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The King’s Man – Le origini: non solo un film spionistico

7 minuti di lettura

Filippo Tommaso Marinetti scrisse nel suo Manifesto Futurista: “Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo”. Da una frase come questa, The King’s Man – Le origini, diretto e co-sceneggiato da Matthew Vaughn, ricava la materia prima (“guerra” come pulizia del mondo) e ne struttura una storia non profonda, ma nemmeno banale: in The King’s ManLe origini, Vaughn ritrae invece una realtà caricaturale a metà tra realtà e finzione narrativa.

Presente già al cinema dal 5 gennaio 2021 e disponibile su Disney+ da mercoledì 23 febbraio, The King’s Man – Le origini completa una trilogia, quella dei Kingsman creata dallo stesso Matthew Vaughn, che fa da contraltare a 007, portando il nuovo cinema spionistico a un livello più innovativo dell’amato, ma ormai stanco, James Bond. The King’s Man – Le origini ne è l’ennesimo esempio, e l’ennesimo successo della saga.

The King’s Man – Le origini: la trama

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Un uomo facoltoso della corona inglese, Orlando Oxford (Ralph Fiennes), allo scoppiare della Grande Guerra del 1914-18 si astiene dal partecipare al conflitto, costringendo il figlio interventista, Conrad (Harris Dickinson), a non arruolarsi.

Nel frattempo, un misterioso villain scozzese mette in piedi un’organizzazione massonica, al cui interno si trovano anche Gavrilo Princip (Joel Basman) e Rasputin (Rhys Ifans): l’obiettivo è stravolgere il conflitto a sfavore del regnante inglese, Re Giorgio V (Tom Hollander), distruggendone l’impero in favore dell’amata Scozia.

Oltre il film spionistico: la Storia europea come sfondo

Sullo sfondo di The King’s Man – Le origini pulsa la Storia reale della Prima guerra mondiale, con i suoi protagonisti e le sue vicende più macabre: dalla tragica Battaglia della Somme, qui a monito della grande carneficina, riassunta con un timelapse, alle storie più grottesche (è vero che Rasputin “guariva” ferite e offriva ai propri ospiti di partecipare alle orge di corte). Quindi, a differenza degli altri capitoli (Kingsman: Secret Service, di cui è il prequel, e Kingsman: Il cerchio d’oro) in cui l’attualità era il tema centrale, qui si va oltre.

Non solo perché l’ultima pellicola di Vaughn è un film spionistico, non solo perché è comico, ma anche perché è storico e in quanto tale riflette sull’epoca che stiamo vivendo: i Kingsman, in fondo, sono nati da un conflitto mondiale, dalle ceneri di una guerra che segna solo l’inizio del ‘900, il cosiddetto secolo breve. The King’s Man incarna dunque le origini, come insiste il sottotitolo italiano, di un movimento contro-spionistico che combatte l’egemonia dei potenti, dichiara guerra ai soprusi, trasformando gli eroi in supereroi fuori dal normale.

The King’s Man e il cinema: non solo computer grafica

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Ma d’altronde che ha da invidiare alla Marvel il nostro Matthew Vaughn? Semmai il contrario: è la grande fetta di produzione dei cinecomics che potrebbe prender spunto dall’attuale trilogia dei Kingsman. Infatti, anche quest’ultimo film si dimostra nuovamente una conferma sotto il piano stilistico e tecnico. L’utilizzo congegnato della CGI, unito saggiamente al calderone degli effetti speciali on screen, diegetici per così dire, sancisce un film fatto di tutt’altra pasta: più carne, più plasticità, meno bidimensionalità, senza eccedere oltretutto con il sangue.

D’altro canto, è una riconferma anche la regia: stigmatizzata dalle (ormai) classiche soggettive vorticose, che lanciano letteralmente la camera in mezzo alle botte incassate dai personaggi. Certo, siamo a inizio ’900 e in quanto tale l’agenzia Kingsman non ha ancora la sua forma, per questo dimenticatevi le scazzottate ricche di mosse. Tuttavia, ciò non toglie l’elemento immersivo, che non smette mai di stupire (consigliatissima, anche per questo, la visione su un grande schermo, che possa essere anche un proiettore casalingo).

Pregi, ma anche difetti

In The King’s Man – Le origini le sbavature ci sono e si notano. L’analisi storica è geniale, originale e più pimpante di opere recenti sullo stesso tema: 1917 di Sam Mendes o Dunkirk di Christopher Nolan sono due chiari esempi di come un film tecnicamente riuscito non pregiudica lo stesso esito per la sceneggiatura. Le guerre sono un ottimo serbatoio di storie, ma ciò non vuol dire che siano di per sé ottimi racconti interessanti: c’è tanta noia nella guerra.

Ciò che manca e in cui pecca The King’s Man sono però alcuni momenti un po’ incoerenti: ad esempio, la grande simpatia che Re George ispira, solo perché il capo di stato della patria dei protagonisti, innalzando così il Regno Unito ad autentico vincitore della diplomazia oltre la guerra distruttrice che attanagliava l’Europa. La critica cruenta all’imperialismo britannico, contrapposto alla benevolenza dell’aristocrazia inglese – e al ritratto decisamente negativo del popolo scozzese – crea quindi un dipinto gratuitamente patriottico.

The King’s Man – Le origini potrebbe essere da Oscar?

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Aldilà del sottotesto politico, The King’s Man – Le Origini si presenta alla stessa altezza dei suoi predecessori: violento e grottesco, giocoso e adrenalinico, dalla grande carica emotiva. Punto bonus per la sceneggiatura scritta con grande cura dei dettagli, sia nelle vicende che nei tratti caratteristici dei personaggi. Matthew Vaughn sa quello che fa: gestisce un’opera agrodolce totale e coinvolgente, gioca con la storia ma lo fa saggiamente, si diverte con gli effetti speciali e con la camera in un film che potrebbe meritarsi un Oscar per l’approccio innovativo.

In fondo perché la bomba in CGI di Spiderman: No Way Home si merita la nomination e The King’s Man no?

Studente alla Statale di Milano ma cresciuto e formato a Lecco. Il suo luogo preferito è il Monte Resegone anche se non ci è mai andato. Ama i luoghi freddi e odia quelli caldi, ama però le persone calde e odia quelle fredde. Ripete almeno due volte al giorno "questo *inserire film* è la morte del cinema". Studia comunicazione ma in fondo sa che era meglio ingegneria.

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