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Una sterminata domenica

Venezia 80 – Una sterminata domenica, nella sezione Orizzonti si riscrive il cinema italiano

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5 minuti di lettura

Uno tra i tanti titoli interessanti della sezione Orizzonti di Venezia80 è l’italiano Una sterminata domenica. Diretto da Alain Parroni, che co-sceneggia insieme a Beatrice Puccilli e Giulio Pennacchi, il giovane regista romano, qui al primo lungometraggio, lascia di stucco la sala con un dirompente lavoro video artistico, a metà tra il coming of age e la distopia sociale.

La trama di Una sterminata domenica

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Estate, periferia romana. Alex (Enrico Bassetti), Brenda (Federica Valentini) e Kevin (Zacari Delmas) sono tre adolescenti che, tra feste in spiaggia e lavoretti, passano il tempo nella torrida campagna. Quella che sembra essere un classico periodo di vacanze, viene scosso dalla notizia di Brenda che è rimasta incinta di Alex.

Alain Parroni dirige un’opera totale, compiuta in tre atti spara(flash)ati. Rappresentando la vita semplice e dedita al brigantaggio dei tre, Una sterminata domenica riprende un’intera scala sociale lasciata ai margini. Sembra di rivedere Ruben Ostlund nelle sue prime opere mockumentary. Film come Play, in cui la metropoli svedese veniva smantellata dalle proprie ipocrisie al suo interno, e dove il divario generazionale veniva rappresentato con una pressoché assenza di una delle due parti (guarda caso, sempre quella degli “adulti”).

Una sterminata domenica, cosa ci rimane?

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Di sicuro non siamo nel campo della critica socialista del regista svedese, ma Parroni dimostra una sensibilità che pochi in Italia sono riusciti a rappresentare con freddezza e trasparenza. La vita dei tre ragazzi è raccontata grazie a un montaggio che taglia la narrazione in episodi brevi e netti; in questo modo la loro quotidianità, come quella dell’incomprensione generale attorno a loro, viene a galla nitidamente in un mare di indifferenza.

Alex, Brenda e Kevin sono sommersi: gli acquatici abitanti di una città che ha fin troppi problemi da poter badare anche (pensa un po’) ai suoi giovani. Cosa ci rimane, se si inizia a ignorare gli adulti del futuro? Su questo si interroga Alain Parroni attraverso Una sterminata domenica.

Una sterminata domenica, chi sono i protagonisti?

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Credits: G. Zucchiatti La Biennale di Venezia – Foto ASAC

Brenda è incinta, nessuno le consiglia cosa fare, dove andare, non esiste insomma una concreta posizione matura sulla questione. Al suo posto, la nonna, una sciamana d’altri tempi, pensa di curare “il male della figlia” con unguenti e preghiere. All’aborto, figurarsi, non si fa neanche riferimento una singola volta.

Kevin è invece un ragazzo dinamico: 16 anni, graffitaro (oggi si chiamerebbe writer in gergo), talmente “adulto” da guidare già un’automobile tutta sua. Quello che gli manca, però, è semplicemente uno scopo. Un talento (ma si può discutere su questo) sprecato e che scrive sugli schermi informativi del treno dove vengono mostrate le webcam interne; quasi a voler cancellare una parte di sé dietro quel gesto artistico.

E poi Alex, protagonista e rappresentante dell’intera generazione Z, fiero apripista degli ultimi in assoluto. Come dice lo stesso regista, i tre protagonisti “non sono altro che il sogno di un adolescente preoccupato che si addormenta con lo smartphone in mano davanti la TV accesa a tutto volume”.

Il nostro compito da spettatori

Una sterminata domenica chiede infatti allo spettatore italiano uno sforzo sopra le righe: credere che no, non va tutto bene e che ovviamente no, non è colpa dei giovani. Tre ragazzi, tre giovani in cerca di un senso esistenziale che non arriverà mai.

Qualcuno dirà che Una sterminata domenica è “un mattone”, a noi piace pensare a Parroni come a una luce nel panorama italiano. Un regista italiano (!) che ama sperimentare, concentrarsi sui primissimi piani (anche con macchina da presa in spalla), unire le forme, discostarle e ricombinarle. Una sterminata domenica non è il miglior film a Venezia, e nemmeno quello nella sezione Orizzonti. Rimane comunque il film italiano finora più audace e soverchiante che la nostra cinematografia ha distribuito al Lido. Ricordatevi di Alain Parroni, dimenticatevi per un attimo del solito cinema italiano.


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Studente alla Statale di Milano ma cresciuto e formato a Lecco. Il suo luogo preferito è il Monte Resegone anche se non ci è mai andato. Ama i luoghi freddi e odia quelli caldi, ama però le persone calde e odia quelle fredde. Ripete almeno due volte al giorno "questo *inserire film* è la morte del cinema". Studia comunicazione ma in fondo sa che era meglio ingegneria.

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