È stato proiettato in anteprima il 1 settembre, alla 78esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Il potere del cane, il nuovo film di Jane Campion. La regista neozelandese si sposta dalle coste della sua amata patria per regalarci un quadro western del Montana del 1925. Con un cast stellare che vanta protagonisti come Benedict Cumberbatch, Kirsten Dunst, Jesse Plemons e Kodi Smit-McPhee, Il potere del cane riscuote in sala un discreto successo. Il film, prodotto da Netflix, sarà nelle sale dal prossimo novembre e poi disponibile sulla piattaforma a partire dal 1 dicembre.
La pellicola è la più candidata agli Oscar 2022: appare in ben 12 categorie, tra le quali Miglior attore per Benedict Cumberbatch, Miglior film e Miglior regia. Quest’ultima categoria è risultata quella vincente per Jane Campion nella serata degli Oscar 2022.
Di cosa parla Il potere del cane
Benedict Cumberbatch interpreta Phil Burbank, un carismatico e ipervirile cowboy proprietario di un ranch nel mezzo del nulla. Phil è sempre circondato da amici e braccianti a lui fedeli per le eroiche gesta compiute insieme al leggendario Bronco Henry, suo amico mandriano deceduto prematuramente. La vita di Phil cambia drammaticamente quando il fratello, George (Jesse Plemons) decide di sposare e far vivere con loro nel ranch Rose (Kirsten Dunst), vedova che gestisce una locanda lì vicino insieme a suo figlio Peter (Kodi Smit-McPhee), ragazzo impressionabile dalla spiccata sensibilità. Subdolo e furioso il cowboy, come un bambino viziato, prende di mira Rose insultandola ed umiliandola al punto tale da spingerla a bere sempre di più.
Quando Peter rientra al ranch dopo i suoi studi all’università Phil sembra improvvisamente volerlo prendere sotto la sua ala, ma il loro rapporto nasconde qualcosa di sospetto. Con un finale relativamente a sorpresa, Il potere del cane, lascia alcune parti della trama alla fantasia dello spettatore schiudendo possibilità che non trovano pienamente una conferma.
Il ritratto della mascolinità tossica secondo Jane Campion
Ispirata dall’omonimo romanzo di Thomas Savage, Jane Campion, esce dalla sua “comfort zone” cinematografica narrando per la prima volta una storia al maschile. L’impeccabile e severo cowboy che Benedict Cumberbatch porta in vita sullo schermo è sicuramente agli antipodi rispetto alle dame delicate a cui ci ha abituati in passato la regista neozelandese. Phil rappresenta il classico grande personaggio della narrativa americana: tormentato da sentimenti che non sa come esprimere, trova come unica soluzione il riversamento degli stessi all’esterno sotto forma di crudeltà e ostilità.
Il vero dramma si consuma nell’intimo del protagonista, angosciato e consumato da un amore del passato che non sa come elaborare. È intrappolato nell’inconciliabilità tra il suo essere un maschio cosidetto “alpha” che castra a mani nude i vitelli e si sporca di fango e la sua omosessualità che vede come una debolezza da tenere nascosta. L’unica risposta che trova a questo caos interiore, a questa mancanza di controllo sulle proprie sensazioni, è ancora una volta la violenza, nonché l’omofobia. Anche Phil è una vittima: del suo tempo, della società in cui è costretto a vivere, del ruolo che gli è stato imposto di ricoprire.
Il grande lavoro psicologico dietro a Il potere del cane
Jane Campion si è da subito innamorata dell’opera di Savage e l’idea di riportarla sul grande schermo la elettrizzava. La regista si è armata di occhio critico e si è buttata a capofitto nell’atmosfera western per catturarne l’essenza. Ha quindi abbandonato le coste della Nuova Zelanda per vedere di persona i paesaggi mozzafiato del Montana. Si è lasciata trasportare dalle storie, dalle foto e dai luoghi di chi la vita del cowboy l’ha vissuta per davvero. Grazie all’aiuto della bravissima Kirsten Dunst ha portato in vita la sua visione femminile, poetica ed evocativa del Far West.
Una nota di merito va, inoltre, all’impeccabile Cumberbatch. Con il suo sguardo tagliente ha saputo catturare con fascino l’intera sala. Non solo, durante le riprese si è calato in un intenso percorso psicologico insieme alla Campion per andare ad indagare a fondo il personaggio di Phil e il suo paradosso. Inoltre per la buona riuscita del protagonista, Benedict Cumberbatch, ha dovuto imparare numerose attività coerenti con la vita del Far West: cavalcare, suonare il banjo e intrecciare il cuoio, oltre a parlare con l’accento del Montana degli anni ’20.
Perché guardare Il potere del cane
Ciò che colpisce di Il potere del cane sono i suoi “non detti”. Gli spazi che si schiudono all’interno della mente dell’osservatore, libero di trarre le sue conclusioni. Solo alcuni elementi chiave indicano la strada verso una verità che starà allo spettatore scoprire, se vorrà. La violenza e la poesia, la crudeltà e la delicatezza si uniscono e si intrecciano, a tratti si oscurano a vicenda pur di riaffiorare. Intenso e cinematograficamente interessante, Il potere del cane merita sicuramente di essere visto. Nonostante il ritmo non troppo incalzante, la sinuosità delle sue immagini e dei paesaggi quasi surreali cullano e trasportano lo spettatore.
“Libera l’anima mia dalla spada e il mio amore dal potere del cane“, è questo il salmo della Bibbia cruento e brutale che dà il titolo al film. Il potere del cane racconta di passione viscerale, istinto feroce e animalesco, potente e pericolosa sessualità, intervallati da un romanticismo inusuale e grezzo che riflette gli scenari aridi, ma al tempo stesso idilliaci del brullo Montana.