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Trunk shot, che cos’è e perché ci fa pensare a Tarantino

Di un'inquadratura pulp e molto altro

9 minuti di lettura

Il trunk shot è una possibile inquadratura che un regista può utilizzare per esplicitare il proprio sguardo sul mondo e un preciso intento narrativo. È anche una delle inquadrature più iconiche e maggiormente rappresentative del cinema di Quentin Tarantino. Dalle Iene in avanti, infatti, chiunque decida di usarla sta compiendo più o meno coscientemente una citazione diretta al suo cinema e al suo modo di mostrarci i personaggi. Ma in che cosa consiste questa particolare inquadratura e perché è così famosa?

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Trunk shot, come funziona

Trunk shot

Il trunk shot è un’inquadratura dal basso solitamente di due o più protagonisti ripresi a mezzo busto e frontalmente, spesso ricorrendo all’uso di un obbiettivo grandangolare. Ciò che la distingue da una qualsiasi altra inquadratura dal basso, però, è la particolare posizione della telecamera all’interno del bagagliaio di un’automobile; nell’inquadratura sarà infatti presente una porzione di cofano che, oltre a fungere da ideale cornice, rende subito chiaro il posizionamento della macchina da presa e quindi del punto di vista.

La maggior parte delle volte si tratta di una scena ricostruita, lo spazio del bagagliaio sarebbe troppo limitato per contenere la macchina da presa e le luci necessarie. Per ottenere uno spazio di manovra più ampio viene utilizzato un dispositivo che regge la telecamera e solo la parte di cofano necessaria. La telecamera può essere così collocata in una posizione innaturale rispetto a quella che avrebbe in un bagagliaio reale, ma maggiormente funzionale all’inquadratura e anche le luci possono essere sistemate nella posizione ideale senza inutili restrizioni

Trunk shot_Pulp fiction

Il trunk shot è una soggettiva non dichiarata preliminarmente. Il soggetto dell’inquadratura sono i personaggi presenti a schermo che ci guardano dall’alto e noi spettatori non possiamo che sentire incombere la loro presenza minacciosa. Siamo noi ad osservare dal basso questi personaggi, identificandoci così con il punto di vista adottato e immaginandoci posizionati noi stessi all’interno del bagagliaio. Ma è un’identificazione a cui siamo spinti solo dalla posizione della macchina da presa, non ci viene fornita nessuna informazione di chi o che cosa si trovi nel bagagliaio o se effettivamente qualcosa o qualcuno ci sia.

Sarà l’inquadratura successiva e mostrarci l’interno del bagagliaio con un’altra soggettiva, questa volta adottando il punto di vista dei personaggi prima protagonisti dello schermo. L’accostamento di due soggettive, fondamentale per la riuscita di senso del trunk shot, comporta una doppia identificazione dello spettatore riferita a due diversi personaggi.

Senso e scopo del trunk shot

Arriviamo dunque a esaminare il senso implicito di un’inquadratura del genere. È evidente come gli scopi siano almeno duplici: alludere che all’interno del bagagliaio ci sia qualcosa o qualcuno fondamentale per la narrazione senza dichiararlo o mostrarlo, mantenendo così un alone di mistero e al contempo porre al centro della scena e della narrazione i personaggi inquadrati a cui è affidato il destino dell’oggetto o della persona celata all’interno del bagagliaio. Con una inquadratura il regista riesce a conferire la stessa attenzione ai personaggi in campo e a ciò o a chi è fuori campo.

Se da una parte ciò che ci è celato appare più importante appunto perché occultato e quindi passivo di speculazione da parte dello spettatore, dall’altra parte il particolare angolo di ripresa conferisce ai personaggi in camera una significazione specifica. Inquadrare un personaggio dal basso, infatti, enfatizza la sua presenza scenica, accresce la sua importanza, lo rende più potente, soprattutto se abbinata all’uso di un obbiettivo grandangolare che esaspera la prospettiva. Al contrario l’inquadratura dall’alto schiaccia il soggetto, lo rimpicciolisce, crea un effetto di oppressione, di incombenza, come è possibile notare nell’inquadratura che segue solitamente il trunk shot in cui viene svelato l’interno del bagagliaio.

