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The Truman Show, l’esistenzialismo di Jim Carrey

7 minuti di lettura

The Truman Show è un film del 1998 diretto da Peter Weir, scritto da Andrew Niccol e interpretato da Jim Carrey e si tratta di un grande successo artistico e commerciale nel cinema degli anni ’90.

Niccol comincia la stesura di questo soggetto nel 1991, in una versione più cupa e thriller ambientata a New York e intitolata The Malcom Show. Inizialmente si pensa che quest’opera potrebbe essere anche il suo debutto alla regia ma poi si preferisce optare per qualcuno con maggior esperienza.

Originariamente The Truman Show deve essere diretto dal grande Brian De Palma, ma nel 1994 è costretto a rinunciare per motivi contrattuali e al suo posto vengono presi in considerazione nomi altisonanti come Tim Burton, Terry Gilliam e addirittura Steven Spielberg. Alla fine la scelta ricade su Peter Weir: artista affermato e di esperienza con alle spalle successi hollywoodiani come L’attimo fuggente e Witness – Il Testimone ma anche capolavori australiani (paese di origine del regista) come Picnic ad Hanging Rock e L’ultima Onda.

Fin da subito il regista ha le idee chiare e decide, per esempio, che il tono generale dovrebbe essere più leggero rispetto alle prime proposte di sceneggiatura (riscritta svariate volte). La scelta dell’attore protagonista cade su Jim Carrey, fortemente voluto dal regista (tra gli altri si prende in considerazione anche Robin Williams) dopo aver visto la sua interpretazione in Ace Ventura – L’acchiappanimali.

Per avere il grande attore si è disposti a attendere anche un intero anno, dati i suoi impegni nella produzione di altri due film e da parte sua Jim Carrey accetta una paga più bassa rispetto a quella a cui è abituato in quel periodo. Fortunatamente, con un po’ di pazienza, ogni cosa va al suo posto e il risultato, di alto spessore artistico, ripaga l’attesa. Per Carrey si tratta della prima esperienza importante in un ruolo drammatico: Weir gli lascia libertà di improvvisazione (nei monologhi allo specchio per esempio) e il risultato è intenso e fa conoscere a tutto il mondo le doti attoriali, non solo comiche, del grande interprete.

Gli spunti filosofici

The Truman Show

Per quanto riguarda i contenuti, The Truman Show subisce l’influenza letteraria del romanzo Tempo fuor di sesto di Philip K. Dick e di 1984 di George Orwell, inoltre si ispira all’episodio Special Service della serie Ai Confini Della realtà degli anni ’80.

The Truman Show racconta la storia di Truman Burbank, un uomo la cui vita, a sua insaputa, è un programma televisivo. Viene quindi posta molta attenzione alla messa in scena, tutte le persone che fanno parte della sua vita sono in realtà attori e ogni avvenimento è perfettamente programmato a calcolato. Ne viene fuori un film dal sapore tragicomico, divertente ma amaro.

Dopo i primi curiosi episodi ci si comincia a interrogare sull’esistenza del protagonista, sulla sua condizione di marionetta nelle mani dei produttori, e sulla sua condizione di prigioniero a Seaheaven: paese in cui è ambientata la vicenda. Si ha quindi un’opera non priva di spunti filosofici e esistenziali, quasi religiosi in alcuni frangenti. Si pensi per esempio al nome del regista del programma televisivo: Christof (interpretato dall’ottimo Ed Harris).

Questo personaggio agisce dallo studio posto sopra al cielo fittizio del paese in cui è ambientata la vicenda, come fosse un dio che tutto vede e che ha il potere di influenzare gli avvenimenti a suo piacimento (farà sorgere il sole di notte a esempio). Si ha così un gioco meta-cinematografico in cui il demiurgo stesso, Christof, non si rende conto di essere a sua volta il personaggio di un film.

The Truman Show

La cura nella scelta dei nomi dei personaggi in The Truman Show è proprio una delle caratteristiche del film, elemento piccolo ma che si va a sommare alle varie qualità dell’opera, una vera e propria ciliegina sulla torta.

Il protagonista si chiama Truman, chiaro riferimento al fatto che sia l’unico uomo vero (true man appunto), l’unico che non sa di far parte di una finzione. Sono poi presenti Meryl e Brando, nomi di importanti e famosi attori, dato che questi personaggi stanno di fatto recitando e anche la barca con cui il protagonista affronta la sua fuga finale ha un nome speciale: Santa Maria, come la nave di Cristoforo Colombo che lo porterà alla scoperta di un nuovo mondo.

Lo stile di The Truman Show

The Truman Show

Dal punto di vista stilistico e visivo è forte l’influenza delle cartoline americane degli anni 60, dei quadri di Norman Rockwell e soprattutto dell’immaginario televisivo in cui tutto è perfetto, tutto è sponsorizzato e tutto è in vendita. Per questo motivo il regista ha voluto una fotografia molto chiara con una forte luce che mettesse in evidenza gli ambienti come se fossero una vetrina.

Alcune scene finali ricordano visivamente i cieli con le nuvole bianche di alcuni quadri di René Magritte e per alcune riprese ci si è preso spunto dall’effetto delle telecamere di sicurezza usate per controllare certi luoghi, dato che anche nella storia di The Truman Show sono presenti telecamere nascoste e ci viene mostrato ciò che registrano. Le musiche uniscono brani originali (tra gli altri del noto Philip Glass che appare anche in un cameo) e brani di musica classica, l’effetto è buono e ben armonizzato.

Rivisto a distanza di anni si tratta di uno dei migliori film di Peter Weir, invecchiato molto bene e che ancora riesce a intrattenere, in un perfetto bilanciamento tra commedia e dramma.


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Sono un musicista e compositore, attivo soprattutto come batterista nel mondo rock/metal/progressive dai primi anni 2000 e ho avuto il piacere di suonare a livello internazionale con band come Power Quest, Arthemis, Hypnotheticall, Watershape. Sono un grande appassionato di cinema e dal 2014 compongo musica per film. Amo tutto il cinema, ma soprattutto le proposte più visionarie e surreali e da sempre sono legato al mondo del cinema horror. I miei registi preferiti sono David Lynch, Alejandro Jodorowsky, David Cronenberg. Sono laureato in architettura.

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