proprio colui che è istintivo e pulsionale che deve essere più stimato e più temuto nella società. Forse sì. Perché mai tanto come nella nostra società
Può all’improvviso accaderci che i tamburi di un’età della pietra interiore cominciano di nuovo a rullare; che degli sciamani compaiano nella zona pedonale; che la forza del serpente si sollevi dal pavimento pelvico e si metta a danzare lungo la colonna vertebrale fino a Loto dalle mille foglie sotto la volta cranica e che noi alla fine dell’estasi facciamo stampare presso un editore di prestigio la raccolta completa delle nostre sfrenatezze
P. Sloterdijk, Imperativo Estetico
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