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The Valet, un fortunato remake tra equivoci e disuguaglianze sociali

Dal 20 maggio su Disney+, ecco la commedia di origine europea che senza grandi pretese parla di gentrificazione e divari sociali

4 minuti di lettura

Sembra che Hollywood, specialmente negli ultimi anni, abbia una carenza di idee originali e sguinzagli sceneggiatori e talent alla ricerca di storie: trovata la storia, spesso sempre da oltreoceano, viene totalmente “americanizzata”, ripulita e riadattata secondo i canoni classici, i movimenti culturali e le mode correnti. Accade anche con The Valet, uscito il 20 maggio, prodotto da Hulu ma distribuito da Disney+, che riesce però, seppure un maniera contenuta e casta, a raccontare una storia d’amore e di equivoci nella cornice di una Los Angeles, divisa tra i quartieri multiculturali dei lavoratori del ceto medio-basso e gli hotel a cinque stelle frequentati da imprenditori edilizi e star del cinema.

In questo caso, contesto e trama di The Valet si devono alla commedia francese del 2006 Una top model nel mio letto di Francis Veber, che viene totalmente riadattata. L’operazione è molto simile agli adattamenti americani di Quasi Amici e di Funeral Party.

In queste operazioni, a volte escono degli adattamenti che sono delle piatte imitazioni di pellicole europee farcite solo da grandi nomi del gotha hollywoodiano attoriale e dall’aura benedetta del politically correct, tanto osannato dallo showbiz americano e tenuto di conto dalle grandi majors. In altri casi, invece, meccanismo funziona: come nel film premio Oscar 2022 Coda, prodotto da AppleTV+.

The Valet, tra commedia e critica sociale

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Il parcheggiatore Antonio (Eugenio Derbez), innocente e placido neodivorziato, viene usato come “copertura mediatica” da Vincent (Max Greenfield), un ricco e strafottente imprenditore, per occultare un rapporto extraconiugale con Olivia (Samara Weaving), una giovane attrice nevrotica e impegnata a sostenere la sua immagine di paladina femminista.

Si creano una serie di imbarazzanti situazioni per cui è difficile sostenere l’inganno; sia per un semplice e umile lavoratore, sia per una ragazza sempre seguita da un corteo di paparazzi.

Il risvolto interessante e ben costruito della storia è che entrambi riescono a superare dei limiti personali e a costruire un rapporto sano e sincero ma non necessariamente troppo intimo: il primo imparerà ad avere più stima di sé stesso, la seconda a vivere in un contesto più modesto e a costruire vere amicizie e non falsi rapporti.

Il rapporto tra i due è costellato di intermezzi comici basati sull’imbarazzo e il divario sociale: spesso è molto privilegiato il quartiere latino e multietnico dei lavoratori come contesto pieno di valori tradizionali forti come il senso di appartenenza al proprio paese d’origine e il sostegno di una famiglia più aperta e “allargata”.

Le diversità e lo scontro tra classi e culture

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Un altro tema di The Valet è la gentrificazione rappresentata dalla lotta di classe portata avanti dalla proprietaria del negozio di bici che cerca di formare un comitato per fermare il piano di riqualificazione urbana dell’imprenditore egoista che stravolgerebbe la piccola e vivace comunità attorno ad esso.

Gli attori e i caratteristi di The Valet si mostrano a loro e riescono ad essere fedeli all’arco narrativo dei personaggi: degni di nota sono la protagonista femminile Samara Weaving e il comico messicano Eugenio Derbez che si muove tra l’impassibilità del suo volto e la goffaggine la sua cifra attoriale.

Non dimentichiamo Carmen Salinas, la madre del protagonista che si rende partecipe di piccoli e spassosi momenti comici nel suo essere passionale ed esplicita e Max Greenfield, già conosciuto nel piccolo schermo con New Girl e Ugly Betty.


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Dal 1995 inseguo sogni e mostri. Che siano di plastilina o di pixel. Quando mi fermo scrivo poesie, giro qualche video e se riesco mi riposo cucinando una torta di ciliegie con un buona tazza di caffè con il sottofondo di una colonna sonora sognante o il nuovo singolo delle KDA.

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