Trunk shot nel cinema di Tarantino

https://youtube.com/watch?v=V_whQnqwEYk

È noto il procedimento di revisione e appropriazione del cinema passato e presente di Quentin Tarantino, regista dotato di una conoscenza cinefila unica che gli ha permesso di trasformare comuni elementi del linguaggio cinematografico in precise scelte stilistiche e propri marchi di fabbrica. È quello che è avvenuto anche con il trunk shot. Nei suoi film è sempre preceduto da una schermata nera, l’immagine si mostra all’aprirsi del baule ed è possibile vedere chi lo ha aperto. Pur presentandosi sempre identica l’inquadratura viene usata dal regista con scopi narrativi differenti. Vediamo insieme alcuni esempi.

Ne Le Iene il cofano si apre e appaiono Mr. Pink (Steve Buscemi), Mr. White (Harvey Keitel) e Mr. Blonde (Michael Madsen) che ridono malvagi e soddisfatti, la loro cattiveria e il loro predominio appaiono subito chiari anche se non sappiamo ancora di che cosa siano compiaciuti. Con l’inquadratura successiva ci viene mostrato il poliziotto legato, completamente alla mercé del trio di malviventi. L’inquadratura è quindi funzionale a sottolineare la preminenza dei tre criminali e al contempo la sottomissione e l’impotenza dell’ostaggio, oltre che a rispondere a una voglia di sorprendere il pubblico.

Il trunk shot viene usato in modo diverso in Pulp Fiction in cui il bagagliaio si apre e rivela Vincent Vega (John Travolta) e Jules Winnfield (Samuel L. Jackson) che conversano nel loro modo abituale mentre prelevano delle armi proprio dal bagagliaio. Questa volta l’interno rimane non visibile anche se noi sappiamo che lì ci sono delle armi, quello che non sappiamo è quante armi. Possiamo solo immaginarne la quantità e l’entità, pensando al peggio, conoscendo già i due protagonisti la cui crudeltà e spietatezza è altresì accresciuta dall’angolo di visione. Abbiamo paura delle loro armi nascoste e siamo noi ad essere minacciati dalla loro presenza.

In Kill Bill: Volume 1 Tarantino ricorre a questa inquadratura nella parte finale del film. La mancanza di empatia e la bramosia di vendetta della Sposa (Uma Thurman) è più che mai enfatizzata da questa inquadratura e dal nostro ignorare le condizioni di chi si trovi dall’altra parte, dalla nostra parte. La supremazia della Sposa è all’apice alla fine del film e questa inquadratura lo evidenzia ancora di più.

L’inquadratura è presente anche in Jackie Brown e Grindhouse, viene usata anche da Robert Rodriguez in Dal tramonto all’alba in cui compare proprio Tarantino, l’inquadratura diventa così quasi un omaggio oltre che una citazione.

In questi e in altri film Tarantino ricorre anche a normali riprese dal basso che rispondono al medesimo scopo di accrescere la potenza e la cattiveria dei soggetti inquadrati, come insegna Orson Welles. Il passo in più compiuto dal regista è quello di essere riuscito ad appropriarsi dell’inquadratura caratterizzandola e facendo del trunk shot un uso intensivo e spiccatamente personale è ormai con lui che l’ inquadratura viene identificata.


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Chiara Cazzaniga, amante dell'arte in ogni sua forma, cinema, libri, musica, fotografia e di tutto ciò che racconta qualcosa e regala emozioni.
È in perenne conflitto con la provincia in cui vive, nel frattempo sogna il rumore della città e ferma immagini accompagnandole a parole confuse.
Ha difficoltà a parlare chiaramente di sé e nelle foto non sorride mai.

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