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The Good Mothers

The Good Mothers, madri “buone” e “cattive” della ‘Ndrangheta

La nuova Serie targata Disney+ racconta la storia vera di tre donne che hanno osato sfidare la Mafia

6 minuti di lettura

Dal 5 aprile è stata resa disponibile su Disney+ la nuova Serie TV italiana The Good Mothers, una delle prime Disney+ Star Original europea e vincitrice della prima edizione del premio Berlinale Series Awards 2023. È la storia vera, già raccontata nell’omonimo romanzo di Alex Perry, di tre donne che, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila, hanno osato sfidare la ‘Ndrangheta calabrese.

Cast, regia (Elisa Amoruso e Julian Jarrold), produzione (House Production e Wildside) e scrittura (Stephen Butchard, già Premio BAFTA) si coordinano perfettamente per creare un prodotto di una qualità rara da vedere nel panorama seriale italiano e che si guarda tutto d’un fiato.

The Good Mothers: contro il godfather del patriarcato mafioso

The Good Mothers, raccontato dal punto di vista femminile, strizza l’occhiolino al godfather della mafia prettamente maschile, minando il patriarcato mafioso e assegnando alle donne la loro giusta importanza, sia nell’attività criminale che nel contrasto della stessa. Loro sono madri buone e cattive, che non hanno mai scelto per se stesse o per i loro figli, non hanno potuto decidere nulla della loro vita, ma sono state schiacciate dal peso di una società che le schiavizza a tutti gli effetti in nome della tanto elogiata “lealtà”.

Proprio questo concetto è stato a loro inculcato nella mente, tuttavia, prima o poi chi è madre è costretta a venire a patti col suo istinto primordiale: la protezione verso i figli. È proprio questo, infatti, che diventa il motore non solo della ribellione, ma soprattutto della vita stessa.

The Good Mothers: tra coraggio e follia

Lea Garofalo (Micaela Ramazzotti) con la figlia Denise Cosco (Gaia Girace), Giuseppina Pesce (Valentina Bellè), Concetta Cacciola (Simona Distefano): tre donne che hanno tratto il loro istinto di sopravvivenza dai figli, compiendo atti tanto coraggiosi quanto folli, come diventare “collaboratrici di giustizia”, entrando a far parte della protezione testimoni e voltando le spalle alla propria famiglia. Ma le loro vere madri, non le hanno perdonate, soggiogate ai mariti e a quella società dispotica, rendendo evidente il confronto generazionale: sono disposte a tradirle e raccontare bugie, restare ferme di fronte alla violenza, manipolarle psicologicamente e persino mandarle al patibolo, coscienti che non le rivedranno mai più.

Ecco che quindi in The Good Mothers le madri “buone” delle diventano le avvocatesse che seguono al loro causa, non solo proteggendole e perdonandole, ma anche facendo sentire la loro vicinanza emotiva nelle quotidiane telefonate per alleviare la sofferenza di anni di reclusione nelle “case sicure”.

Un cambio di strategia nella lotta alla mafia

The Good Mothers

Tra loro, la PM Anna Colace (Barbara Chichiarelli), che dedica la sua vita senza sosta alla lotta contro la ‘Ndrangheta, avrebbe certamente meritato un approfondimento: una donna fredda ma incredibilmente empatica, che proteggerebbe Giuseppina ad ogni costo, ma che non esita a spedirla nella cella d’isolamento in prigione. È stata sua l’idea geniale quanto subdola per cercare di sradicare la malavita dal territorio calabrese: colpire le donne, le madri.

Loro, infatti, non avrebbero mai rinunciato a proteggere i figli, condannando le figlie alla sottomissione e i figli alla sopraffazione. Così, una volta costrette a venire a patti con la reale possibilità di una vita alternativa, compiono il grande salto più per amor del prossimo che di loro stesse, consapevoli di essersi messe in pericolo di morte.

The Good Mothers non incolpa gli uomini, ma la società che li ha cresciuti

The Good Mothers

È doloroso prendere coscienza della realtà dei fatti: la mafia è ancora così e continua a serpeggiare non solo nel sud Italia, ma anche nel nord, un virus che pare inarrestabile. Ci si arrabbia contro la maggior parte degli uomini di The Good Mothers per i privilegi che detengono nella loro società, dei quali sono coscienti e che non sembrano voler abbandonare. Ma le loro donne non li incolpano per questo e non incolpano nemmeno loro stesso per aver chinato la testa così a lungo.

Sono i valori della loro società che si sono fermati a decenni, secoli fa, a causa del sistema prevalentemente chiuso e segreto nel quale sono completamente immersi. Un sistema di potere e soggiogazione, a partire dalla sottomissione delle altre famiglie più “deboli” e di interi paesi. Le feste pompose dei boss, mascherate da diciottesimi color Tiffany, sono solo la punta dell’iceberg sotto al quale si diramano sparizioni, pizzi e violenza.


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Scheda personaggio, stagione 1 - in corso: classe 1998, ha studiato cinema e storytelling, al momento è in costante tensione tra il voler fare la donna in carriera e scappare in Costa Rica.
Punti di forza: competenze di produzione e sceneggiatura.
Fatal flaw: guarda Too Hot To Handle.

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