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Una Boccata d’Aria, una (amara) commedia all’italiana

La recensione di Una Boccata d'Aria. Una commedia che guarda ai classici e si impreziosisce di un ritrovato Aldo Baglio. In sala dal 7 luglio 2022.

6 minuti di lettura

Presentato all’annuale Taormina Film Fest, Una Boccata d’Aria è l’ultimo film del regista classe ’81 Alessio Lauria. Un revival della iconica comicità anni ’90 del piccolo schermo nostrano, con Aldo Baglio e Lucia Ocone, il film è una commedia agrodolce alla italiana, sincero e semplice. Distribuito da 01 Distribution, Una Boccata d’Aria dal 7 luglio è presente nei cinema italiani.

“L’uccello felice è quello che fa il nido al paese suo”

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La massima che potrebbe riassumere il significato del film la pronuncia lo spettro Tony Sperandeo: “L’uccello felice è quello che fa il nido al paese suo”. Infatti, Una Boccata d’aria narra la classica storia italiana di un uccello che vola al nord ma che ritrova la felicità soltanto quando torna giù, nel suo (all’inizio poco tollerato) nido.

Salvo (Aldo Baglio), dopo essere venuto a conoscenza della scomparsa del padre (Tony Sperandeo), torna nella sua natia Sicilia, speranzoso che la vendita dell’eredità del defunto genitore (un casolare) possa aiutarlo con il suo locale milanese, una pizzeria che naviga in cattive acque, tra debiti e strozzini. A ostacolarlo nel suo piano, però, c’è Lillo (Giovanni Calcagno), suo fratello, il quale non si lascerà convincere poi così facilmente a rinunciare alla sua parte del lascito paterno. Salvo allora si ritroverà a fare i conti con il proprio passato, con le sue radici e con tutte quelle scelte (sbagliate) prese nel corso della sua vita.

Una Boccata d’aria, un titolo figurativo in fin dei conti. Un titolo che ha molte sfaccettature ed esempi: il testamento per Salvo rappresenta una boccata d’aria economica; il ritorno a casa, invece, è una boccata d’aria romantica, reale; e alla fine c’è anche la boccata d’aria che riguarda gli ambienti. Da una Milano claustrofobica all’inizio del film, fatta (ovviamente) di lavoro, di corse e poco tempo a disposizione, si passa alla più ampia Sicilia, quella brulla, la Sicilia di terra e non di mare. Ma poi ci sono anche i segreti del passato di Salvo (come quello del vecchio videoclip musicale), sempre nascosti alla famiglia, che vengono fuori piano piano, impolverati, tirati fuori da un comodino, anche loro finalmente prendono una boccata d’aria.

Una commedia figlia dei nostri classici

Il film di Lauria, che torna dietro la camera da presa dopo i suoi Nel bagno delle donne (2020) e Monitor (2015), è figlio delle commedie all’italiana, stesso sapore agrodolce (con le dovute proporzioni). Il migrante di oggi, figura sempre più di rilievo del nostro cinema, non è più quello del secondo dopoguerra o del boom, non ha più la valigia di cartone, ma i problemi sono gli stessi, così come i drammi: lavoro, difficoltà economiche, problemi in famiglia, netta distinzione tra città e campagna, tra nord e sud, tra i due diversi modi di approcciare alla vita, alla realtà.

Una commedia amara, con degli ‘attori di commedia’ amari (l’appellativo di “comico” in questo caso cade). Amari come siamo stati e continuiamo ancora ad essere noi italiani. Un amaro dolce però, carino, rispettoso, alla Sordi. E così come i personaggi di Alberto, Salvo arriva (in più punti) a sfiorare l’umiliazione, senza però che la sua dignità venga intaccata.

A livello tecnico il film risulta abbastanza godibile. Chiedere di più non sarebbe corretto, aspettarsi di meno sarebbe una delusione. A reggere l’opera è soprattutto l’interpretazione dei personaggi principali.  Assistiamo ad un Aldo Baglio (qui anche soggettista e co-sceneggiatore) insolito, solitario, singolo (senza i compagni Giovanni e Giacomo); una prova attoriale (la sua) seria e misurata, e con la giusta dose di eccessi. Ad accompagnarlo nella lode anche gli altri due protagonisti: Lucia Ocone, che interpreta la moglie di Salvo, e il già citato Giovanni Calcagno. A causare una smorfia sono invece i personaggi dei due figli di “Aldo e Lucia”, ma il problema in questo caso è di scrittura, di sceneggiatura.

Una Boccata d’Aria è un film che in certi punti perde di sostanza e che non vuole mai rischiare; ma, in fin dei conti, rimane pur sempre un film sincero, raro.


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Toscano, classe ’98. Il mio spirito guida è Marcello Rubini, la mia migliore amica la penna. Il mio motto: “Voler sapere per poter raccontare”. In breve, aspiro al giornalismo

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