Si è conclusa da pochi giorni la seconda edizione dell’UnArchive Found Footage Fest, il festival del cinema d’archivio, o meglio, del riuso creativo delle immagini, promosso dalla Fondazione AAMOD (Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico) e svoltosi a Roma nello scenario di Trastevere. L’UnArchive Fest, oltre a presentare numerosi film, sia lunghi che corti, ha ospitato anche incontri e masterclass con registi, panels e performance live. Un festival piccolo ma ricco di spunti e riflessioni sui concetti di riutilizzo creativo, di riappropriazione iconica e culturale, di nostalgia, di memoria individuale e collettiva.
UnArchive – Concorso Internazionale
L’attrazione principale dell’UnArchive consiste nel Concorso Internazionale, composto da 11 lungometraggi e 12 cortometraggi. Qui si spazia dagli home movies biografici (come Home Sweet Home di Mayer, Il cassetto segreto di Quatriglio e Picture of Ghosts di Mendonça Filho) ai video essays (Home Invasion di Arnfield, The Flag di Paris), dai documentari (Between Revolutions di Petri, Hydroelectric Joy di Markov, Malqueridas di Gilbert, per citarne alcuni) alle pellicole sperimentali, abbondanti soprattutto nei cortometraggi (come Film Negativo / Positivo di Foglia, vincitore della menzione speciale), per non contare i film che combinano tutti questi elementi, rifuggendo qualsiasi intrappolamento in un genere specifico.
È questo il caso di Hypermoon di Engberg, un mix di autobiografia e archivio documentaristico, o di Amor di Eleuteri Serpieri, che viaggia sulla linea sottile tra autobiografia e videoarte, o ancora Solaris Mon Amour di Mikurda e Pawela, un documentario di found footage che vuole raccontare il lutto attraverso rielaborazioni visive e sonore di Solaris, il racconto di Stanisław Lem. Non a caso questi ultimi due film sono stati premiati vincitori rispettivamente dell’UnArchive Award e di miglior cortometraggio, mentre Between Revolutions è stato premiato come miglior lungometraggio.
Ogni film è un piccolo mondo a parte, unico nel suo genere: i film che attingono a un archivio famigliare o personale raccontano storie intime e toccanti, utilizzando materiale così genuino e vissuto che trasportano lo spettatore in un forte e sentito viaggio emotivo. È il caso di Picture of Ghosts, un omaggio del regista al suo quartiere natale, in cui rivisita la casa in cui è nato e dove ha girato i primi film, i cinema in cui è cresciuto, e l’architettura dei palazzi circostanti, ripercorrendo i fantasmi di una città che ormai è rimasta solo nei ricordi del regista.
I film in concorso regalano esperienze emotive e anche sensoriali, come Home Sweet Home, un agghiacciante e tenero ritratto della nonna della regista, che rivisitando vecchi filmati di famiglia racconta gli abusi domestici del marito su di lei e sui suoi figli.
Questi film infatti non si limitano al solo lavoro dell’immagine, rielaborata o rispolverata, ma si concentrano molto anche sull’aspetto auditivo, con una ricerca sul suono e sull’accostamento audiovisivo molto raffinata. Lo stesso si può dire anche dei documentari d’archivio, che toccano temi ancora attuali nonostante i decenni che li separano dai giorni nostri: oppressione di genere e politica, indagini sull’identità, sulla sessualità, sull’immagine, rivoluzioni e lotte ancora in corso. Per chi voglia esplorare il programma completo del Concorso Internazionale può trovarlo qui.
UnArchive – Proiezioni Speciali e Processi d’archivio
Oltre al Concorso Internazionale, UnArchive si è sviluppato anche in altre rassegne, come quella dei Processi d’archivio (The Kiev Trial di Loznitsa ha lanciato la serata d’inaugurazione del festival), in cui vengono proposte tre pellicole giudiziarie, ovvero il Processo di Kiev del 1946 (fino ad oggi inedito), il processo al funzionario nazista Eichmann del 1961 e quello ad esponenti della dittatura in Argentina del 1985.
Si tratta di pellicole dall’importante valore storico e archivistico, che hanno però destato qualche perplessità nel corso del festival, poiché non si è trattato di un riuso creativo delle immagini, l’annunciato focus dell’UnArchive. Tuttavia la proiezione di The Kiev Trial è stata l’occasione per dedicare al regista ucraino Sergei Loznitsa una masterclass, che ha messo in contatto il pubblico con l’artista.
Un’altra rassegna che ha accolto ospiti d’eccezione è quella dedicata alle Proiezioni Speciali, a cui hanno partecipato in sala il regista americano Bill Morrison, l’israeliano Eyal Sivan e il palestinese Kamal Aljafari, ognuno con una scelta delle rispettive opere.
Morrison ha riproposto quello che ormai è diventato un cult del cinema sperimentale e d’archivio, Decasia del 2002, un film trascendentale che riutilizza le immagini deformate di alcune pellicole deteriorate, mentre Sivan, anch’esso protagonista di una masterclass, ha portato il film del 2004 Aus Liebe Zum Volk, che racconta attraverso un repertorio esclusivo gli ultimi anni della Stasi, il servizio segreto della DDR, e lo sfaldamento che ne è seguito, per offrire poi una riflessione sui tempi contemporanei. Infine, Aljafari ha portato il suo personale omaggio al padre e al suo quartiere, An Unusual Summer del 2020, che consiste nella giocosa rielaborazione dei video di sorveglianza installata dal padre, che ritraggono uno spaccato sulla quotidianità del quartiere ghetto.
