Il 18 agosto Netflix dà il benvenuto nel suo catalogo a The Monkey King, pellicola animata diretta da Anthony Stacchi, già regista di Boxtrolls – le scatole magiche (2014). Stavolta, Stacchi dirige per il colosso dello streaming un’avventura in 3D ispirata al personaggio più celebre della letteratura cinese, il mitico guerriero Sun Wukong, qui trasformato in una scimmia assetata di sfide e avventure.
The Monkey King, le avventure di una scimmia ribelle
Nato da una pietra, Monkey è una scimmia parlante dai poteri straordinari ed è destinato, per volere di Buddha in persona, a grandi imprese. Sin da piccolo si dimostra impudente e scatenato e, dopo un incidente di cui è colpevole, viene emarginato dalla comunità di scimmie della foresta. Cresciuto in solitudine, ruba un bastone dai poteri magici e si prefigge l’obiettivo di diventare un grande eroe al pari delle creature celesti. Tuttavia, per essere come loro, Monkey necessita di una qualità che la natura non gli ha dato: l’immortalità.
Parte dunque alla ricerca di un elisir che gli doni l’immortalità e giustifichi la sua ascesa in cielo. Nella sua missione è presto affiancato da Lin, una ragazzina proveniente da un povero villaggio afflitto dalla siccità. Il loro è un rapporto turbolento, fatto inizialmente di bugie e insulti; Monkey, infatti, sfrutta Lin e la tratta come una compagna fastidiosa, mentre Lin fa un patto con alcuni nemici, promettendo loro di rubare a Monkey il suo bastone – aspettandosi, in cambio, la salvezza del suo villaggio. Ben presto, però, i due si accorgono, loro malgrado, di essersi affezionati, e si trovano costretti a ribaltare le promesse fatte. Alla fine, Lin salva la sua casa, ma Monkey viene imprigionato da Buddha in una montagna, come punizione per il suo egoismo fuori controllo. Ne uscirà cinquecento anni dopo, cambiato e pronto per una nuova avventura.
Cina, tra ambientazione e suggestioni
The Monkey King è basato sul Il viaggio in Occidente, uno dei romanzi fondamentali della letteratura cinese, letto e apprezzato anche altrove: basti pensare che il personaggio di Sun Wukong, sul quale è modellata la nostra scimmia protagonista, ha ispirato più o meno apertamente le storie di Dragon Ball e One Piece. Il film segue piuttosto fedelmente le tappe fondamentali del viaggio di Sun Wukong — dalla sua schiusa da una roccia, ai suoi combattimenti epici, sino alla sua visita nel giardino dei peschi sacri e la sua penitenza secolare nell’antro di una montagna. E insieme alla storia, anche il carattere di Monkey è stato riprodotto di pari passo dal testo originale: Sun Wukong è, infatti, arrogante e combattivo, possiede un bastone magico ed è accompagnato da un personaggio femminile che ne seda gli scoppi più impetuosi.
The Monkey King, o come non scrivere un personaggio
Chissà che non sia stata proprio l’imitazione pedissequa del testo originale a condannare The Monkey King. Siamo di fronte, infatti, a una pellicola insulsa, il cui maggior difetto è indubbiamente l’evoluzione del suo protagonista — o, meglio, l’assenza di essa. Un percorso di cambiamento, verso il miglioramento (o il peggioramento, a seconda dei casi) spirituale, che conduce a una nuova consapevolezza, è ormai la prassi per qualsiasi storia moderna e contemporanea che si rispetti. È quello che il pubblico si aspetta di vedere, e dal quale trae giovamento. Un personaggio che non cambia dall’inizio alla fine del film è noioso. E Monkey è noioso: sempre pieno di sé, sempre egoista, sempre irruente. Se nel romanzo il suo personaggio è davvero così piatto, sarebbe stato meglio ammodernare la storia e adattarla al pubblico odierno, sotto questo aspetto.
In The Monkey King non possiamo certo celebrare nemmeno l’animazione. Troppe volte i personaggi paiono incollati ai loro ambienti senza alcuna integrazione luminosa, e troppe volte i loro movimenti mancano di fluidità. Benché, invece, il design di alcuni personaggi sia innegabilmente grazioso e divertente — come quello dell’Imperatore di Giada e del Diavolo degli Inferi — The Monkey King arrossirebbe di vergogna al confronto con Nimona, l’ultimo film animato di produzione Netflix, assai superiore per storia e stile.
The Monkey King, sì o no?
In generale, è un peccato che una base fantasiosa, esuberante e colorata come quella del romanzo fonte Il viaggio in Occidente sia stata sprecata con un film così standard. L’animazione non è all’altezza del materiale originale e la storia riadattata non è all’altezza delle aspettative di un pubblico minimamente esigente. La vera sfida, più ardua di qualsiasi duello o inganno divino, è ricordarsi questo film una volta spenta la televisione.
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