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The Circle: sharing online e condivisione personale

5 minuti di lettura

È il 27 aprile 2017 quando, nelle sale cinematografiche italiane, viene proiettato The Circle, ultimo film del regista James Ponsoldt, tratto dall’omonimo romanzo fantascientifico di Dave Eggers. I principali interpreti sono Emma Watson, nel ruolo della protagonista Mae Holland, e Tom Hanks, nel ruolo del direttore dell’azienda tecnologica che dà il nome al film. The Circle tratta della tecnologia e, nello specifico, del tema problematico del rapporto tra pubblico e privato nel tempo dei social media.

The Circle: pubblico e privato

The circle

Il problema del restringimento – fino alla cancellazione – della privacy è nato quasi contemporaneamente all’avanzamento tecnologico. Il fenomeno è una conseguenza concomitante, un effetto collaterale, che però è studiato e voluto. Lo dimostra, nella realtà, la vicenda della violazione della privacy dei dati degli utenti che ha coinvolto il colosso dei social network Facebook nel 2018.

Nel film, l’idea che sottende e che ispira l’industria tecnologica The Circle è quella di portare avanti la perfettibilità dell’essere umano (concetto teorizzato anche da Rousseau nel Discorso sulle scienze e sulle arti), vale a dire eliminare tutti i problemi che caratterizzano gli esseri umani e che li rendono imperfetti – come le malattie – attraverso l’eliminazione della segretezza delle informazioni e delle conoscenze.

Questa idea si concretizza materialmente con decisioni radicali, come quella di lasciare libero accesso al mondo intero alle proprie telefonate e alle proprie email, oppure quella ancora più radicale di condividere, per mezzo di una micro telecamera, ogni istante della propria vita, lavorativa e privata, come ha scelto di fare la protagonista del film. Queste telecamere progettate da The Circle sono proprio come i dispositivi di videosorveglianza illegali: minuscole e senza fili.

L’idea lanciata da Mark Zuckerberg di creare una criptovaluta, una moneta elettronica, per acquistare cose, trova una rappresentazione teorica nell’idea presente in The Circle di pagare i servizi tramite il proprio account del social media dell’azienda tecnologica immaginaria del film. La grande intuizione è quella di creare un sistema unificato, per cui l’account coinvolge la persona che lo possiede in gran parte delle sue attività quotidiane.

Sharing online


Lo scopo dell’azienda The Circle è quello di limitare progressivamente il confine tra pubblico e privato, fino a raggiungere un mondo in cui tutti coloro che hanno un account sono dotati della piena trasparenza offerta dalla condivisione in tempo reale della propria vita. Banche dati gigantesche contengono la biografia delle persone; ogni gesto, ogni attimo della loro vita è filmato e conservato e pertanto, da una parte, accessibile a tutti e dall’altra ineliminabile. Nella dimensione pubblica tutto è conservato e niente viene perduto o dimenticato.

Come afferma la protagonista Mae: la privacy era un periodo temporaneo e ora è finito.

La condivisione personale

the circle

Può sembrare inquietante l’idea di un Big Brother di orwelliana memoria (composto dalla comunità degli utenti) che ci osserva e registra ogni nostro gesto nel quiescere della nostra esistenza sulla terra. Tuttavia questa pubblicità totale è annunciata nel film non come una prospettiva distopica, ma piuttosto come un roseo futuro dove la libertà è possibile solo nella condivisione pubblica delle nostre vite. Di contro, l’isolamento e la chiusura della vita privata vengono mostrati come handicap e vuota celebrazione del passato pre-tecnologico, fatto di quella condivisione che, però, non è asettica come quella dello sharing online, ma intima e piena di sentimento.

E anche se il nostro tempo è quello dei nativi digitali, è l’era dei social media, la condivisione interpersonale, fatta di dialoghi e di scambi intimi, merita di restare privata e la sua conservazione di essere affidata alla memoria personale di chi la vive in prima persona.


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Laureato in filosofia, sono appassionato di cinema fin dall’età infantile. Ho una propensione per la riflessione e per l’elaborazione dei concetti, per questo nella visione di un film mi muovo soprattutto sull’analisi delle intersezioni tra il contenuto narrativo e lo stile registico che lo sviluppa. Amo riflettere sulle caratterizzazioni dei personaggi e sugli sfondi simbolici e filosofici che li costituiscono all’interno della trama di cui sono protagonisti. Guardo al cinema come a un sofisticato modo di rappresentazione degli aspetti cruciali della vita. Guardare un film per me significa entrare in un meccanismo riflessivo che fa comprendere, ma anche formulare, relazioni concettuali e costruzioni teoretiche. Il cinema è per me un modo di fare filosofia.

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