UnArchive – Frontiere e Panorami Italiani
Uno dei temi portanti di questa edizione dell’UnArchive Festival è stato sulle frontiere geografiche ed estetiche del found footage, volendo portare a riflettere sui confini spaziali e mentali, sulle differenze culturali e su quello che ci accomuna.
La rassegna Frontiere ha trattato proprio di questo, presentando quattro film internazionali: Aurora’s Sunrise di Sahakyan, l’incredibile storia vera di Aurora Mardiganian, diventata un’icona della Hollywood degli anni ’10 dopo essere scappata dal massacro del genocidio armeno; Love, Deutschmarks and Death di Kaya, un documentario sull’immigrazione turca in Germania e sul ruolo che la musica ha avuto nella creazione di un’identità cuturale; Love is Not an Orange di Babara, un toccante documentario composto interamente di found footage familiari, videocassette che le famiglie moldave mandavano alle proprie madri, espatriate per provvedere ai figli lontani; e Scenes of Extraction di Sohrabi, una riflessione sullo sfruttamento petrolifero britannico e sulla conseguente rovina ecologica, utilizzando materiali dall’Archivio della British Petroleum.
Mentre Frontiere guarda all’esterno, la rassegna Panorami Italiani invece esplora il meglio del più recente panorama found footage nostrano, presentando sei film: 16 millimetri alla rivoluzione di Piperno; Andromeda di Fina; Fela, il mio Dio vivente di Vicari; Frammenti di un percorso amoroso di Barreau; Terra Nova, Il Paese delle Ombre Lunghe di Pallotta; e The House He Built di Borelli.
Vale la pena di menzionare l’innovativo Andromeda, che mescola sapientemente il nostalgico materiale d’archivio dalle Teche Rai, riprese originali di una bambina che gioca col telecomando, e lo sguardo dello spettatore, formando un triangolo di rimandi che costringe gli spettatori a porsi a confronto con l’immagine, a rimettersi in discussione proprio in quanto fruitori passivi, o attivi, dell’immagine in movimento, in un dialogo a tre che omaggia anche la videoarte.
Altra menzione speciale a Frammenti di un percorso amoroso, destinato a diventare un cult del genere proprio come lo è stato Un’ora sola ti vorrei di Alina Marazzi, direttrice artistica dell’UnArchive assieme a Marco Bertozzi. Composto da filmati ripresi dalla prima gioventù fino alla maturità adulta, la regista ha filmato tutte le sue relazioni amorose. Con una straordinaria auto consapevolezza, la regista Barreau si mette completamente a nudo per dipingere un autoritratto frammentato, raccontato dalle persone che ha amato e che l’hanno amata, scavando nella memoria personale e corale, tratteggiando un amore puro, la più grande opera d’arte mai realizzata. Un lavoro ammirevole che tocca temi estremamente difficili da esplorare, ma che attraverso una chiave personale e innumerevoli punti di vista diversi, dipingono un quadro profondamente intimo, eppure eternamente universale.
Ultime considerazioni su UnArchive 2024
L’UnArchive ha ospitato anche altre rassegne ed installazioni, come le selezioni di rari film dall’archivio del dipartimento di Cinema Sperimentale del Centre Pompidou, dal MUTA Festival Internacional de Apropriaciòn Audiovisual di Lima, e dall’archivio AAMOD; o la rassegna Riuso di classe, opere provenienti da residenze artistiche e percorsi formativi di scuole di cinema nazionali, come il Centro Sperimentale di Cinematografia, la Nuova Accademia di Belle Arti e l’Università IUAV di Venezia, tra le altre. E infine tre live performance, incentrate sull’interazione tra immagini e musica dal vivo e tre installazioni artistiche create da Caterina Borelli e da Studio Azzurro.
Sebbene sia solo alla seconda edizione, l’UnArchive Found Footage Fest è stato un vero successo, ricevendo un sentito elogio non solo da parte degli ospiti, ma soprattutto del pubblico. Essendo un genere di nicchia, e rischiando di rimanere apprezzato quasi esclusivamente da addetti del settore, l’esistenza di un Festival sul cinema d’archivio, oltre al già rinomato Archivio Aperto di Bologna, serve ad avvicinare il pubblico generale a questi film, a riflettere sull’immagine in movimento, a valorizzare l’inestimabile ricchezza storica ed umana degli archivi, a rifuggire la sovrabbondante saturazione di icone ed immagini nuove, per apprezzare invece l’immagine latente del passato, restituirne il valore e la potenza. Per usare le parole di Eleuteri Serpieri,
I film sono come le piante, bisogna prendersene cura, altrimenti muoiono. E la cura è lo sguardo dei nostri occhi. In questo modo, guardandoli, non moriranno mai.
Speriamo che questo Festival possa diventare sempre più grande. Il 2 Giugno si è conclusa la seconda edizione dell’UnArchive con la prima premiazione del Festival, qui il link all’elenco con tutti i premi e i vincitori.
Seguici su Instagram, Tik Tok, Twitch e Telegram per sapere sempre cosa guardare!
Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!