“Adesso non vado più al cinema perché non si può fumare”, così disse Umberto Eco in una intervista del 2016.
Forse non sono in molti a sapere che quello che è stato tra i più importanti intellettuali italiani di sempre, nato il 5 gennaio 1932, da ragazzo era un quotidiano frequentatore della sala cinematografica. Arrivava a guardare anche sei film alla settimana al cinema, di cui alcuni due o tre volte.
L’importanza della settima arte per Umberto Eco
Umberto Eco ha dichiarato che la sua carriera di romanziere è stata influenzata soprattutto dalle strutture narrative della Settima Arte. Facendo riferimento alla tragedia greca, nelle analisi svolte da Aristotele nella Poetica, le equipara con l’incedere narrativo cinematografico del western Ombre rosse di John Ford (la dettagliata comparazione si trova nel suo saggio Il Superuomo di massa).
Umberto Eco ha riconosciuto nell’incipit de I Promessi Sposi una sequenza registica con gli spostamenti di camera, stile piano sequenza. Eco ha affermato che è il nostro modo di pensare e di guardare il mondo, il nostro occhio fisico e mentale, ad avere una predisposizione cinematografica. La giornata di qualsiasi persona, osservata con i propri occhi, può benissimo essere una sceneggiatura con tanto di riprese e di post-produzione, quando la sera prima di dormire ripercorre le immagini, le scene e le sequenze vissute durante il giorno. Il cinema, anche per Umberto Eco, è nientemeno che la resa artistica della forma del nostro modo di osservare e pensare il mondo.
Al di là di queste suggestioni speculative, molto efficaci e condivisibili, l’operatività scrittoria di Umberto Eco romanziere, descritta da egli stesso con qualche minuzia nel capitolo conclusivo del saggio Sulla Letteratura, non comprende il cinema. Il contributo che il cinema ha dato a Eco per le sue grandi narrazioni non è citato nemmeno una volta nel suo resoconto stilistico, a dispetto delle argute analisi sul cinema da lui sostenute negli anni. Famosissima in questo senso è la nota frase di Eco, divenuta aforisma, per cui il cinema è un artificio che mira a inventare realtà alternative alla vita reale, la quale gli fornisce il materiale grezzo.
Allo stesso modo di come operano la letteratura e la poesia, il cinema per Eco è un’operazione di raffinata distillazione atta a reinventare un materiale grezzo fatto di esperienze e di visioni comuni della realtà, frammentate e slegate, in una pozione artistica i cui fumi accendono la fiamma degli occhi dello spettatore, che diventa capace di osservare una realtà alternativa, non più frammentata, ma osservabile in modo ricostruito, univoco e complessivo. Il cinema, in fondo, come insegnante della coscienza individuale a saper osservare la raffinata complessità dell’intero.
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