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The beekeeper, una vendetta insapore con Jason Statham

Ennesimo prodotto in serie, David Ayer dirige un revenge movie inconcluso; un deja-vu, un miraggio, come quel finale, il grande escluso.

6 minuti di lettura

The beekeeper parla di vendetta, una vecchia conoscente. Sono passati dieci anni dal momento in cui Keanu Reeves si vendicò della moglie e del cane uccisi dagli spietati sicari del cartello. Idem per Nicolas Cage in Pig, dove un gruppo di ragazzi rubò, quasi per gioco, il suo maiale scatenando la sete di giustizia del padrone. E che dire de Gli spiriti dell’isola: la morte dell’asinella di Colin Farrell non è forse il pretesto che lo porta, infuriato, a dare fuoco alla casa del suo (ex) amico Brendan Gleeson? E con The beekeeper, in sala dall’11 gennaio, non ci salviamo dalla vendetta, neanche nel 2024

Atteso thriller d’azione con Jason Statham, da un’idea di Kurt Wimmer e diretto da David Ayer (Suicide Squad, Fury), The beekeeper è così una vecchia formula consolidata negli anni. Non sorprende ormai più il pretesto semi-ecologista, dove l’uomo che deturpa la natura con le sue nefandezze (guerra, morte, armi, potere) si scontra con un eroe contemporaneo, in grado di prendere le responsabilità di una società intera e concentrarle in scene d’azione, tra scazzottate ed esplosioni, degne di un’immortale figura erede del supereroe di città, vendicatore mascherato che fa continuare a credere in un futuro, nonostante tutto.

Legalità e società, l’ago della bilancia di The beekeeper

the beekeeper una scena del film di David Ayer con Jason Statham

Al cinema grazie a Leone film group, The beekeeper è esattamente quello che si legge nella sinossi e si vede nel trailer: l’agente paramilitare Mr. Clay (Jason Statham) si ritira a vita privata e diventa un apicoltore, hobby che trasforma in un’autentica filosofia di vita. La gentile e anziana vicina del protagonista si suicida però dopo esser stata truffata online, da qui la scatenata reazione di Mr. Clay e di Verona, figlia della vicina truffata (Emily Raver-Lampman); guarda caso un’agente dell’FBI, al servizio della legge e in contrasto con le azioni anarchiche del brutale apicoltore.

Ciò che non sanno è che da una semplice, anche se milionaria, azienda, quella delle truffe online si rivela essere un rabbit hole dagli esiti inaspettati: chi si nasconde dietro il giro di truffatori?

Un equilibrio su cui si sostiene tutto il film, quello della legalità. Da una parte la coscienza dello spettatore è richiamata dalle azioni del beekeeper – classico vicino di casa misterioso ma gentile, silenzioso ma accogliente – protettore dell’alveare, che nel suo caso diviene la metafora della società stessa (al mondo ci sono le api e i calabroni che vogliono distruggerle). Dall’altra invece la legge, Verona, l’FBI come incarnazione di uno Stato ignaro di essere fonte e causa della corruzione del sistema stesso. Aldilà della legge, e delle buone maniere, la risposta sembra vertere sempre in un’unica soluzione: la giustizia deve giungere, laddove i protettori della democrazia non riescono, con tutti i mezzi possibili.

E quindi, lasciamo a Mr. Clay ciò che è di Mr. Clay: scazzottate, lotte fratricide, matricidi, edifici in fiamme e innumerevoli specchi rotti, sono i pochi esempi tra i tanti elementi di fondamento di The beekeeper; un thriller che sa benissimo di essere soltanto il centesimo prodotto di serie, ma che, al contrario, non è conscio delle potenzialità mancate del soggetto.

Proteggere l’alveare

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Logica nonsense, scene dagli evidenti tagli con l’accetta, finale troppo aperto, ambiguo e inconcluso, un ritmo altalenante e personaggi purtroppo sensibilmente abbozzati (la stessa Verona sembra più essere sfruttata come pretesto di trama che come personaggio vero e proprio). Insomma, a poco serve il suddetto equilibrio tra i co-protagonisti, come anche la loro bipolarità dal doppio significato: lui rappresentazione di un eroe prototipico scomparso, ormai per il cinema merce del passato; lei donna (afroamericana) illusa da un sistema che prima tra tutti la inganna.

Tutto un po’ insieme buttato alle ortiche, se considerati soprattutto gli sviluppi di quel finale tragicomico. Corale e generico, randomico, thriller incapace di provocare, nonché ultimo di una trafila di prodotti tutti uguali. Rimangono solo le api, rimasuglio di un’idea quanto meno allettante che non è però riuscita a dare i suoi frutti. Manca il vero sapore della vendetta, non si percepisce il dolce nettare che empie olfatto e narici, manca il finale, e lo stesso scopo del revenge movie.


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Studente alla Statale di Milano ma cresciuto e formato a Lecco. Il suo luogo preferito è il Monte Resegone anche se non ci è mai andato. Ama i luoghi freddi e odia quelli caldi, ama però le persone calde e odia quelle fredde. Ripete almeno due volte al giorno "questo *inserire film* è la morte del cinema". Studia comunicazione ma in fondo sa che era meglio ingegneria.

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